Scrittori da (ri)scoprire – Luisa Adorno
Toscana di nascita e siciliana d’adozione, Luisa Adorno (Pisa, 1921 – Roma, 2021) racconta come pochi altri la provincia italiana del secondo dopoguerra.
Nasce a Pisa nel 1921 come Mila Curradi: il fratello minore, Mauro (1925-2005) sarà a sua volta romanziere, oltre che operatore culturale presso diversi istituti italiani di cultura all’estero. Trasferitasi a Roma durante la guerra, Mila partecipa alla Resistenza, si laurea in lettere e per quarant’anni insegnerà italiano nelle scuole medie e superiori.
Conosce Cosimo Stella, di origini siciliane, lo sposa e per qualche tempo convive anche con i suoceri, iniziando a trascorrere parte delle vacanze estive nella casa di famiglia in Sicilia, in un podere sulle pendici dell’Etna: subisce da subito il fascino dell’isola, così diversa dalla sua regione d’origine, tanto che vi ambienterà quasi tutta la sua produzione narrativa.
L’esordio avviene nel 1962 con L’ultima provincia, per il quale sceglie, per rispettare la privacy familiare, lo pseudonimo Luisa Adorno: racconta infatti una storia profondamente autobiografica, ritraendo in modo vivace le peregrinazioni della famiglia del marito al seguito del padre, un prefetto trasferito spesso da una città all’altra, prima sotto il fascismo e poi nello stato repubblicano, che mantiene senza cedimenti la sua visione del mondo conservatrice e spesso incapace di comprendere i mutamenti della società.
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Il libro viene notato e apprezzato da Leonardo Sciascia, all’epoca già scrittore affermato dopo il successo del suo romanzo Il giorno della civetta, che molti anni dopo ne patrocinerà una nuova edizione presso l’editore Sellerio.
Bisogna infatti aspettare gli anni Ottanta per assistere alla vera fioritura della produzione narrativa di Adorno, per la quale la scrittura rimane un hobby secondario rispetto alla professione di insegnante, a cui si dedica con maggiore passione, mentre collabora con diverse riviste letterarie e si impegna in svariati progetti culturali.
Solo dopo la nuova edizione di L’ultima provincia (1983) Adorno pubblica un secondo romanzo, Le dorate stanze (1985), storia di un’amicizia fra tre ragazze negli anni Quaranta che si svolge nella Toscana dell’infanzia e dell’adolescenza, a cui segue Arco di Luminara (1990), che vince diversi premi, tra cui il Viareggio, ritratto di una famiglia patriarcale siciliana in bilico tra tradizione e innovazione.
Se la Toscana appare legata a ricordi più cupi a causa della devastante esperienza della guerra, la Sicilia viene descritta come una terra di elezione, calda e luminosa. Adorno scrive ricostruendo il suo passato recente, in un certo senso rivivendolo in forma critica grazie al distacco che c’è tra gli anni che descrive e il momento in cui lo fa. Interessante e ben calibrato è anche l’uso del dialetto, perché è impossibile raccontare la Sicilia senza ricorrere al dialetto, di cui in questa regione si continua a fare un uso più largo rispetto a ciò che accade in altre zone d’Italia.
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Seguono altri romanzi: La libertà ha un cappello a cilindro (1993), Sebben che siamo donne (1999), Tutti qui con me (2008), premiati con vari riconoscimenti, e i racconti di Come a un ballo in maschera (1995).
Direttrice per qualche tempo della Fondazione Sciascia, Luisa Adorno è morta pochi giorni fa, il 12 luglio 2021, appena tre settimane prima di compiere cento anni.
La casa editrice Sellerio, che ha pubblicato quasi tutti i suoi romanzi, ha appena inserito L’ultima provincia nella sua nuova collana di narrativa “Promemoria”, che ha lo scopo meritorio di riproporre ai lettori titoli di pregio del catalogo editoriale spariti da tempo dalle librerie.
Scrittori da (ri)scoprire – Giorgio Saviane
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