Scrittori da (ri)scoprire – Vittorio G. Rossi
Vittorio Giovanni Rossi (Santa Margherita Ligure, 1898 – Roma, 1978) è uno scrittore doppiamente dimenticato, perché nel corso della sua avventurosa esistenza si è dedicato a un genere letterario che in Italia non è mai stato molto considerato: quello della cosiddetta “letteratura di viaggio”, che invece ha goduto di largo interesse in altri paesi europei, come ad esempio la Gran Bretagna, soprattutto nei secoli in cui chi poteva permettersi il classico Grand Tour attraverso le principali città europee ne scriveva spesso un resoconto destinato alla pubblicazione. Sono pochissimi gli scrittori italiani, almeno fino alla seconda metà del Novecento, ad aver scritto memorie di viaggio che non appaiano solo degli sfoghi introspettivi (come nel caso di Alfieri e Foscolo, che pure viaggiarono parecchio) anziché parlare al lettore in modo soddisfacente dei luoghi visitati. Per molto tempo è stato classificato come un grande scrittore di viaggio Emilio Salgari, autore di decine di romanzi d’avventure ambientati nei luoghi più disparati, che però li ha descritti saccheggiando le enciclopedie e senza averli mai visitati nella realtà.
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Vittorio G. Rossi, come si è firmato da giornalista e da scrittore, è invece un uomo che passa tutta la vita a viaggiare e a raccontare ciò che vedeva attorno a sé. Nasce alla fine del XIX secolo a Santa Margherita Ligure, frequenta l’Accademia Navale di Livorno e al principio degli anni Venti viene inviato a Trieste, dove dirige la squadra incaricata di riorganizzare parte della flotta abbandonata in quel porto dagli austriaci sconfitti. Rimane a Trieste per alcuni anni e fonda una scuola navale per la Guardia di Finanza in Istria, approfittando di tutte le licenze per viaggiare. Si imbarca spesso sulle navi mercantili, che offrivano la possibilità di effettuare viaggi lunghissimi prima dello sviluppo del trasporto aereo e inizia ben presto a scrivere i resoconti di queste sue esperienze.
Il suo primo libro, Le streghe di mare, esce nel 1930, ma ne seguono presto molti altri, tra cui Tropici (1934), Oceano (1938), Sabbia (1940), Cobra (1941), Pelle d’uomo (1943).
Nel dopoguerra, Vittorio G. Rossi è inviato speciale del «Corriere della Sera» e poi di «Epoca», il fortunato settimanale della Mondadori che dal 1950 al 1997 pubblica spesso grandi reportage illustrati, di cui diventa una delle firme di punta per tutti gli anni Sessanta e Settanta. Al principio degli anni Cinquanta, Vittorio G. Rossi è il primo giornalista non comunista ammesso a visitare l’Unione Sovietica, allora sotto la ferrea dittatura staliniana, che racconta nel libro Soviet, uscito nel 1952, ancora oggi una testimonianza preziosa su quel momento storico particolare.
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Parallelamente all’attività giornalistica, lo scrittore ligure pubblica molti altri libri, sempre ispirati dai suoi frequenti viaggi, da La Terra è un’arancia dolce (1961) a Maestrale (1976), edito un paio d’anni prima della morte, avvenuta nel 1978.
Santa Margherita Ligure, dove è nato ed è sepolto, gli ha dedicato uno spazio museale all’interno di Villa Durazzo, in cui è stato ricostruito il suo studio da scrittore, corredato dei cimeli di una vita da grande viaggiatore.
Lo stile di Vittorio G. Rossi è giornalistico, spesso ironico, attento a descrivere senza troppi fronzoli ciò che osserva di persona: protagonisti dei suoi libri sono in primo luogo la natura e l’ambiente dei luoghi in cui si muove, ancora decisamente esotici e difficilmente raggiungibili all’epoca dal turismo di massa, ma non mancano acute e interessanti notazioni antropologiche sulle popolazioni con cui entra in contatto.
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Questi grandi reportage possono quindi attrarre ancora oggi il lettore, conducendolo alla scoperta di mondi che sono stati senza dubbio trasformati, se non addirittura irrimediabilmente cancellati, dalla globalizzazione avvenuta negli ultimi decenni, che tra l’altro ha eliminato da gran parte degli spostamenti umani l’antico sapore dell’avventura.
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