“Sono mancato all’affetto dei miei cari”, la parabola di un antieroe
Sono mancato all’affetto dei miei cari (Einaudi Stile Libero Big, 2022) è l’ultimo romanzo di Andrea Vitali, il prolifico scrittore di Bellano che aggiunge un'altra tappa al suo lungo viaggio attraverso vizi e virtù dell’Italia di provincia, fotografata con precisione anche in epoche diverse e lontane dal presente, ma restando sempre nell’amata Lombardia.
In questo caso la vicenda non si svolge nella sua Bellano affacciata sul lago di Como, ma in un anonimo paesotto della provincia lombarda, dove il protagonista, che racconta le sue disavventure in prima persona, è orgoglioso proprietario di un grande negozio di ferramenta: qui la sua variegata clientela può rifornirsi di viti, chiodi e attrezzi, ma anche di materiali per l’edilizia, vernici e colori, attrezzi agricoli. Gli affari vanno bene e l’uomo, che vive per il suo negozio, non potrebbe lamentarsi della sua vita metodica e tranquilla, priva di preoccupazioni economiche, se non fosse per i problemi che inizia a riscontrare in famiglia non appena i tre figli si avvicinano all’età adulta.
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Alice, la primogenita, è una ragazza studiosa e vorrebbe iscriversi all’università, ma il padre glielo nega, giudicando più che sufficiente il suo diploma magistrale: siamo ancora, presumibilmente, negli anni Sessanta o Settanta del secolo scorso e cosa può fare di meglio all’epoca una brava ragazza di provincia se non sposarsi? Alice si rassegna a fare la maestra, fino a trovare un marito che piaccia ai genitori, anche se il suo futuro si rivela ben presto tutt’altro che roseo e destinato a scontentare la famiglia.
Alberto, il secondo figlio, non manifesta invece nessun interesse per lo studio, ma impensierisce presto i genitori compiendo bravate con gli amici, per porre rimedio alle quali il padre decide di toglierlo dalla scuola che frequentava con scarsissimo profitto e di farlo lavorare a tempo pieno con sé nel negozio di ferramenta: l’idea sembra funzionare, almeno finché non iniziano anche per lui le prime complicazioni sentimentali.
Il terzo figlio, Ercolino, che per anni sembra impegnato esclusivamente a mangiare e a studiare, agli occhi del padre rimane a lungo una specie di alieno, almeno finché non gli viene comunicato che il ragazzo potrebbe intraprendere una brillante carriera universitaria, prospettiva difficile da comprendere per gli smarriti e poco istruiti genitori.
Il nostro protagonista, fiancheggiato da una moglie casalinga a cui vuole bene ma che non perde occasione per contrastarlo difendendo quasi sempre le ragioni dei figli, è costretto a prendere atto, in modo lento ma inesorabile, del fatto che tutte le sue convinzioni sono destinate ad essere scardinate dal trascorrere del tempo, perché il mondo non è più quello in cui è cresciuto e che lui continuava a credere tanto solido e immutabile.
Gli amanti dei romanzi di Vitali troveranno anche questa volta una rappresentazione fedele di quel “piccolo mondo antico” che costituisce la cornice abituale delle sue storie, popolato da una serie di figure che lo scrittore sa rendere vive davanti ai nostri occhi in poche righe, intessendo la trama di una vita di paese ricca di pettegolezzi, maldicenze e mezze verità, ben prima dell’invenzione e diffusione delle “fake news” di oggi.
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Il linguaggio riflette alla perfezione il modo di pensare e di esprimersi del protagonista, che racconta la sua storia in un italiano molto colloquiale e diretto, fino allo spiazzante finale che chiude in modo forse un po’ troppo brusco la vicenda.
Ancora una volta, quindi, Andrea Vitali con Sono mancato all’affetto dei miei cari ci offre un fedele spaccato di un’Italia, e in questo caso anche di un certo tipo di maschio italico, che (forse) non c’è più, anche se non ne siamo del tutto sicuri.
Per la prima foto, copyright: Kato Blackmore
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