Sophie Kinsella in versione young adult: ce la presenta l’editor Joy Terekiev
È in libreria il nuovo romanzo di Sophie Kinsella in versione young adult. Ne parliamo con Joy Terekiev, editor della narrativa straniera per Mondadori.
L’ultima fatica di Sophie Kinsella, fresca di pubblicazione per Mondadori – con la traduzione di Stefania Bertola –, si intitola Dov’è finita Audrey? Di cosa parla questo romanzo?
Questa nuova versione della Kinsella era del tutto inaspettata. Il libro è uscito per il mercato inglese il 3 giugno; qui in Italia il 9. Lei, come sappiamo, si è sempre occupata di commedie veritiere, romantiche, comunque di commedie sofisticate che riguardavano il mondo dello shopping (la serie I love shopping) e di romanzi a sé stanti, svincolati da progetti di sequel; mai di narrativa per teenager. Young adult è un termine molto tecnico, un genere di cui non mi occupo. Essendo io l’editor di Kinsella per l’Italia è stato naturale occuparmi di questo libro, anche se sono l’unica editor di narrativa adulta che si occupa di questo suo libro rivolto al pubblico young adult. È stata una scelta che abbiamo fatto in casa editrice. Si tratta di un libro di grande sincerità e fortissima empatia e narra di una ragazzina di 14 anni, Audrey, cresciuta in una famiglia un po’ strampalata, come possono esserlo molte famiglie di oggi, con madri nevrotiche e iperprotettive, con padri assenti o che comunque hanno poca voce in capitolo, con un fratello, Frank, che ha un’ossessione per i videogame, che passa tutte le sue notti a giocare sul computer con gli amici, mettendo in ansia la madre, che gli vuole gettare giù il pc dalla finestra; in più un fratellino piccolo, ch’è la voce dell’innocenza, un affarino di 4 anni che trottola di qua e di là. Audrey ha un problema: qualche tempo prima è stata vittima di bullismo a scuola e, dopo esser stata ricoverata per un breve periodo di tempo in un ospedale pediatrico, è stata dimessa, torna a casa ma non vuole più uscire di là. È prigioniera delle quattro mura domestiche, gira con degli enormi occhiali scuri ma non per fare la diva, bensì per proteggersi dal mondo esterno. Il punto è che non riesce a guardare gli altri negli occhi; sarebbe una cosa troppo “intima”. L’unica persona che riesce a guardare negli occhi è il fratellino più piccolo, Felix. Tutto è per lei cagione di grandi crisi di ansia e panico. A noi non interessa sapere quel ch’è successo a scuola, e infatti Kinsella non lo dice. Il tema è come si sente Audrey e cosa farà per rinascere. È un bel punto di vista, che permette al lettore di capire le scelte di questa ragazzina coraggiosa, che ha voglia di vivere, di andare avanti. Ce la farà, pure grazie all’incontro con un amico del fratello, Linus, un suo quasi coetaneo, con una grande sensibilità, che riesce ad acchiapparla, in quanto lei è sfuggente. Lui la aiuterà moltissimo nel suo percorso di guarigione.
Potremmo, perciò definirlo un “romanzo di formazione”, per certi versi sul solco di una illustre tradizione – penso a Il giovane Holden o Il buio oltre la siepe – o no? A parte il sempre godibile humor che caratterizza la scrittura della Kinsella, in questo libro ci sono molti dialoghi, frizzanti e ben articolati. Il punto di vista è quello di Audrey, che parla in prima persona e spesso si rivolge al lettore. Non pensa anche lei che in queste peculiarità di stile la Kinsella abbia cercato di entrare in sintonia col mondo degli adolescenti che intende raccontare e delle loro problematiche: le difficili relazioni interpersonali, i sentimenti, il bullismo, le nuove dipendenze da smartphone e videogiochi, la difficoltà di trovare un loro percorso e stile di vita nel continuo bombardamento di “stimoli”?
Trovo che Kinsella, in questa “nuova forma” riesca a mescolare quello ch’è il suo irrinunciabile senso dell’umorismo, puramente britannico, quel farci ridere anche un po’ di noi stessi, di mettere in luce le nostre nevrosi. Leggendo questo romanzo ridiamo tanto, però ci commuoviamo anche, perché è un libro che ha una tenerezza, un approccio di ascolto e di attenzione davvero notevoli. Non c’è niente di superficiale; c’è questa Audrey che parla in prima persona in maniera anche un po’ caustica quando parla dei genitori; ci sono delle invenzioni che io trovo fantastiche, come le trascrizioni dai video della “mia famiglia serena e felice”; in poche righe hai lo spaccato di una famiglia, le dinamiche tra i membri, i non detti. C’è anche, nel romanzo il ritorno a un rapporto più diretto. Audrey sfugge il contatto, è vero, ma per lei non esiste il rapporto virtuale, quello a cui siamo abituati: whatsapp, facebook, social media, un mondo dove non ci si incontra realmente. Di fatto, quando comincia a entrare in relazione con Linus lo fa su una base un po’ strana, forse anacronistica, quella delle letterine, dei bigliettini. In queste invenzioni Kinsella ha per me una marcia in più.
Lei si occupa di narrativa italiana e straniera per Mondadori e ha sdoganato la Kinsella al pubblico italiano. L’autrice ha fatto molte cose: prima di raggiungere il successo con la serie best seller I love shopping è stata giornalista nel settore economico; prima ancora ha pubblicato alcuni romanzi col suo vero nome, Madeleine Wickham. Ora si cimenta con la young adult. Possiamo senz’altro dire ch’è un’autrice versatile, ma lei cosa pensa di Sophie Kinsella? Che genere di scrittrice è?
Pubblicheremo quest’anno il settimo e ultimo romanzo di Madeleine Wickham. È questa la serie dei suoi romanzi, scritti prima dei trent’anni. A chi la paragonerei? Io ho sempre pensato a Jane Austen, con lei ne abbiamo parlato tante volte. E poi una bella shakerata con G.P. Wodehouse. È molto onorata di questo, ma si schermisce. La verità è che lei non è una scrittrice di genere, nessuno riesce a imitarla e non parlo dell’Italia, che ovviamente non ce la fa proprio, perché non ha questa tradizione, tutta britannica, ma anche in ambito comunque ingleseio trovo che lei sia inarrivabile, ha una levatura che altri autori non hanno.
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Potremmo dire, in altre parole, che Kinsella in versione young adult è pure un “rimettersi in gioco”, sparigliare le carte, uscire dagli schemi consolidati dell’autrice di best seller in maniera audace e per certi versi dagli esiti imprevedibili.
Lei non ragiona in questa maniera, è un talento puro che ha voglia di scrivere. Nessuno le ha detto di scrivere un romanzo young adult, come è accaduto per altri autori di best seller. Sophie Kinsella scrive solo quello che ha voglia di scrivere e basta. I love shopping non è stato scritto a tavolino, su commissione. Lei ha voglia di uscire dalle categorie perché non vive di categorie. Quello che lei ha scritto con Audrey lo sentiva e basta. È un libro che ha partorito in tre settimane. Ha 5 figli; uno di questi è molto appassionato di videogames e lei parlava di questa dipendenza dai videogiochi. Da qui è partita l’idea di esplorare il mondo dei teen ager. Kinsella è così, si chiude nel suo mondo, produce e consegna, senza intermediari. Questa è la sua grandezza, il non sottostare a dei diktat esterni. Forse l’unico che riesce in modo parziale a vincolarla è quello della serie I love shopping, ma lì c’è un mercato enorme, una grande richiesta, ma se lei ha notato c’è stato un rallentamento nella sua produzione di questi libri. Kinsella ha voglia di raccontare anche altre cose.
Molti autori young adult hanno spesso la stessa età del loro target di lettori. Lei ritiene che questo romanzo abbia le potenzialità, pure per quel che abbiamo già evidenziato, di affermarsi presso i giovani lettori e ci può dire se Kinsella sta lavorando o ha già in cantiere altri libri per teen ager?
Al momento non bolle niente in pentola, ma io mi auguro che questo non sia un episodio isolato perché trovo che possieda veramente uno sguardo privilegiato su questo mondo fresco, bello e pulito della pre-adolescenza. Audrey ha 14 anni ma potrebbe benissimo essere una di 11 o 12 da noi, delle non-più-bambine ma neanche adulte, non so come dire. Non c’è in Kinsella nessun calcolo in questo. Credo che potrebbe continuare in questo filone solo se avvertisse la necessità di raccontare qualcosa. Aveva bisogno di raccontare questa storia di disagio che in qualche modo tocca un po’ tutti. Questa storia piacerà moltissimo anche alle madri, a tutto il mondo femminile in particolare. Parla di un tema che non tutti ma quasi, chi ci sta accanto, il vicino di casa eccetera hanno provato o sentito. Io mi auguro che anche le ragazzine italiane lo amino. Teniamo conto che le ragazzine leggono già i libri di Sophie Kinsella che hanno in libreria le loro madri. L’indotto è doppio; io l’ho vista in azione a Bologna, alla Fiera del libro per ragazzi, e a Milano, a marzo. C’erano solo coppie mamma-figlia.
Bella questa cosa.
Vero. Io questo libro lo vedo molto per loro, per le coppie di mamme e di figlie. Non sono madre ma è quel che vedo. Arrivano a centinaia, vogliono farsi l’autografo, fare il selfie con l’autrice. La maggior parte sono mamme con le loro figlie. Questo mi ha molto colpito. Lo vedo come un ponte tra le generazioni, un divertirsi e riflettere su problematiche sentite e vissute da entrambe le parti.
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