Scrittori da (ri)scoprire – Renata Viganò
Renata Viganò (Bologna, 1900 – Bologna, 1976) è stata una delle protagoniste della letteratura nata dalle esperienze della Resistenzae della guerra partigiana, di cui ha saputo descrivere in modo impareggiabile il non certo trascurabile contributo femminile.
Figlia di una coppia borghese, che la incoraggia negli studi e la manda a frequentare il liceo, Renata Viganò nasce a Bologna al principio del ventesimo secolo. Tra i tredici e i quindici anni riesce a farsi pubblicare due raccolte di poesie, ma poco dopo la famiglia subisce un pesante tracollo economico e la ragazza deve dire addio al sogno di proseguire gli studi e di conseguire un giorno la laurea in medicina a cui aspirava.
Nonostante le difficoltà, però, continua a coltivare entrambe le sue passioni: entra nel mondo del lavoro come inserviente in un ospedale di Bologna, diventando in seguito infermiera, ma contemporaneamente continua a pubblicare poesie, articoli e racconti su giornali e riviste. Alla fine del 1935 conosce Antonio Meluschi, poeta e giornalista, di parecchi anni più giovane di lei, che sposa nel 1937 e che la inserisce nell’ambiente politico degli oppositori del regime fascista, con gli amici poeti Roberto Roversi e Pier Paolo Pasolini.
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La svolta nella vita della coppia avviene dopo l’8 settembre 1943, quando Meluschi decide di unirsi ai partigiani e Renata Viganò lo segue, agendo soprattutto da staffetta e collegamento tra le diverse formazioni nascoste sull’Appennino attorno a Bologna, portando sempre con sé il figlio Agostino di appena sette anni. Il marito, inviato con altri bolognesi verso Bolzano, viene anche arrestato e torturato dalle SS, ma la fine della guerra li trova sani e salvi e felicemente riuniti a Bologna.
Dalle esperienze vissute fino alla liberazione nasce allora il primo romanzo della scrittrice, che rimane la sua opera più conosciuta: L’Agnese va a morire (1949), storia di una donna umile e già avanti negli anni, che dopo la morte del marito andato partigiano e del gatto, rimasto sua unica compagnia, ucciso brutalmente da un soldato tedesco, lascia la sua casa a Comacchio per entrare in clandestinità. Nella sua totale semplicità, Agnese rappresenta alla perfezione tutte quelle donne, spesso rimaste anonime, che diedero un contributo fondamentale alla guerra di liberazione.
Il libro piace moltissimo a Natalia Ginzburg, allora redattrice Einaudi, che ne caldeggia la pubblicazione, e riscuote un grande successo, arrivando secondo al Premio Viareggio.
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Nel 1952 esce Mondine, un libro inchiesta sul lavoro delle donne addette alla monda del riso nelle campagne della Lomellina, mentre in Donne della Resistenza (1955) Viganò raccoglie le biografie di ventotto donne antifasciste bolognesi cadute durante la guerra di liberazione. Il secondo romanzo, Una storia di ragazze (1962) è un racconto corale, le cui protagoniste sono donne provenienti da ambienti diversi ma accomunate dal fatto di essere tutte profondamente sottomesse al mondo maschile. Seguono alcune raccolte di poesie, mala scrittrice torna ancora una volta agli anni della Resistenza con la sua ultima opera, la raccolta di racconti Matrimonio in brigata (1976).
Nello stesso anno, mentre il regista Giuliano Montaldo gira un film tratto da L’Agnese va a morire, interpretato da Ingrid Thulin e Michele Placido, Renata Viganò si spegne nella sua Bologna, dopo una vita dedicata all’impegno civile come giornalista, narratrice e testimone di un momento fondamentale della storia italiana
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