“Shift” di Hugh Howey
I libri di Hugh Howey appartenenti alla serie denominata Silo (Wool, Shift, Dust), pubblicati in Italia da Fabbri Editore, sono identificati come fantascientifici o distopici. Leggendo Wool e cercando di inquadrarlo all’interno di una trilogia, già si avvertiva il sentore che fosse un capolavoro difficilmente eguagliabile; in effetti, ultimando la lettura di Shift, l’impressione iniziale riceve conferma. Parliamo sempre di una qualità notevole, valida per entrambi i libri e si presume anche per il terzo, ma Shift in più punti assume troppo i connotati di un manuale d’uso per comprendere appieno gli altri libri della serie, contrariamente a Wool, di cui è prequel, che riusciva a catturare il lettore, trasportarlo anche di prepotenza dentro al silo e lasciarlo lì a macerare dubbi, paure e ansie insieme ai protagonisti.
La qualità della scrittura di Hugh Howey nonché l’abilità del traduttore Giulio Lupieri regalano comunque al lettore un libro importante, degno del successo internazionale ottenuto. Con Shift si ritorna un po’ indietro nel tempo, anche se parliamo del futuro, all’anno 2049, quando il neo eletto deputato dello stato di Washington D.C. Donald Keene scopre i reali motivi per cui il senatore Paul Thurmantanto lo aveva aiutato in campagna elettorale. Così il giovane idealista Donny comprende quanto crudeli sanno essere gli abitanti di questo pianeta, quanto dura può essere una sconfitta ma soprattutto quanto amara può diventare una vittoria. Il libro è suddiviso in tre parti, denominate turni (Il Lascito, L’Ordine, Il Patto), per una lunghezza complessiva di oltre 600 pagine.
Donald Keene vive in un’America che non è molto diversa da quella attuale e pensa che, per il proprio bene e quello della propria famiglia, la cosa più importante sia la carriera, il portare avanti il sogno di diventare un politico influente in grado di avere voce in capitolo nelle decisioni che contano. Ritiene che il miglior modo per riuscirci sia assecondare la volontà del suo mentore, il potente senatore Thurman. Sarà proprio questi ad affidargli l’incarico di progettare la struttura silo che solo in seguito scoprirà essere cieca, nascosta, sotterranea. Shift si sviluppa lungo due binari paralleli che non sono, come sarebbe presumibile, le due epoche della narrazione, bensì i due livelli della verità: quella autentica, celata ai più, e quella apparente, declamata a gran voce per giustificare, garantire e finanziare un progetto dalle dimensioni e dai costi abnormi. Un progetto che porterà alla quasi totale scomparsa del genere umano e del mondo, almeno nella connotazione a noi nota, in quanto Howey dimostra con i suoi libri che l’ambiente è solamente un corollario e a volte una giustificazione ma che la sostanza dell’arrivismo e dei giochi di potere rimane invariata, sia che si abiti sopra la superficie terrestre sia che si viva al di sotto di essa.
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«L’esclusione di donne e bambini aveva un significato; di questo Troy era sicuro. Alle donne e ai bambini del silo 1 era stato concesso il freddo eterno, mentre gli uomini continuavano a fare turni. Così, si eliminava qualsiasi tipo di passione e si impediva che litigassero tra loro. E poi c’era la routine, l’ottundente routine. Era la castrazione del pensiero, la lenta consunzione quotidiana di un impiegato che fissava imbambolato l’orologio, timbrava il cartellino, guardava la Tv finché non sprofondava nel sonno, zittiva la sveglia due o tre volte e ricominciava da capo. E senza i weekend era ancora peggio. Non c’erano giorni liberi. Avevi sei mesi di lavoro e decenni di ferie. Per questo Troy invidiava gli altri silos, dove nei corridoi riecheggiavano le risate dei bambini, le voci delle donne, la passione e la felicità che mancavano in quel bunker che era il cuore di tutto. Qui vedeva solo lo stordimento, decine di sale comuni con film proiettati in loop sugli schermi piatti, decine di sguardi fissi e comode poltrone. Nessuno era davvero sveglio. Nessuno era davvero vivo. Era così che l’avevano progettato».
Sotto le colline di Fulton in Georgia gli abitanti superstiti del pianeta Terra brulicano dentro i 50 silos, per la gran parte ignari di quanto accaduto prima e di quanto sta per accadere, ma la verità è la cosa più difficile da tenere nascosta anche se in tanti, ininterrottamente, studiano il mezzo migliore per renderla inoffensiva. «La negazione è l’ingrediente segreto da queste parti. […] È il sapore che tiene insieme tutti gli altri. Ecco cosa dico sempre ai nuovi eletti: la verità salterà fuori – salta sempre fuori – ma sarà mescolata a tutte le bugie. […] Devi negare ogni menzogna e ogni verità con lo stesso vigore. Lascia che siano i siti web e gli spacconi che frignano di continuo sulle malefatte del governo a confondere il pubblico al posto tuo.» Vani tentativi di tenere a bada le masse, soffocarle nella paura e nel terrore creato apposta per comandarle. «Quella parola significa anche qualcos’altro, sai? […] Significa anche ruotare su se stessi. Come per i pianeti. Una rivoluzione, e sei di nuovo nel punto da dove eri partito.» Anche Shift fa compiere al lettore una rivoluzione portandolo al punto di partenza, o meglio al punto in cui lo aveva lasciato Wool, esattamente con la stessa smania di conoscere il futuro e il destino degli abitanti dei silos.
Con Shift, come era già accaduto con Wool, l’autore dimostra di essere un abile scrittore ma soprattutto un acuto osservatore della società che lo circonda. Riflessioni sul futuro, sul passato come sul presente si intrecciano alle vicende e alle storie dei protagonisti, dando loro corpo e profondità, costringendo a porsi delle domande, a cercare le risposte, a scoprire dei perché. A partire dalla nota dello stesso Hugh Howeya inizio testo si comprende appieno l’autorevolezza del suo pensiero: «Nel 2007, il Centro per l’automazione nella nanobiotecnologia (Cam) definì le piattaforme hardware e software che un giorno avrebbero permesso a robot più piccoli delle cellule umane di eseguire diagnosi mediche, curare danni e malattie e persino autopropagarsi. Nello stesso anno, la Cbs ripropose uno speciale sugli effetti del Propranololo sulle vittime di incidenti gravi. Era stato dimostrato che bastava una singola pillola per eliminare il ricordo di qualsiasi evento traumatico. In un lasso di tempo assai breve rispetto alla sua lunga storia, il genere umano aveva scoperto i mezzi per causare la propria disfatta totale e, insieme, il modo per dimenticarsene».
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