Scrittori da (ri)scoprire – Piero Chiara
Piero Chiara (Luino, 1913 – Varese, 1986) è uno scrittore che ha goduto di una grande popolarità dagli anni Sessanta agli anni Ottanta del secolo scorso, grazie anche a diversi film e sceneggiati televisivi ricavati da suoi romanzi.
Nasce a Luino, figlio unico di padre siciliano e madre lombarda, e gode di un’infanzia libera e spensierata nel piccolo mondo di un paese in riva al lago Maggiore, dove ha per amici figli di pescatori e di contrabbandieri all’opera sul vicino confine con la Svizzera. Studente svogliato e indisciplinato, riesce a farsi bocciare in terza elementare, viene messo in collegio per frequentare il ginnasio, ma dopo due anni, nuovamente bocciato, lascia la scuola per fare l’apprendista fotografo. In seguito ottiene un diploma alle scuole professionali presentandosi da privatista, ma inizia a coltivare un amore particolare per la letteratura e ad approfondire la conoscenza di molti classici.
Dopo un paio d’anni di vagabondaggi, che lo portano in varie località francesi, a Roma e a Napoli, Chiara torna a casa per la chiamata alla leva, ma viene riformato. Su insistenza della madre partecipa a un concorso per entrare nell’amministrazione pubblica e diventa cancelliere: viene mandato in Friuli, ma dopo qualche anno ottiene il trasferimento al tribunale di Varese, dove si divide tra un lavoro che non sembra impegnarlo molto e numerose avventure sentimentali, conducendo quel tipo di vita da dongiovanni di provincia che racconterà poi molto bene nei futuri romanzi.
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Poco dopo il matrimonio con Jula Scherb, figlia di un medico svizzero, che si rivela fallimentare nonostante la nascita nel 1937 del figlio Marco, Chiara medita di emigrare in Bolivia, ma il progetto è interrotto dallo scoppio della Seconda guerra mondiale. Controllato dal regime per i comportamenti libertini e per la frequentazione di ambienti antifascisti, con l’avvento della Repubblica di Salò viene denunciato per aver esposto un busto di Mussolini nella gabbia degli imputati del tribunale e decide di fuggire in Svizzera, da cui fa ritorno alla fine della guerra dopo essere stato internato per qualche tempo in un campo profughi.
Proprio in Svizzera inizia la sua carriera letteraria, con la pubblicazione di una raccolta di poesie e la collaborazione con alcuni giornali del Canton Ticino, che continuerà a lungo anche dopo il ritorno a Varese, qualche tentativo di dedicarsi al commercio e infine la ripresa del vecchio lavoro di cancelliere. È Vittorio Sereni, amico d’infanzia e compagno di scuola a Luino, a convincerlo a dedicarsi alla narrativa e a favorire la pubblicazione presso Mondadori del primo romanzo, Il piatto piange (1962), accolto con favore dal pubblico ma che suscita qualche aspra discussione a Luino fra coloro che credono di riconoscersi nel suo impietoso ritratto del piccolo mondo del paese. Il secondo romanzo, La spartizione (1964), vince il Premio Selezione Campiello e nel 1970 Alberto Lattuada ne ricaverà il film di grande successo Venga a prendere il caffè da noi interpretato da Ugo Tognazzi. Quattro anni dopo anche Il piatto piange approda al grande schermo, mentre dopo Il balordo (1967), che vince il Premio Bagutta, Chiara proponeI giovedì della signora Giulia (1970), rifacimento di un vecchio thriller scritto anni prima per un giornale svizzero, che diventa uno sceneggiato Rai. Curiosamente, oltre a partecipare alla stesura delle sceneggiature, Piero Chiara si diverte a interpretare piccoli ruoli cameo in quasi tutti i film tratti dai suoi romanzi.
Oltre all’attività di romanziere, lo scrittore collabora a diverse testate giornalistiche, da «Epoca» al «Corriere della Sera», scrivendo spesso notevoli reportages su temi all’epoca scottanti: nel 1968 documenta con una serie di articoli pubblicati su «Epoca» le conseguenze del terremoto nel Belice e le mancanze dei progetti di ricostruzione.
Grande successo ottiene nel 1973 il romanzo Il pretore di Cuvio, ambientato negli anni Trenta, anche se, contro tutti i pronostici, nella finale del Premio Strega in cui era dato per favorito viene sconfitto da Allegri, gioventù di Manlio Cancogni. Chiara ne abbozza anche una sceneggiatura, ma il progetto di ricavarne un film fallisce e solo molti anni dopo la sua morte, nel 2013, uscirà Il pretore, ispirato al romanzo e interpretato da Francesco Pannofino.
La stanza del vescovo (1976) è considerato il romanzo più significativo di Chiara, che racconta una cupa vicenda ambientata nel 1946 in una villa padronale sul lago Maggiore: anche questo romanzo diviene un film, diretto da Dino Risi e interpretato da Ugo Tognazzi e Ornella Muti.
Negli anni Settanta, all’apice del successo, Chiara affianca ai romanzi la stesura di alcuni saggi importanti, dedicati a figure del passato che lo hanno affascinato. Pubblica infatti Vero Casanova (1977), una raccolta di saggi scritti nel corso degli anni sul celebre avventuriero veneziano, mentre la Vita di Gabriele D’Annunzio (1978) rimane a lungo nella classifica dei libri più venduti.
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Lo stesso anno esce il romanzo Il cappotto di astrakan, il cui protagonista lascia il varesotto caro allo scrittore per vivere le sue avventure a Parigi, approdato sugli schermi nel 1980 con la regia di Marco Vicario e l’interpretazione di Johnny Dorelli.
Una spina nel cuore (1979) e Vedrò Singapore? (1981) confermano il grande successo di Chiara sia presso il pubblico, sia presso la critica. Negli anni successivi lo scrittore si cimenta anche nei libri per bambini, pubblicando Le avventure di Pierino al mercato di Luino (1980), pubblica diverse raccolte di racconti, si impegna in politica con il Partito Liberale, candidandosi anche senza successo alle elezioni europee del 1984 e per diversi anni dirige il mensile del Touring Club, battendosi in prima persona contro la speculazione edilizia attraverso una serie di editoriali.
Colpito da un tumore, Piero Chiara muore a Varese alla fine del 1986.
Scrittori da riscoprire - Sibilla Aleramo
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