Scrittori da riscoprire – Vittoria Aliberti Ronchey
Insegnante, traduttrice e scrittrice, Vittoria Ronchey (Reggio Calabria, 1925 – Roma, 2022) è stata una grande testimone dei cambiamenti epocali avvenuti nel mondo della scuola a partire dalle contestazioni del 1968.
Nasce come Vittoria Aliberti a Reggio Calabria, ma segue presto la sua famiglia nel trasferimento a Roma, dove studia negli anni tormentati della Seconda Guerra Mondiale. Si laurea in filosofia all’Università La Sapienza e vi rimane per un breve periodo come assistente del filosofo Guido de Ruggiero. Verso la fine degli anni Cinquanta sposa il giornalista Alberto Ronchey col quale, divenuto inviato speciale del Corriere della Sera, trascorre alcuni anni a Mosca, al tempo capitale dell’URSS, lavorando come addetta culturale dell’ambasciata italiana. Dal matrimonio nasce la figlia Silvia, oggi accademica e docente di cultura bizantina.
Tornata in Italia, Aliberti, che firmerà le sue opere come Vittoria Ronchey, insegna per molti anni storia e filosofia nei licei ed è da questa esperienza che nasce il suo libro più famoso, Figlioli miei, marxisti immaginari – Morte e trasfigurazione del professore (1975). Partendo dal suo punto di vista di docente, Ronchey traccia un ritratto impietoso della scuola degli anni Settanta, mettendone in evidenza i pochi pregi e i molti difetti: dal discutibile meccanismo di assegnazione delle cattedre alla dirompente presenza della politica, dalle incongruenze dei programmi ministeriali all’uso di incerti e fumosi “metodi sperimentali”, il quadro tracciato dall’autrice è impietoso e spesso surreale. Il libro ottiene un largo successo e per un certo periodo diventa un punto di riferimento per tutti coloro che si accostano ai problemi della scuola, fino ad essere citato da Enrico Berlinguer in un famoso discorso alla Camera dei Deputati.
Nonostante il successo di questo diario romanzato, Ronchey negli anni successivi continua a dedicarsi solo all’insegnamento e alle traduzioni, ed è soltanto dopo essere andata in pensione che torna con passione alla scrittura narrativa, mentre il marito accantona il giornalismo per la politica e ricopre per un breve periodo la carica di Ministro per i Beni Culturali nei governi Amato e Ciampi (1992 – 1994).
1944 (1992) è un intenso romanzo ambientato nella Roma occupata dai nazisti verso la fine della Seconda Guerra Mondiale: i protagonisti sono Roberto e Luisa, due matricole che si trovano a iniziare gli studi universitari in una Roma triste, affamata e confusa, divisa tra fascisti, partigiani, collaborazionisti e perseguitati, esattamente come era capitato all’autrice, coetanea dei personaggi, che attinge liberamente ai propri ricordi personali. Il romanzo ottiene un discreto successo ed entra nella cinquina dei finalisti del Premio Strega, poi vinto da Vincenzo Consolo.
Dopo Il volto di Iside (1993), Ronchey torna ai ricordi personali degli anni trascorsi in Russia con La fontana di Bachcisaray (1995), il cui titolo rimanda a un poema di Puskin, che vince il Premio Hemingway. Seguono Un’abitudine pericolosa (1997), storia di una donna assassina che si muove tra la Sicilia, Roma e New York e Dodici storie di fantasmi (1999), una raccolta di racconti all’insegna dell’inquietante e dell’inspiegabile ambientati nella Roma contemporanea.
Al termine di una vita lunga e intensa, Vittoria Ronchey è morta poche settimane fa a Roma, alla vigilia del suo novantasettesimo compleanno.
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