Si scrive “po’” o “pò”, e perché? Riflessioni «spinose» sull’accento
Se c’è una cattiva abitudine linguistica, quella è il fatto di scrivere pò invece di po’, e non sbagliate se pensate che è ancor più diffusa di qual è scritto con l’apostrofo (grafia sicuramente sbagliata): facendo una ricerca su Google in data 6 gennaio 2015, la parola pò risulta ricercata ben 35 milioni di volte, mentre qual’è 25 milioni e 700mila; non che cambi molto, in fin dei conti: in entrambi i casi è un vizio linguistico non trascurabile, poiché accento e apostrofo hanno due funzioni abbastanza ben definite, e non sono, quindi, segni intercambiabili.
Passi l’uso di pò su smartphone e negli SMS tra amici – sono due caratteri rispetto a tre, e quindi se devo sbrigarmi posso anche evitare di ricorrere a un terzo carattere, quale sarebbe l’apostrofo –; la situazione cambia quando chi scrive dimentica che po’ è troncamento di poco, e che quindi non va scritto con l’accento. Non ho a disposizione dei dati che mi permettano di capire se il fenomeno sia censurato o meno, e in che misura lo sia soprattutto, nelle scuole: ammettendo pure che tutti gli insegnanti lo contrassegnino come errore grave, non sarebbe da escludere che l’uso insistente dell’accento, facilitato anche dai già citati smartphone senza correttore automatico e dalla diffusione della scrittura su Internet, possa portare, in futuro, all’affermazione di pò. Al momento, però, i fatti stanno molto diversamente.
Dobbiamo dunque scrivere po’ e non pò, anche se non sempre il troncamento è contrassegnato dall’uso dell’apostrofo, e questo è un fatto che dimostra come la lingua sia un sistema in equilibrio – come tutti i sistemi linguistici – ma comunque vivo, e dunque ricco di incoerenze ed eccezioni, che possiamo ricondurre a variabili eterogenee, specialmente sociali e storiche. L’esempio che vi propongo è piè, delle espressioni a piè pagina, a piè pari e così via: piè è troncamento di piede, ma perché si scrive con l’accento?
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La questione è molto spinosa, ancor di più dei dubbi che riguardano sé stesso, e infatti non tutti i grammatici sono d’accordo: il Leone, per esempio, propone di usare l’apostrofo, segno che da sempre indica, appunto, il troncamento, proprio per evitare inutili eccezioni; altri grammatici, invece, consigliano l’accento, poiché con i monosillabi bivocalici si è soliti porre l’accento sull’ultima vocale, e quindi l’uso potrebbe essere esteso tranquillamente a questa parola: a può, già, giù e così via, insomma, si aggiunge anche piè. Il sito della Crusca non sembra prendere posizioni in merito, anche se pare essere maggiormente d’accordo con l’accentazione, per via dell’uso ormai invalso:
«L'uso dell'accento grafico in italiano è diventato stabile dal Novecento per i polisillabi tronchi (città,virtù,longevità). Costante è anche la presenza dell'accento in un numero, in realtà limitato, di monosillabi composti da due grafemi vocalici:ciò, già,giù,più,può,scià, in cui i edusono solo segni grafici. Si aggiungano le forme letterarie, e disusate, piè 'piede',diè 'diede' che, come fé, vengono indicate a volte con l'apostrofo. Tale alternanza tra accenti e apostrofi per alcuni monosillabi è controversa, ad esempio il DOP (Dizionario di ortografia e di pronunzia) indica come errata la formapie', e riconosce soltanto per il troncamento di 'piede' piè e dièper la voce del verbo 'dare'. Per fé ('fece') segnala anche fe efe'pur rari».
Sappiamo che si scrive po’, insomma, e che si scrive piè, anche se in entrambi i casi le obiezioni alla regola potrebbero essere, e lo sono, infatti, molte: ancora una volta abbiamo dimostrato come considerare l’uso sia fondamentale per discutere di qualsiasi argomento linguistico e ragionare di lingua.
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