Scrittori tecnomani che temono il presente. White, Coupland, DeLillo a confronto
Edmund White (romanziere, critico, nonché autore di una famosa biografia su Jean Genet) oggi insegna scrittura creativa a Princeton e, intervistato da Serena Danna su «La Lettura» in occasione del premio letterario Gregor Von Rezzori 2014, ci dice che i suoi studenti sono pronti a scrivere su tutto, tranne che sulla contemporaneità, sulla realtà che li circonda e sul sistema economico e sociale che la controlla. Se devono parlare di un loro trauma personale o della loro vita sessuale non battono ciglio, ma se si chiede loro un’analisi sulla conflittualità sociale in cui sono immersi si ritraggono. Sono diventati più precisi e stringati nella scrittura rispetto a chi li ha preceduti, grazie anche all’effetto che la tecnologia ha avuto sulle loro dinamiche sociali: se devi stare nei 140 caratteri di Twitter, riuscendo comunque ad attirare l’attenzione, devi andare subito al cuore del problema e devi essere comprensibile al maggior numero di persone possibile. Questo porta a romanzi sempre più compressi, non soltanto nel numero di pagine, ma anche nella quantità di informazioni ed emozioni che l’autore vorrebbe offrire al lettore.
Lettore che, al pari dell’autore, ha subito una metamorfosi, iniziando, soprattutto nel corso del primo decennio del nuovo secolo, a cercare informazioni ed emozioni con più mezzi e a velocità sempre più elevata. Viene in mente l’articolo pubblicato sul «Finacial Time Magazine» qualche settimana fa dallo scrittore Douglas Coupland, in cui l’autore di Generazione X e de Il ladro di gomme, attraverso le vicissitudine del suo primo televisore (comprato nel 1995 e ceduto a uno sconosciuto al supermercato più di vent’anni dopo), ci ricorda come siano cambiati i nostri comportamenti, passando in pochissimi anni dalla TV (tutti abbiamo acceso la TV quando sono state colpite le torri gemelle a NYC) a Internet (Quanti hanno acceso la TV per vedere se nel 2009 Barack Obama era stato eletto come primo presidente afroamericano degli USA?).
Questo passaggio ha portato anche a una differenziazione e a una stratificazione della nostra sete di informazioni, che devono essere sempre più in modalità compressa e always on, ossia accessibili con qualsiasi strumento e in qualsiasi momento (pensiamo anche a Gli sdraiati di Michele Serra). Anche perché sembra davvero che, Don DeLillo docet, «qualunque novità offerta dalla tecnologia, che sia o no significativa, diventa immediatamente la cosa di cui abbiamo disperatamente bisogno […] senza preoccuparsi delle conseguenze […] La tecnologia prevale su qualsiasi scrupolo».
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Il mezzo e la nuova modalità di interconnessione che il mezzo offre diventano più importanti del “cosa” stia transitando fra noi e la Rete. Questa continua ansia di avere nuove informazioni, sempre più orientate e modellate su se stessi, senza prendersi il tempo di analizzarle, comprenderle e, perché no, calarle nel contesto sociale, economico in cui viviamo, può diventare assai rischiosa, soprattutto se non viene bilanciata dalla lettura di libri e autori che ogni tanto sollevino lo sguardo dal loro ego e dalla connessione a banda larga cui sono collegati.
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