Scrittori da riscoprire – Mario Tobino
Mario Tobino (Viareggio, 1910 – Agrigento, 1991), medico prima ancora che scrittore, è uno dei grandi narratori della follia e del disagio psichico, temi ricorrenti in gran parte delle sue opere, trattati dal punto di vista di uno psichiatra impegnato per decenni sul campo.
Dopo un’infanzia spensierata e un’adolescenza ribelle, che lo porta a concludere gli studi in modo fortunoso, si iscrive alla facoltà di medicina a Pisa e poi a Bologna, dove si laurea nel 1936. In seguito si specializza in neurologia e psichiatria e nel 1939 inizia a lavorare all’ospedale psichiatrico di Ancona. Richiamato alle armi allo scoppio della Seconda guerra mondiale, viene inviato in Libia e in questo periodo inizia a scrivere poesie e racconti.
Nel 1942 Tobino viene rimandato in Italia e poco dopo inizia a lavorare all’ospedale psichiatrico di Maggiano, vicino a Lucca, dove rimarrà per quasi quarant’anni e che nei suoi libri sarà ribattezzato Magliano. Partecipa anche alla Resistenza in Toscana, ma il suo interesse principale diventa la cura della sofferenza psichica. Dopo alcune appassionate vicende sentimentali, di cui resteranno tracce nei libri futuri, si lega a Paola Levi, già moglie di Adriano Olivetti e poi amante di Carlo Levi, che diventa la sua compagna per il resto della vita.
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Già negli anni Quaranta Tobino inizia a pubblicare poesie e racconti, poi nel 1951 approda al romanzo con Il deserto della Libia, ispirato alle sue vicende belliche, a cui nel 1953 segue il primo libro dedicato alla sua vita da psichiatra, Le libere donne di Magliano, scritto da medico in prima persona sotto forma di diario.
Seguono alcuni libri di viaggi, finché Il clandestino (1962), ambientato durante la guerra partigiana, non lo porta a vincere il Premio Strega e a conquistare la notorietà, confermata dai successivi Sulla spiaggia e di là dal molo (1966), finalista al Campiello, e soprattutto Per le antiche scale, che vince il Campiello nel 1972: si tratta di una raccolta di racconti, in ognuno dei quali si narra la vicenda di uno degli ospiti o dei medici dell’ospedale psichiatrico in cui lavora Anselmo, alter ego dello scrittore. Per molti anni Tobino collabora anche al Corriere della Sera, mentre nel 1979 esce un altro libro di successo, Il perduto amore.
Alla fine degli anni Settanta Tobino si impegna attivamente contro l’attuazione della legge Basaglia, che avrebbe portato alla chiusura dei manicomi in Italia. La sua avversità a questa legge riguardava la mancanza di un’alternativa valida per tutti quei malati di mente gravi, per cui non sarebbe stato possibile un vero reinserimento nella società, che effettivamente, negli anni successivi all’entrata in vigore della legge, si sono spesso ritrovati privi di sostegno e protezione, diventando in molti casi protagonisti di episodi tragici.
Con la chiusura di Maggiano, Tobino va in pensione e dedica al luogo dove ha trascorso gran parte della sua vita un altro libro, Gli ultimi giorni di Magliano (1982), a cui seguono ancora saggi, opere teatrali e per ragazzi, il romanzo Tre amici (988) in cui torna agli anni della gioventù bolognese. Nel 1991 muore improvvisamente ad Agrigento, dove si era recato per ritirare il Premio Pirandello.
L’ex ospedale psichiatrico di Maggiano ospita dal 2006 la Fondazione Mario Tobino, impegnata su più fronti: da un lato mantiene viva la memoria dello scrittore, dall’altro promuove studi e iniziative sia sullo studio del disagio psichico, in collaborazione con diverse università, sia sul recupero e sul riutilizzo delle strutture degli ex manicomi dopo la loro chiusura.
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A distanza di tanti anni, i romanzi di Tobino costituiscono ancora una valida lettura per chi sia interessato al tema della malattia mentale, perché nelle loro pagine si fondono perfettamente lo sguardo clinico del medico, che osserva e registra i fatti in modo scientifico, e la bravura di un narratore capace di raccontare tutto questo in modo empatico e accattivante.
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