“Situazioni surreali”, intervista a Ornella Spagnulo
Quando ho letto la raccolta di poesie Situazioni surreali di Ornella Spagnulo (Eretica edizioni) mi è venuto in mente una frase di Santa Teresa riportata da Raymond Carver e sulla quale egli dice di aver meditato: «Le parole conducono ai fatti […] Preparano l’anima, la rendono pronta e la portano alla tenerezza».
Ecco questo viaggio dalle parole alla tenerezza passando per l’anima e ciò che ritrovato nelle poesie di Ornella Spagnulo e quello stesso viaggio lo ritroviamo nell’intervista che le ho fatto:
Come si è scoperta poetessa?
Credo che ci si scopra poeti o scrittori quando anche gli altri lo riconoscono. Se non c’è l’approvazione degli altri in quello che fai, è solo un monologo, un tentativo, uno sfogo. Questo è quello che penso. Certo, il riconoscimento può avvenire quando l’autore è in vita o solo dopo che è morto, e ci sono casi di autori consacrati che dopo pochi anni scompaiono dai ricordi delle persone, e i loro libri rimangono in un angolo di qualche biblioteca ammuffita. Per questo, l’approvazione degli altri è condizione necessaria ma non sufficiente. È il tempo che decide.
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Per quello che riguarda la mia storia, scrivevo le mie poesie su un blog con poche pretese e una persona di una casa editrice mi contattò proponendomi una pubblicazione. Le cose sono andate così, era il 2015 l’anno della mia prima raccolta. Con Situazioni surreali sono al mio quinto libro di poesie (se conto anche il prosimetro su Calvino pubblicato negli atti del convegno La Città) e non posso sapere se sono davvero una poetessa perché quello che scrivo in versi per ora non è arrivato molto lontano, dicono sia una prerogativa della poesia ai nostri tempi. So che scrivere mi fa bene, che l’approvazione da parte di chi mi segue mi fa piacere e che questo non basta a definirmi poetessa, ma nella vita non si sa mai.
I suoi versi hanno un'ottima armonia, le parole si incasellano con maestria e sono sempre quelle giuste, nella posizione giusta: come crea il verso? Come sceglie le parole?
Nella poesia, più che nella prosa, la scelta della parola giusta è essenziale. A volte nasce così per caso, da un gusto musicale (io ho studiato pianoforte per anni). Il ritmo è una componente fondamentale nelle mie poesie. Sono contenta se il risultato si può notare dall’esterno, io mastico quello che scrivo e me lo canto internamente. Non faccio moltissime correzioni. In genere scrivo assecondando un flusso e l’istinto spesso non sbaglia. Ho sempre avuto cura per le parole, sempre, fin da bambina. La poesia nasce quando si fa il vuoto dentro e si lascia spazio all’anima e il raziocinio spiega quello che abbiamo dentro di inspiegabile. Le poesie credo che nascano così. Ci sono poeti che tornano spesso su quello che scrivono per correggerlo, altri che sono più istintivi, dipende dal carattere: c’è chi è riflessivo e chi impulsivo.
Le mie poesie possono nascere da diversi stati d’animo, sia positivi che negativi. In genere escono fuori quando ho qualcosa che vorrei urlare, oppure quando dentro sento il silenzio.
In tre parole cose distingue un brevissimo racconto da una poesia?
Credo che la poesia sia la forma d’arte più perfetta che esista. Perché arriva di più. Perché sconvolge. Il racconto è percepito più attraverso la ragione, anche se coinvolge l’emotività senza dubbio. Ma la poesia prende le viscere, sconvolge in pochi versi, mentre un romanzo per sconvolgere ha bisogno di almeno 170 pagine. La poesia è più densa. Ecco, diciamo che in poco spazio riesce a prendersi tanto spazio. Mentre il racconto coinvolge sì, ma è un po’ più ovattato. La poesia è un innamorato e il racconto è un fratello. Se dovessi definire i due generi letterari con due parentele, userei queste. Tutto questo vale per me, ovviamente, non pretendo di dire niente di assoluto. C’è chi non legge la poesia perché non gli piace. Una cosa però voglio dire a favore della prosa: scrivere in prosa fa più compagnia. Io quando scrivo un romanzo ho un amico che mi aspetta tutti i giorni a cui posso raccontare le storie che mi vengono in mente. La poesia, invece, anche se scritta tutti i giorni, sfugge, dura un attimo e va via (in quanto tempo si può scrivere una poesia? Qualche minuto? Poi magari ci si torna su, ma la sostanza si è buttata su carta in poco tempo). E quindi la poesia in questo inganna, non è una vera compagnia, però trasforma. In genere, noto che il mio stato d’animo cambia dopo avere scritto una poesia. Anche con la narrativa succede, ma la narrativa si svolge dentro un contesto di maggiore razionalità.
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Da questa intervista, da queste parole di Ornella Spagnulo emerge l’anima come passaggio obbligato che dalla parola raggiunge la tenerezza.
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Per la prima foto, copyright: Thought Catalog su Unsplash.
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