Storia di un uomo che piange. Intervista a Corrado Fortuna
L’ultimo lupo, edito da Rizzoli, è il romanzo di Corrado Fortuna, in cui il protagonista Tancredi lascia la Milano dove vive da tempo per tornare nella sua Piano Battaglia, in Sicilia, nel tentativo di fare i conti con se stesso e con due eventi che hanno lasciato segni indelebili nel suo vissuto: la morte del fratello e una fecondazione assistita andata male. Il ritorno nel mondo dell’infanzia, sarà un tornare al passato a contatto con quelle persone che si era lasciato alle spalle e che, come lui, devo fare i contri con il proprio vissuto. Ne abbiamo parlato con l’autore.
Corrado come è nata l’idea del romanzo L’ultimo lupo?
Era l’estate dei porti chiusi, dei migranti bloccati sui barconi, erano mesi di odio e di disumanità. Sentivo questo nero tutto intorno a me. E anche dentro di me non brillavano colori chiari. È la prima volta che mi imbatto in una storia così scura, sarà stato questo. Così sono tornato sulle montagne siciliane dopo tanto tempo, da solo in una casa di famiglia. Lì è successo tutto.
Tancredi, il protagonista, ha quarant’anni, vuole diventare padre, ma la paternità tarda ad arrivare, perché decide di tornare in Sicilia?
Riportare i personaggi a casa ti dà sempre l’opportunità di metterli di fronte ai loro ricordi. Per me sul piano letterario, sono importantissimi i ricordi. Sono i ricordi che mi fanno venire voglia di scrivere. Forse anche la possibilità di migliorarli. Tancredi tona a casa perché quando lo fa, sa che ha bisogno di mettersi a fuoco, di ritrovarsi, di confrontarsi con il suo sé bambino. Quasi si costringe in quelle quattro mura dove ha passato le sue estati da piccolo.
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Quanto c’è di lei nel protagonista?
Direi parecchio, Tancredi ha la mia età, ha spesso le mie paturnie, le mie tristezze, le mie paure. Se ne frega di apparire distante dalla narrazione contemporanea del maschio, di tradirla anzi. È un uomo che piange, che desidera diventare padre, che ammette le sue irrisolutezze, che è pieno di dubbi. In questo è anche meglio di me.
Cosa scatena in Tancredi il tornare nel posto delle proprie radici, a contatto con quella realtà dalla quale si era allontanato?
Tancredi arriva a Piano Battaglia per elaborare il lutto del fratello appena scomparso e anche quello di una fecondazione assistita andata male. La morte e la vita così presenti, contemporaneamente. È troppo, ha bisogno di silenzio e di solitudine. E dei suoi ricordi, come dicevo.
Nel libro ci sono diversi personaggi, ma cosa rappresentano per Tancredi la figura di Amir, il giovane pastore marocchino aggredito, e Angela?
Amir è il personaggio da cui sono partito. È cominciato tutto con lui. È la personificazione di quanto tutti i giorni si legge sui giornali, si parla al bar, si sproloquia sui social. È un esempio di integrazione in un ambiente composto da povere anime. Si integra, ma subisce l’influenza del posto in cui si è integrato. Almeno così mi sembra, non voglio essere così assolutista nemmeno coi personaggi che invento io. Angela è l’unica donna della comunità montanara che ospita Tancredi nella sua settimana sulle Madonie. Ha vent’anni, non parla da quindici. Conosce la montagna come le sue tasche, è selvatica e sensibile. È fragile, come di vetro. Tancredi se ne accorge e si fa carico di proteggerla.
Uno dei tratti comuni a molti dei personaggi del libro, è il loro non mostrarsi per come sono realmente. Cosa li spinge a nascondere il loro vero essere?
Parecchi personaggi del romanzo non hanno fatto i conti con il loro passato. Hanno cercato di rimuoverlo, hanno fatto finta non fosse accaduto. Trovo sia molto pericoloso. E molto comune, tragicamente.
Pagina dopo pagina ci si accorge che oltre agli esseri umani, ci sono altri due elementi importanti per la narrazione: il lupo e la Natura. Che ruolo hanno nella sua storia?
L’ambientazione di questo libro è essa stessa un personaggio del racconto. La natura a Piano Battaglia è predominante. Bisogna farci i conti, come quando si è in mezzo al mare. È una natura bellissima e anche uno dei pochi posti al mondo che è rimasto identico a quarant’anni fa, quando ero bambino. È la testimonianza di quello che rischiamo di perdere, a breve sembra. Il lupo credo sia l’animale interiore di Tancredi. Per me è un sogno forse nemmeno troppo irrealizzabile. Il lupo sulle Madonie si è estinto decenni fa, ma quanto sarebbe bello riportarcelo?
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Che musica abbinerebbe a questo suo romanzo e perché?
È difficile leggere con la musica, forse non per tutti. Come lo è scrivere naturalmente. Io ho questa pessima abitudine, devo confessarlo. Mentre scrivevo ho ascoltato musica classica, Mahler per lo più. I famosi colori scuri di cui parlavo poco prima.
Una curiosità, anche se molto diversi tra loro, il nome Tancredi per il suo protagonista mi ha richiamato alla memoria Tancredi Falconeri de Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. C’è un qualche legame?
Quale scrittore siciliano non vorrebbe avere legami col Gattopardo. Ma in questo caso, Tancredi è solo un nome che amo molto.
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Per la prima foto, copyright: Vinicius "amnx" Amano su Unsplash.
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