Social network e Internet disastrosi per l’apprendimento, gli studenti non sanno utilizzarli
I social network e Internet in generale possono influenzare in modo negativo la vita di ogni studente? Una ricerca svolta dall’Università degli Studi di Milano Bicocca ha monitorato oltre duemila allievi delle scuole lombarde per dare una risposta verosimile a un quesito di massima importanza: sappiamo tutti quanto le nuovissime tecnologie siano presenti nella vita dell’uomo di oggi e poterle sfruttare per potenziare l’apprendimento renderebbe la stessa attività didattica molto più interessante e, per certi aspetti, meno faticosa. Il punto è che i dati emersi dallo studio in questione non sono affatto rincuoranti, anche se fanno riferimento soltanto agli istituti scolastici della Lombardia.
Indagine sull’uso dei nuovi media tra gli studenti delle scuole superiori lombarde è il titolo dello studio a cui facciamo riferimento: i ragazzi monitorati sono stati ben 2.327 e le conclusioni hanno sfruttato anche i risultati ottenuti nei test SNV/INVALSI, che – lo saprete senz’altro – sono da sempre soggetti a una infinità di polemiche sia da parte degli studenti sia da parte dei docenti, per via delle modalità e dei contenuti di svolgimento. Ma non è sul metodo della ricerca che vogliamo soffermarci, bensì sui risultati a cui quest’ultima è giunta:
«[...] In media – si legge su Milano.corriere.it – gli studenti lombardi trascorrono circa tre ore al giorno in Rete, principalmente chattando sui social network (83 per cento) e cercando informazioni e approfondimenti (53 per cento). Ma per ogni ora passata in più su Internet, l’apprendimento cala di 0,8 punti in italiano e di 1,2 punti in matematica. [...] Tale calo sarebbe ancora più marcato considerando solo la quota di tempo che gli studenti trascorrono online per motivi di studio: meno 2,2 punti in italiano e meno 3,2 punti in matematica».
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In altri termini, è chiaro che, pure quando lo studente utilizza Internet per ricerche e approfondimenti, lo fa sbagliando: magari copiando qua e là, senza criterio, oppure cercando soluzioni in siti non opportuni (influenzato, purtroppo, dalle pagine web proposte da Google); le possibilità possono essere parecchie, ma alla base di quanto dato c’è senz’altro un motivo più profondo:
«Quelli che vengono definiti nativi digitali appaiono bisognosi di guida rispetto agli usi significativi della Rete – queste, le parole di Marco Gui, responsabile del gruppo lavori –. C’è oggi un grande spazio di intervento per scuola, istituzioni e ricerca nell’identificazione e promozione di 'diete mediali' che supportino lo sviluppo scolastico e personale dei ragazzi».
È come se, anzi è senz’altro così, il sistema scolastico italiano provasse repulsione per le nuove tecnologie, che, però, nella realtà, non hanno solo il fascino (e l’utilità) dell’immediatezza e della condivisione, ma pure la consistenza del contenuto; non tutti i siti e non tutti gli strumenti digitali sono affidabili, questo è vero, ma è altrettanto indiscutibile il contrario: bisognerebbe guardare Wikipedia, per fare solo l’esempio più eclatante, non come un cumulo di notizie infondate e imprecise, ma come una delle più grandi conquiste degli ultimi anni. Migliorabile, certo, ma la perfezione – si sa – non è mai esistita.
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