Scrittori da (ri)scoprire – Vasco Pratolini
A Vasco Pratolini (Firenze, 1913 – Roma, 1991) si devono alcuni romanzi che raccontano in modo impareggiabile la Firenze dei primi decenni del Novecento. Nato in una famiglia operaia, costretto a esercitare fin da giovanissimo i mestieri più disparati per mantenersi ma al tempo stesso furiosamente autodidatta, Pratolini vive la sua giovinezza in una Firenze culturalmente molto vivace e ricca di stimoli, dove frequenta gli ambienti delle riviste letterarie e scrittori come Palazzeschi, Bilenchi, Vittorini e Montale. Si sposta poi per lavoro in altre città, stabilendosi definitivamente a Roma, collabora con la Resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale e si iscrive al PCI, pubblicando i primi racconti e collaborando come sceneggiatore con diversi registi, tra cui Luchino Visconti.
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Verso la fine della guerra inizia a lavorare a Cronache di poveri amanti, un romanzo corale ambientato tra gli abitanti di una strada di Firenze nei primi anni del fascismo, che interrompe per dedicarsi a Cronaca familiare, storia autobiografica della morte prematura del fratello Ferruccio, scritto di getto in pochi mesi. I due libri escono con successo nel 1947 e in seguito lo stesso Pratolini collabora alle sceneggiature delle versioni cinematografiche, realizzate per il primo romanzo da Carlo Lizzani nel 1953 e per il secondo da Valerio Zurlini nel 1962, protagonista un grande Marcello Mastroianni.
Negli anni Cinquanta Pratolini pubblica diversi romanzi, ma il maggiore successo lo riscuote con Metello (1955), storia di un muratore fiorentino negli anni a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo, di cui lo scrittore racconta da un lato il coinvolgimento nelle prime lotte sindacali, dall’altro l’educazione sentimentale e i rapporti con tre donne diverse. Il romanzo finisce al centro di una forte polemica: una parte della critica lo considera il capolavoro della letteratura neorealista, mentre negli ambienti della sinistra militante si accusa lo scrittore di aver inserito troppo sentimento nella ricostruzione storica di un momento importante delle lotte operaie. Nel 1970 Mauro Bolognini dirige poi il film omonimo interpretato da un giovanissimo Massimo Ranieri.
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Metello diventa il primo volume di una trilogia con cui Pratolini si propone di creare un grande affresco della storia italiana: seguono infatti Lo scialo (1960) sulla borghesia che sostiene l’ascesa del fascismo e Allegoria e derisione (1966), sugli anni della Resistenza, ma nessuno dei due riesce a eguagliare il successo di Metello.
A partire dalla fine degli anni Sessanta, Pratolini abbandona quasi completamente la narrativa, pur continuando a collaborare alle sceneggiature di numerosi film e pubblicando delle raccolte poetiche. Quando muore, nel 1991, è già uno scrittore dimenticato, nonostante che dalle sue opere siano stati tratti film e sceneggiati televisivi anche in anni recenti: l’adattamento televisivo di Le ragazze di san Frediano, romanzo del 1952, è stato trasmesso dalla Rai nel 2007.
Nonostante che nel 2013 la città di Firenze gli abbia dedicato celebrazioni e convegni nel centenario della nascita, Pratolini continua a restare nell’ombra, pur essendo l’autore italiano da cui il cinema ha attinto di più in assoluto: Mondadori, che pure gli aveva dedicato due volumi della prestigiosa collana dei Meridiani, nel 2010 ha rinunciato ai diritti di pubblicazione, considerandolo evidentemente ormai privo d’interesse a livello di vendite. Per fortuna Rizzoli ha scelto di ristampare, a partire dal 2011, nuove edizioni dei principali romanzi, corredate da importanti prefazioni.
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Nessuno come Pratolini ha saputo raccontare certi momenti cruciali della storia italiana, spesso presentando come protagonisti degli antieroi, pieni di molti difetti tipici di una buona parte del popolo italiano: ed è questo, forse, che non gli è stato perdonato.
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