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Se la scrittura è memoria ma non passato. “Beloved” di Toni Morrison

Se la scrittura è memoria ma non passato. “Beloved” di Toni MorrisonIn questa nona puntata della rubrica dedicata alla scoperta mensile di dodici premi Nobel per la letteratura, conosciuti e meno conosciuti (qui la puntata precedente), racconteremo di Toni Morrison, vincitrice del premio nel 1993. In particolare, concentreremo la nostra analisi su uno dei romanzi più celebri – Beloved (Amatissima) del 1987 – della scrittrice americana, in cui si racconta la vicenda di Sethe e sua figlia Denver, le quali cercano di ricostruire la propria vita dopo essere fuggite dalla schiavitù. La casa dove vivono è però infestata dai fantasmi, e uno di questi, che si manifesta molto spesso, si rivelerà essere proprio quello della figlia uccisa di Sethe.

Beloved è usualmente letto come un maternal narrative incentrato sul rapporto madre figlia. Nell’opera di Morrison il legame è letto in una concettualizzazione pre-edipica e semiotica, verificata anzitutto dalla fisicità del rapporto e finanche nel registro linguistico tra madre e figlia; dappiù, il fatto che il testo sia un archetipo di un romanzo sul femminile, non ne vincola l’interpretazione: Beloved non va letto come rappresentazione della dicotomia femminile-maschile. Invero, il romanzo sottolinea la binarietà dei suoi temi non solo a livello relazione, ossia fra due temi, ma anche all’interno di un tema stesso, ne è un esempio la dialettica presente in Beloved che raffronta l’archetipo della maternità con l’esperienza storica della schiavitù. Inoltre, tutti i temi centrale del testo non sono intesi in senso essenzialistico, bensì sono rapportati agli opposti; dunque, per comprendere appieno il discorso femminile di Beloved è necessario indagare la forma di identità maschile che Toni Morrison propone nel suo romanzo.

Se la scrittura è memoria ma non passato. “Beloved” di Toni Morrison

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La dialettica dell’assenza paterna e della presenza materna è duplicata nella narrazione: mentre la seconda è riportata nel testo, la prima vive quasi soltanto nelle allusioni della scrittrice, perché, come la prima, è fondata sul rapporto padre-figlio. Tale rapporto è infatti evidente in una delle scene più forti del romanzo, ovvero quella in cui in cimitero lo scalpellino violenta Sethe e suo figlio osserva immobile come se stesse assistendo a una lezione. Da questa sequenza narrativa è facile assimilare una domanda cruciale del motore narrativo di Beloved: si può essere un uomo e non uno stupratore? Nel romanzo il giudizio sull’identità maschile non può essere frainteso: l’uomo è inaffidabile e inadeguato, le quali non sono altro che manifestazioni dell’assenza del maschio. A ciò si affianca una scrittura che fa della metafora del freddo e del congelamento la sua peculiare comunicazione dell’assenza e permanenza immutabile, sicché il gelo evoca il potere della scrittura di bloccare il flusso e il movimento della parola, e della solidificazione dell’identità e della permanenza.

Se la scrittura è memoria ma non passato. “Beloved” di Toni Morrison

Beloved, pertanto, è un romanzo sui poteri rischiosi e necessari della presenza, dell’oralità e della fusione, in cui la scrittura è l’indicatore della possibilità sia di amare al di là, sia, un legame stabilito sulla base della differenza e del rispetto, di amare dentro; ecco, allora, che la storia non va collocata se non accanto a questi elementi. Tutte queste tensioni emotive e narrative convergono in Beloved, in cui, nei suoi ultimi passaggi, la rinnovata dialettica fra scrittura e voce, presenza e assenza, ribadiscono le allegorie chiave del testo: la traccia, le impronte, il ghiaccio, l’acqua, il respiro, il vento, il disgelo.

 

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Tuttavia, con il tempo, queste componenti tendono a sparire, ma al contempo comprovano come questa storia non sia qualcosa da trasmettere – It was not a story to pass on –, bensì un dono di immaterialità che si rende evanescente e regala la dimenticanza liberatrice. Resta, però una domanda al termine del romanzo, ossia come si può tenere la memoria ma dimenticare i fantasmi di Beloved? Morrison pare suggerire che sia proprio la scrittura a permettere questa operazione. La storia resterà, e questo ci solleva dal doverla trasmettere, perché è lei che parla e lo fa accanto a noi.


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