«Spero di tornar vivo per dimostrarle riconoscenza». Due cartoline di Giuseppe Ungaretti a Giovanni Papini
Giuseppe Ungaretti ha raccontato, in poesie memorabili, la Grande Guerra, in una vera e propria trasfigurazione poetica della vita al fronte, da lui conosciuto da vicino prima sul Carso e poi sul fronte francese dello Champagne.
Ma Ungaretti ha lasciato anche altre testimonianze della sua esperienza in trincea, tra cui un corposo epistolario con un gruppo di amici scrittori.
Qui di seguito pubblichiamo il testo di due cartoline inviate da Giuseppe Ungaretti a Giovanni Papini, così come riportato in Lettere a Giovanni Papini 1915-1948 (Mondadori, 1988) e la cui versione originale è conservata presso la Fondazione Primo Conti di Fiesole,
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Cartolina [6 novembre 1915], t.p.
Caro Papini, è vicina da un'ora all'altra la partenza per il fronte, mi ricordo di lei, – uno dei ricordi più cari – che mi ha incoraggiato a vivere; e spero di tornar vivo per dimostrarle la riconoscenza che le devo, e ai suoi amici. I vivi saranno con noi, dopo guerra: noi, chi rimarrà di noi, che con lei, con Soffici, con Palazzeschi, con Jahier e con De Robertis – non avvicino questi due nomi senza intenzione – con Serra e, in particolare, con Prezzolini hanno preparato questa miglior "aria nostra, in Italia". Per ora all'armi e abbracci Ungaretti 53° fanteria, 2° campo Vercelli
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Cartolina [31 dicembre 1915], t.p.
Caro Papini, ho aspettato con desiderio un suo biglietto. Sapesse in che deserto mi trovo. Ho ricevuto da Parigi "Le journal des ecrivains". È la sola carta stampata che mi sia pervenuta, da settimane a darmi notizia di morte. Ho fatto le mie giornate di trincea, sulla cresta d'un monte, affogato nel fango. Ma questo sarebbe nulla. La guerra attuale io l'ho augurata. È altro che mi deprime. Tornato in Italia ne scriverò. Per ora, tranne quando trascino il mio capo riottoso a combattere, sono un decaduto, tuo Ungaretti
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