Scrittori da riscoprire – Primo Levi
A dispetto del classico dualismo tra cultura umanistica e cultura scientifica, Primo Levi (Torino, 1919 – Torino, 1987) ha saputo fondere alla perfezione nelle sue opere la passione per scienze con quella per la scrittura.
Nasce a Torino da Cesare Levi ed Ester Luzzati, appartenenti entrambi a famiglie ebraiche piemontesi. Il padre è un ingegnere elettronico, che lavora per una grande azienda, viaggia spesso all’estero e favorisce nel figlio sia la passione per lo studio delle materie scientifiche, sia le buone letture. Diplomatosi al liceo D’Azeglio insieme all’amica Fernanda Pivano negli anni in cui vi insegnava il giovane Cesare Pavese, Primo Levi riesce a iscriversi alla facoltà di chimica appena prima dell’entrata in vigore delle leggi razziali, che da quel momento avrebbero impedito l’accesso agli ebrei, permettendo però di terminare gli studi a coloro che figuravano già iscritti.
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La morte del padre nel 1942 mette in difficoltà la famiglia, le leggi razziali rendono difficoltosa l’assunzione di ebrei e Levi riesce faticosamente a trovare lavoro in un’azienda farmaceutica solo trasferendosi a Milano. Qui frequenta gli ambienti antifascisti del Partito D’Azione e dopo l’8 settembre 1943 entra in una formazione partigiana in Valle d’Aosta.
Arrestato a dicembre dello stesso anno, Levi si dichiara ebreo anziché partigiano, evitando la fucilazione ma finendo nel campo di concentramento di Fossoli, da cui il 22 febbraio del 1944 viene caricato su un treno per Auschwitz. Rimane nel campo, lavorando in una fabbrica chimica, fino alla sua liberazione da parte dell’Armata Rossa, il 27 gennaio del 1945: evita la “marcia della morte” con cui i nazisti trasferirono altrove gran parte dei prigionieri del campo solo perché, ammalatosi di scarlattina, era stato ricoverato in infermeria, e lì abbandonato con gli altri malati.
Torna in Italia compiendo un viaggio avventuroso di diversi mesi attraverso l’Europa, si riprende fisicamente e inizia a scrivere un resoconto della sua esperienza ad Auschwitz, che rifiutato da Natalia Ginzburg, consulente Einaudi, ma anche da altri marchi prestigiosi viene pubblicato da una piccola casa editrice alla fine del 1947, con il titolo Se questo è un uomo, ma ottiene uno scarso successo. Nello stesso periodo Levi si sposa con Lucia Morpurgo e inizia a lavorare come chimico in una grande fabbrica di vernici.
Solo diversi anni dopo, nel corso di una serie di mostre ed eventi celebrativi del decennale della fine della guerra, Levi decide di riproporre una nuova stesura di Se questo è un uomo, che Einaudi pubblica finalmente nel 1958. Il libro viene tradotto e pubblicato in diversi paesi e il successo spinge l’autore a scriverne il seguito, La tregua (1962), che racconta il lungo viaggio di ritorno in Italia e che l’anno successivo vince la prima edizione del Premio Campiello. Nel 1997 il regista Francesco Rosi girerà anche il film omonimo.
Per più di un decennio Levi si divide tra il lavoro come chimico e la passione letteraria, a cui decide di dedicarsi a tempo pieno andando in pensione nel 1975. La chimica è però protagonista della sua opera successiva, Il sistema periodico (1975), una raccolta di racconti, ognuno dei quali è appunto dedicato a un elemento chimico, in cui si mescolano personaggi di fantasia ed elementi autobiografici. Nel 2006 la Royal Institution of Great Britain, storico ente divulgativo inglese, premierà Il sistema periodico come il miglior libro di scienza mai scritto fino a quel momento.
Al mondo del lavoro fa riferimento anche La chiave a stella (1978), un’altra serie di racconti legati dall’avere come protagonista Libertino Faussino, un tecnico che racconta le sue esperienze in giro per il mondo al seguito di grandi progetti industriali.
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Con Se non ora, quando? (1982), vincitore del Premio Campiello e del Premio Viareggio, Levi torna alla Seconda Guerra Mondiale, raccontando le avventure di un gruppo di partigiani ebrei polacchi che dopo aver combattuto i tedeschi sul fronte orientale compiono un lungo viaggio nell’Europa devastata per approdare a Milano e da lì raggiungere il nascente stato d’Israele. Nel saggio I sommersi e i salvati (1986), lo scrittore riflette ancora sugli effetti della Shoah, basandosi anche sulla sua intensa attività nelle scuole per sensibilizzare le ultime generazioni.
L’11 aprile 1987 Primo Levi viene trovato senza vita in fondo alla tromba delle scale del palazzo torinese dove abitava: la morte viene registrata come suicidio, anche se per alcuni parenti ed amici la caduta avrebbe potuto essere stata causata da un forte attacco di vertigini, malessere di cui lo scrittore soffriva da tempo.
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