Scrittori da (ri)scoprire – Marcello Venturi
Marcello Venturi (Seravezza, 1925 – Molare, 2008) è uno dei tanti scrittori maturati negli anni della Seconda Guerra Mondiale e della Resistenza, eventi che hanno influenzato gran parte della loro produzione letteraria.
Figlio di un capostazione, Venturi nasce nella stazione ferroviaria di Seravezza-Forte dei Marmi, dove si trova l’abitazione assegnata alla sua famiglia. Trascorre l’infanzia in Versilia, poi frequenta le scuole a Pistoia, dove rimane fino al 1943, seguendo i trasferimenti del padre. Arruolato a forza nell’esercito della Repubblica Sociale a Fornovo, dove la famiglia viveva al momento dell’armistizio, riesce a fuggire dalla caserma e a rifugiarsi nella campagna pistoiese, e qui rimane fino alla fine della guerra sperimentando la povertà dei contadini e gli episodi di guerra partigiana.
In quel periodo inizia a scrivere i primi racconti, che vengono pubblicati da Elio Vittorini sulla sua rivista «Il Politecnico». Subito dopo la guerra inizia a lavorare come giornalista e s’iscrive al PCI, entrando a far parte della redazione milanese del quotidiano ufficiale del partito, «L’Unità». L’esordio narrativo avviene nel 1952 con Dalla Sirte a casa mia, volume costituito da due racconti lunghi, che vince il Premio Viareggio Opera Prima. In quel periodo inizia a dirigere la pagina culturale milanese de «L’Unità», facendo amicizia con altri scrittori come Gianni Rodari e Salvatore Quasimodo e intrecciando una relazione con Anna Maria Ortese, che lo ricorderà in seguito nel suo romanzo Il cappello piumato.
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Ancora Vittorini, direttore della collana “I Gettoni” di Einaudi, gli pubblica nel 1956 Il treno degli Appennini, ma poco dopo l’invasione dell’Ungheria da parte dell’URSS spinge Venturi a lasciare il PCI e «L’Unità». Nel 1958 entra a lavorare nella casa editrice Feltrinelli, dove dirige la collana “Scrittori d’Oggi” dedicata agli esordienti.
Tra gli scrittori che pubblica c’è anche Camilla Salvago Raggi, giovane autrice piemontese, che diventa sua moglie poco tempo dopo e lo convince ad abbandonare Milano per trasferirsi nella sua villa di famiglia a Molare, un paesino in provincia di Alessandria.
Dopo i romanzi Vacanza tedesca (1958) e L’ultimo veliero (1962), Venturi scrive il suo libro più famoso, Bandiera bianca a Cefalonia (1963). Avendo letto con interesse il racconto di un reduce, l’autore decide di raccogliere altre testimonianze e compie anche un viaggio a Cefalonia, per ricostruire uno degli episodi più drammatici della Seconda guerra mondiale: l’eccidio di circa novemila soldati italiani di stanza sull’isoletta greca, trucidati dai tedeschi dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Il libro sviluppa un doppio racconto: quello di un ufficiale italiano che narra i fatti che portarono alla strage e quello del figlio che torna sull’isola molti anni dopo, sulle tracce del padre che non ha mai conosciuto.
Bandiera bianca a Cefalonia ottiene un grande successo e viene pubblicato in diversi paesi (ma non in Germania), portando a conoscenza del grande pubblico un episodio che fino a quel momento era stato pressoché ignorato.
Segue la raccolta di racconti Gli anni e gli inganni (1965), quindi Venturi si allontana da Feltrinelli, in polemica con l’avanguardia del Gruppo ’63 e anche con l’orientamento da guerrigliero assunto dall’editore. La sua delusione si riflette nei romanzi successivi L’appuntamento (1967) e Più lontane stazioni (1970), i cui protagonisti sono degli intellettuali in crisi.
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Negli anni successivi Venturi si isola dal mondo letterario, attaccato sia dalle avanguardie che criticano il neorealismo, sia dalla critica militante di sinistra che gli rimprovera il distacco dal PCI, ma scrive diversi altri romanzi: Terra di nessuno (1975) torna al tema della guerra, mentre Il padrone dell’agricola (1979) e Sconfitti sul campo (1982) raccontano il declino del mondo contadino. Sdraiati sulla linea (1991) è invece un resoconto dell’esperienza politica dello scrittore negli anni del PCI di Togliatti, composto soprattutto da ritratti di amici e compagni di partito dell’epoca.
Via Gorkij 8 interno 106 (1996) racconta invece la vita avventurosa di Julia Dobrovolskaja, italianista e traduttrice che Venturi incontra per la prima volta nel corso di un viaggio in URSS per occuparsi della traduzione dei suoi libri, e che dopo essere stata internata in un campo in qualità di dissidente riesce a espatriare per stabilirsi a Milano, dove sarà per molti anni docente di russo, oltre che traduttrice di autori importanti.
La raccolta di racconti All’altezza del cuore, pubblicata nel 2008, è l’ultima opera di Marcello Venturi, che pochi giorni dopo si spegne a ottantatré anni nella sua casa di Campale.
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