Storia di Alma che visse in fondo al mare
Alma che visse sempre in fondo al mare è il nuovo libro di Martin Rua pubblicato da Alessandro Polidoro Editore il 15 marzo 2022. La copertina trasporta già il lettore nel cuore dell’isola di Procida, con la raffigurazione di un pesce del Mar Rosso, il pesce Napoleone, che darà il nome a uno dei personaggi principali del romanzo.
Tra le onde del mare e le strade dell’isola si racconta l’amore, quello vero, non soltanto fra due anime destinate a unirsi per sempre ma anche quel forte legame che lega ognuno di noi alla propria terra d’origine.
L’ambientazione oscilla fra l’America e l’Italia, il lettore si muove insieme ai personaggi attraverso quel filo rosso che intreccia le loro vite creando nodi con il passato, spesso troppo difficili da sciogliere nonostante lo scorrere del tempo.
Attraverso il racconto di Alma alla figlia Precious si viene travolti dall’onda del passato e trasportati da New York a Procida.
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L’isola viene descritta in tutta la sua semplicità, si sottolinea quella quotidianità della vita che caratterizza i suoi abitanti, finché l’arrivo di Alma e di suo padre Antonio Scotto di Santillo non stravolgerà il ritmo di tutta l’isola e in particolare del cuore di Napoleone.
Fin da piccolo, infatti, il figlio di Luigi Lubrano di Scampamorte è destinato a fare tante cose – «Era una creatura marina dotata della scintilla dell’arte» –, secondo la sua famiglia però dovrà diventare solo un bravo pescatore. Le sue abilità nel nuoto e nella pesca sono già note, ma la strada tracciata per la sua vita lo condurrà a due eventi in particolare che ne cambieranno il destino: l’incontro con lo zio Vastiano e l’incontro con Alma.
«Zio Vastià, perché hai messo la mia scultura in mezzo a Caravaggio e Sammartino? Sebastiano continuò a rimestare nella padella, senza spostare lo sguardo su di lui. Perché così ho sempre davanti agli occhi le opere dei tre più grandi artisti mai vissuti.»
Il fratello del padre di Napoleone, Sebastiano, reduce di guerra trascorre le giornate nella solitudine della sua casa, per trovare una pace tanto agognata e far allontanare i suoi fantasmi si rivolge all’unica via di fuga che può aiutarlo: l’arte. La pittura e la scultura rappresentano i fili che legheranno lo zio e il nipote, un nodo speciale che nulla sarà in grado di sciogliere:
«Ma zio Vastiano aveva fatto per lui qualcosa che nessun altro aveva fatto: gli aveva mostrato chi davvero fosse.»
Il romanzo fa riflettere molto sulla crescita, sulle strade da percorrere quando si diventa adulti, la vita ci mette di fronte a una serie di scelte che non sempre sono facili da affrontare. Procida diviene custode di segreti, di malelingue, gelosia e rancore che creano un vortice dal quale i protagonisti sembrano non riuscire a venire fuori. In particolare l’amore tra Alma e Napoleone viene ostacolato, non soltanto da alcuni personaggi, ma dall’isola stessa. Il lettore si interrogherà in prima persona sul futuro della coppia: che cosa avrei fatto io al suo posto? Sarei partito per costruire un futuro con l’amore della mia vita? Sarei rimasto sulla mia isola restando fedele a me stesso?
«Quest’isola… questa casa… io e… te siamo una sola cosa, Alma. [...] Perché questo non è il posto dove tu puoi vivere, ma solo quello dove puoi amare. [...] Perché non c’è un altro posto dove potrei essere chi sono. Neanche tra le braccia della donna che amo.»
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Non è semplice rispondere alle domande della vita, in un romanzo che volge al termine si possono capire e accettare delle scelte solo con delle lacrime che bagneranno il cuore. Non è una semplice storia d’amore, è la storia di ognuno di noi, è quell’oscillare tra desideri di scoperta di terre nuove e quello di restare nel proprio nido sicuro. Un nido impreziosito dalla lingua, dal dialetto di Procida che prende il suo spazio fra l’italiano con una compostezza tale da far capire la sua importanza all’interno di una cultura. È quasi offensivo tradurlo perché in ogni parola rispecchia il passato che si mescola al presente, All’interno del romanzo il lettore sarà infatti deliziato anche da alcuni proverbi tipici dell’isola che lo legheranno ancora di più ai personaggi e a quel modo di vivere. «Quanno lampéa ‘o Caruso, fa’ mpress a truvà ‘nu pertuso.»Dopo aver letto questo libro non solo il lettore avrà voglia di visitare l’isola di Procida, ma non potrà far a meno di osservare il mare e in esso ritrovare la propria storia, proprio come Zio Vastiano.
«Come stai, ‘o zi’?
Eh, comme a nu’ viecchio che guarda o’ mare.»
Per la prima foto, copyright: Erwin Doorn su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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