Scrivere è perdersi nell’infinito. Gli scrittori e i loro segreti
A qualsiasi titolo o per qualsiasi ragione si pratichi la scrittura per ottenere dei buoni risultati sono necessari non solo passione, inclinazione, talento, ma anche molto esercizio e metodo.
D’altronde proprio qui per Sul Romanzo si parla tutti i giorni di questo.
Va detto che coi social o grazie ai social sembra a prima vista tutto molto più semplice e immediato.
Ma cosa significa davvero scrivere e com’è la vita di chi vi si dedica a tempo pieno o quasi?
Soltanto gli scrittori – una categoria vista a volte un po’ fuori dal mondo sempre chiusi nelle loro stanze e la cui attività nemmeno considerata un lavoro – possono dirlo ed è quello che deve aver pensato Mariano Sabatini, già autore televisivo e volto Rai, giornalista e scrittore anche lui, vincitore dei Premi Flaiano e Romiti con L’inganno dell’ippocastano da cui è nato il personaggio di Leo Malinverno, che lo ha chiesto a molti suoi colleghi e trasposto in un saggio dal titolo Scrivere è l’infinito. Tecniche, rituali e manie dei grandi narratori, pubblicato da Vallecchi Firenze, casa editrice storica rinata agli inizi di quest’anno.
Firme autorevoli del panorama letterario italiano e straniero, tra cui qualcuno non più in vita come Andrea Camilleri, o Elda Lanza amica personale dell’autore, in cui riporta delle belle e proficue chiacchierate a tema oppure il sentire lasciatoci in eredità da Gabriel García Márquez.
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Complessivamente un centinaio circa – arduo nominarli tutti in questa sede – “il re” Stephen King, Grazia Verasani, Bianca Pitzorno, Giuseppe Culicchia, Elena Ferrante, Joe Landsale, Gianrico Carofiglio, Sandro Veronesi, Licia Troisi, Andrea Vitali, Valerio Massimo Manfredi, Ferdinando Camon e tanti altri tra cui qualcuno che verrà citato più avanti.
Il taglio non è quello dell’intervista e non si tratta di un manuale di scrittura creativa. È piuttostoun libro di percorsi e di esplorazioni personali, espresse in un dialogo a più voci, dove ciascuno narra la propria esperienza come autore. Le opinioni che emergono non solo sono diverse, ma in molti casi opposte perché si tratta, per l’appunto, di esperienze in cui ognuno porta la propria. Unica e insostituibile. Ed è nelle spigolature delle differenze che si trovano sempre nuovi spunti o nuove idee per migliorare.
L’inizio appartiene all’autore stesso che esordisce con un’affermazione piuttosto perentoria:
«Scrivere non è per tutti né alla portata di tutti. Bisogna dirlo, a costo di apparire politicamente scorretti, cosa che non va molto di moda in questo secolo. A parte la faccenda dei verbi ben coniugati, la conoscenza delle parole, il gusto nello sceglierle e nell’assemblarle, al di là del fraseggiare più o meno elegante, scrivere in modo professionale è per pochi. Ed è un lavoraccio, perlopiù mal pagato, che alla fine della giornata davanti al PC vi lascerà con gli occhi di bragia e le ossa rotte. Meglio essere chiari, affinché nessuno abbia a reclamare. Sono moltissimi, troppi, a pubblicare tra l’altro; con editori seri, tradizionali, come con quelli a pagamento o attraverso il self-publishing. A fronte di un numero di lettori sempre più esiguo. Il che induce la sensazione che qualcosa non torni. Tanti che scrivono e pochi che leggono».
L’intento sembra quello non certo di disilludere le persone o fare della morale ma piuttosto essere consci di ciò in cui ci si imbatte quando si parla di scrittura.
Lisa Ginzburg, semifinalista al Premio Strega di quest’anno e fra le autrici “interrogate”, sostiene debba essere considerata e trattata al pari di tutti mestieri e dunque retribuita il giusto. C’è la fatica ma ci sono le soddisfazioni, aggiunge.
L’importanza della lettura accomuna tutti. Impossibile essere scrittori senza prima essere dei buoni lettori. Leggere tanto e bene, com’è specificato anche nel volume. A tal proposito Sabatini dedica il proprio lavoro alla madre che gli ha trasmesso l’amore per la lettura e “per la gioia di creare”, evidenziando in tal modo l’alto valore dell’educazione alla lettura.
Nel cammino si apprendono gli stili altrui riuscendo a creare il proprio. Emulare, sperimentare e imparare adistinguersi sono unite fra di loro e avere una propria voce è un traguardo decisivo per chi voglia intraprendere questa carriera. Ma questo lo si può raggiungere attraverso una lettura più consapevole e attenta.
Il tuo stile sei tu, chiarisce Lidia Ravera. Mentre per Marcello Fois funziona come per la pittura: ci tiene cioè che chi inizia a leggere un suo romanzo dica: «È un Fois» senza aver visto la copertina o sapere che lo ha scritto lui. Per Dacia Maraini è musicalità e odia le ripetizioni di parole.
In questo campo difficile da definire pare essere la semplicità. Non deve significare piattezza, ciò che conta è la chiarezza o la limpidezza, sostengono Barbara Baraldi e Daria Bignardi.
Quanto all’ispirazione se qualcuno pensa che si manifesti come un fulmine proveniente dal cielo si sbaglia.
«L’ispirazione non esiste, è un cascame romantico. Esistono le intuizioni, lampi che somigliano a visioni. Ma non si scrive con l’ispirazione, si scrive con la costanza e l’ostinazione. D’altronde proprio “L’ostinazione” ricordava Philip Roth “ha salvato la mia vita, non il talento”».
Le idee migliori possono venire facendo nulla di particolare come per Cristina Comencini o Amitav Ghosh che ritiene sia meglio staccare e fare pausa o c’è chi come Paolo di Paolo arrivano nel dormiveglia.
Il contraltare, se così si può dire, è il dotarsi di una certa disciplina per mettere le idee per iscritto, che sia su carta o sul più utilizzato pc, e poco importa se lo si fa di mattina, sera o notte, nel silenzio della propria casa o all’interno di un bar affollato. Ognuno ha le sue preferenze e in Scrivere è l’infinito troverete numerosi aneddoti a riguardo, da Raoul Montanari che si fa una prima programmazione del nuovo romanzo con tanto di scaletta e chi scrive nella mente e poi si incolla alla sedia fino a perdere la percezione del tempo come Melania Mazzucco o Simona Vinci. Gabriella Genisi non ha mai composto un solo rigo stando seduta, ma sempre a letto, fino a mezzanotte.
Maurizio De Giovanni «rimane inchiodato al PC otto ore al giorno» per un mese.
Secondo Piero Degli Antoni ispirazione fa proprio rima con disciplina ribaltando l’assunto che li vedrebbe due concetti opposti o inconciliabili.
Come si può notare ogni argomento relativo all’arte della scrittura è legato in maniera indissolubile.
Si crea quasi un effetto a cascata che coinvolge l’essenza stessa di tale arte.
Impossibile ad esempio scindere quello di cui si è parlato finora senza coinvolgere altri ambiti, come le passeggiate all’aria aperta o le ricerche fisiche o in rete per trovare l’ambientazione a una storia da raccontare, oppure ancora il cosiddetto incubo da pagina bianca intorno al quale si è ormai creato un mito.
Non tutti lo considerano tale, però. Per molti il vero incubo sono i contenuti irrilevanti o privi di spessore. Lidia Ravera e Romana Petri non hanno questa paura. Marco Vichi molla direttamente quando si sente demotivato e quindi alla pagina bianca non ci arriva.
Molto interessanti sono i modi di approcciarsi quando c’è da dare il titolo all’opera o quando si inizia un testo. Un giusto incipit è quanto di meglio possa esserci, perché un incipit «forzato più che debole», chiarisce Sabatini, può condizionare il resto a venire, e non per forza si deve iniziare con esso ma si può avere già in mente il finale e iniziare da questo. Non ci sono dettami preordinati.
«Fruttero & Lucentini dedicarono un libro ai migliori “attacchi” dei romanzi della letteratura. Ne scelsero 757, di facili e meno facili, e allestirono addirittura un quiz in merito».
C’è poi il dietro le quinte. Ovvero il fatidico momento delle correzioni e qui il lavoro dei professionisti del settore si rivela quantomai prezioso: gli editor e i correttori di bozze.
Se la narrativa ha i suoi tempi, c’è da ricordare che li ha altrettanto l’editoria e armarsi di pazienza quando si invia il proprio dattiloscritto alle case editrici è un consiglio più che spassionato. Tuttavia quando arrivano i risultati le gratificazioni superano di gran lunga gli ostacoli:
«Dopo tanti mesi di fatica alla tastiera e di sopportazione delle attese, avere finalmente il libro tra le mani è la vera gioia. Come sapere che le proprie storie raggiungeranno tante persone».
Se lavorare stanca, anche “Scrivere stanca”, titolo del capitolo dedicato ai mali fisici di cui soffre chi sta ore alla tastiera; discorso da non sottovalutare.
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Scrivere è l’infinito offre dunque un valido aiuto per farsi una ragione di alcune obiettive difficoltà, in particolare quando si è alle prime armi nel settore. Gli altri invece avranno modo di curiosare nella vita delle scrittrici e degli scrittori.
Esperienze dirette, suggerimenti espressi o velati ma anche sogni e ambizioni: nel libro a prevalere è comunque l’ottica realistica con l’accortezza di non demoralizzare nessuno. La vita vissuta e un certo modo di intendere la vita come scrittori, questo è il punto di partenza e non di arrivo, «perché se scrivere è l’infinito del verbo, scrivere è perdersi nell’infinito».
Per la prima foto, copyright: Towfiqu barbhuiya su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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