Speciale Campiello Giovani 2016 – Intervista a Ludovica Medaglia
Ludovica Medaglia è la più giovane finalista del Premio Campiello Giovani 2016. Entrata nella cinquina con Wanderer (Viandante), Ludovica ha incentrato il suo racconto su temi di grande importanza, come il talent e la solitudine, declinandoli anche alla luce del suo forte amore per la musica.
Di tutto questo abbiamo parlato con lei, nell’intervista che ci ha gentilmente concesso.
Ludovica, sei alla tua prima prova nella scrittura e, non ancora diciottenne, sei già tra i finalisti di uno dei più prestigiosi premi letterari italiani. Cosa vuol dire tutto ciò per te? Ti senti più emozionata o soddisfatta?
Il giorno della selezione dei finalisti ero emozionata e un po’ frastornata, perché non mi aspettavo di ottenere questo risultato. A distanza di qualche tempo ha invece prevalso una certa soddisfazione.
Hai dichiarato che a sollecitarti a scrivere è stata la tua insegnante di italiano. Quanto può fare la scuola per trasmettere l'amore per la letteratura?
Ritengo che la scuola sia fatta da persone e io ho la fortuna di frequentare un liceo in cui i docenti mi hanno sempre incoraggiata. Non lo considero un fatto scontato perché, nel mio percorso scolastico, non è sempre stato così. Ringrazio, in particolare, le professoresse Trussardi e D’Incerti per il loro sostegno. Per me la scrittura è un’attività impegnativa e probabilmente non mi sarei mai messa alla prova senza essere spronata.
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Il protagonista del tuo racconto è un musicista che, resosi conto di avere meno talento della donna di cui è innamorato, decide di allontanarsi da tutto e tutti e vivere da solo. Come mai la scelta di un soggetto così particolare?
Penso che descrivere la solitudine sia più semplice che immaginare una relazione, probabilmente perché il mio carattere è introverso e piuttosto razionale. Tra tutti i musicisti ho scelto di concentrarmi su un pianista perché egli, a differenza degli altri, che suonano in orchestra o necessitano di un accompagnamento, è isolato dal suo stesso strumento.
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Cos'è il talento per te?
Il talento è un dono, ma al tempo stesso un impegno, perché deve essere riconosciuto, apprezzato e coltivato. Ricordo, a questo proposito, che Claudio Abbado diceva di essere completamente asservito al suo talento e che era suo dovere assecondarlo con umiltà e determinazione.
Nonostante la solitudine ricercata, il tuo protagonista scriverà necrologie per se stesso. È un modo per restare presente almeno a sé stesso oppure, nelle tue intenzioni, c'è anche dell'altro?
Il protagonista del mio racconto è indotto dalla solitudine a essere estremamente egocentrico: da anni la sua vita è focalizzata su un unico interesse, lui stesso. La morte gli appare, quindi, il solo evento degno di rilievo che possa interessarlo, oltre che l’unico modo per essere al centro almeno della sua attenzione. Nei suoi pensieri coesistono autocommiserazione e pienezza di sé, accompagnate da un lieve e a tratti compiaciuto disprezzo per gli altri.
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L'altra grande protagonista del tuo racconto sembra essere la musica. Quanto conta per te? Accompagna momenti importanti della tua vita?
Studio pianoforte da circa sei anni, alla Civica Scuola di Musica Claudio Abbado di Milano. La musica è parte di me perché è in grado di emozionarmi e coinvolgermi. Tra tutti i generi, ho una particolare predilezione per la musica classica e i compositori che preferisco sono Beethoven e Chopin. Non posso non citare anche Schubert, il cui ascolto ha ispirato il titolo del mio racconto.
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