Scrittori da (ri)scoprire – Nicola Lisi
Grande cantore della campagna toscana, Nicola Lisi (Scarperia, 1893 – Firenze, 1975) nasce in un piccolo paese del Mugello a cui rimarrà profondamente legato per tutta la vita, e che diventerà lo scenario in cui ambientare le sue narrazioni.
Figlio di un piccolo proprietario terriero, cresce in campagna insieme a una cugina rimasta orfana, Margherita Guidacci, destinata a diventare poetessa e traduttrice di spicco, quindi termina gli studi come perito agrimensore a Firenze e viene assunto con quella qualifica dall’ufficio tecnico della provincia. Combatte in Friuli nel corso della Prima Guerra Mondiale, quindi si stabilisce definitivamente a Firenze con moglie e figli, frequentando il vivace ambiente letterario della città, gli artisti e i letterati che si riuniscono abitualmente allo storico caffè delle Giubbe Rosse. Grande appassionato d’arte, inizia anche a collezionare quadri dei pittori emergenti, come l’amico Ottone Rosai.
Profondamente religioso, si lega ad altri autori di estrazione cattolica, soprattutto Piero Bargellini (futuro sindaco di Firenze all’epoca della disastrosa alluvione del 1966) e Carlo Betocchi. Con loro fonda prima il Calendario dei pensieri e delle pratiche solari, una specie di almanacco in cui racconti, aforismi e proverbi erano pubblicati seguendo il ritmo delle stagioni, dei fenomeni naturali e dei lavori agricoli, e qualche anno dopo la rivista Il frontespizio, a cui collaboreranno, fra gli altri, Ardengo Soffici, Carlo Bo e Giovanni Papini.
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In questi anni Lisi sperimenta diversi generi letterari e scrive opere teatrali, tra cui L’acqua (1928), diari, favole e racconti: Favole (1933) è appunto il titolo di una raccolta di prose di varia lunghezza, in cui lo scrittore appare sempre alla ricerca di un equilibrio tra mondo della natura e mondo dello spirito, immerso in uno stupore contemplativo che gli fa collocare la Provvidenza divina al centro di tutta l’esistenza umana.
Scarperia, il paese natale, diventa protagonista di Il paese dell’anima (1934), in cui il racconto di fatti e persone della vita quotidiana diventa il punto di partenza per riflessioni sul mistero del mondo che ci circonda.
Nel 1942 esce il romanzo più importante di Lisi, Diario di un parroco di campagna, che descrive tre anni di vita di don Antonio, un anziano parroco di uno sperduto paese nella campagna toscana, ispirato in buona parte alle reali esperienze di un sacerdote lontano parente dello scrittore.
Spesso paragonato al quasi omonimo Diario di un curato di campagna di Georges Bernanos, il romanzo di Lisi esprime in realtà una visione assai meno tragica e pessimista rispetto a quella espressa dallo scrittore francese, il cui protagonista era un giovane sacerdote inquieto e tormentato: Don Antonio sembra trarre serenità e pace interiore dal semplice mondo contadino in cui è immerso quotidianamente e dal contatto con la natura. Il romanzo ottiene un grande successo e viene tradotto in diverse lingue.
Gli anni della guerra segnano profondamente Lisi, che in Amore e desolazione (1946) racconta la vita a Firenze sotto i bombardamenti. Seguono opere in cui il misticismo sembra prendere il sopravvento rispetto al mondo reale, come nei racconti della Nuova Tebaide (1949), in cui protagonisti sono gli angeli, e nelle opere teatrali La via della Croce (1953) e Aspettare in pace (1957).
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Seguono altre raccolte di testi perlopiù brevi: La faccia della terra (1960), Racconti (1961), Il seme della saggezza (1967).
Con Parlata dalla finestra di casa (1973) Lisi consegna ai lettori una sorta di autobiografia artistica e spirituale, in cui gli importanti ricordi di una lunga vita a contatto con scrittori e artisti vengono narrati non in ordine cronologico, ma secondo libere associazioni di idee e immagini: due anni dopo lo scrittore si spegne nella sua Firenze.
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