Scrittori da (ri)scoprire – Luciano Bianciardi
Luciano Bianciardi (Grosseto, 1922 – Milano, 1971), giornalista e animatore culturale oltre che scrittore, è una delle figure più inquiete del secondo dopoguerra italiano.
Nasce a Grosseto poco dopo la presa del potere da parte di Mussolini. Il padre è un cassiere di banca, la madre una maestra elementare molto esigente, che per tutta la durata degli studi sprona il figlio ad ottenere i risultati migliori, oltre a fargli apprendere fin da piccolo la musica e le lingue straniere.
Iscritto alla Scuola Normale di Pisa nella Facoltà di Lettere e Filosofia, Bianciardi viene chiamato alle armi nel 1943 e inviato in Puglia. Dopo l’armistizio dell’8 settembre si aggrega alle forze alleate come interprete e con loro risale verso nord, tornando a Grosseto verso la fine del 1944. Qui riprende gli studi universitari interrotti a causa della guerra e si iscrive al Partito d’Azione, restando però profondamente deluso dal suo scioglimento, avvenuto nel 1948. L’anno successivo sposa Adria Belardi, da cui avrà negli anni successivi i figli Ettore e Luciana, mentre inizia a scrivere per qualche giornale e a insegnare prima inglese, poi filosofia nelle scuole. Nominato direttore della Biblioteca Chelliana di Grosseto, che era stata gravemente danneggiata dai bombardamenti durante la guerra, Bianciardi si inventa un “bibliobus” con cui portare i libri in giro per la città e il suo circondario, un’idea di grande successo poi ripresa in molti altri luoghi.
Grande amico di Carlo Cassola, realizza insieme a lui una grande inchiesta sulle condizioni di vita dei minatori che vivevano a Ribolla, un paesino che Bianciardi frequentava con il suo bibliobus: ma nel 1954 un’esplosione nella miniera causa quarantatré morti e lo scrittore, sconvolto da questa tragedia, decide di accettare un’offerta per trasferirsi a Milano, dove Giangiacomo Feltrinelli stava aprendo la sua casa editrice.
I minatori della Maremma (1956) viene pubblicato in volume da Laterza, diventa un piccolo classico tra i libri d’inchiesta e sarà ripubblicato più volte.
La Milano degli anni Cinquanta è una città in pieno fermento, dove però Bianciardi stenta ad ambientarsi: Feltrinelli lo fa lavorare soprattutto come traduttore di grandi autori come Faulkner e Steinbeck, lo licenzia presto per scarso rendimento ma poi gli pubblica il primo romanzo, Il lavoro culturale (1957), una storia autobiografica che racconta gli anni della sua formazione toscana.
Nel frattempo lo scrittore, che ha lasciato la famiglia a Grosseto, è stato raggiunto a Milano da Maria Jatosti, scrittrice e giornalista conosciuta qualche anno prima, che diventa la sua compagna e gli darà un terzo figlio, ma presto la moglie viene al corrente della situazione e tronca i rapporti con lui.
Nonostante l’entusiasmo per il nuovo amore, Bianciardi rimane una persona irrequieta e instabile, anche se continua a scrivere con passione. L’integrazione (1959) è un altro romanzo autobiografico che racconta dell’arrivo a Milano di uno scrittore e del suo difficile inserimento nel mondo editoriale.
Con Da Quarto a Torino. Breve storia della spedizione dei Mille (1960), Bianciardi avvia subito dopo una serie di volumi ibridi, un po’ saggi divulgativi e un po’ romanzi storici, attraverso i quali intende in qualche modo riscrivere eventi salienti della storia italiana del secolo precedente, reinterpretandoli in un modo meno ufficiale e più vicino alla realtà quotidiana delle persone coinvolte. Seguiranno quindi La battaglia soda (1964), Daghela avanti un passo! (1969) e Garibaldi (1972).
Nel frattempo, però, esce anche il romanzo di maggior successo di Bianciardi, La vita agra (1962): seguito ideale de L’integrazione, racconta le vicende di un provinciale che arriva a Milano con l’idea di compiere un attentato per vendicare la morte di un gruppo di minatori, ma rimane irretito dalla vita della grande città.
Nel 1964 il regista Carlo Lizzani gira il film omonimo, interpretato da Ugo Tognazzi.
Nonostante il successo di libro e film, però, Bianciardi è sempre più inquieto e nemmeno il trasferimento a Rapallo con Maria e il loro figlio migliora le cose, tanto che il rapporto tra i due si logora e dopo qualche anno lo scrittore fa ritorno a Milano.
Aprire il fuoco (1969) riafferma ancora una volta la passione dello scrittore per la storia, raccontando un’insurrezione sul modello delle Cinque Giornate milanesi del 1848, ma ambientata nel 1959 e organizzata in un paesino ligure: è l’ultimo romanzo di Bianciardi, che consumato dall’alcool muore a Milano alla fine del 1971, un mese prima di compiere quarantanove anni.
Tra il 2005 e il 2007 sono usciti due volumi comprendenti la sua opera omnia, pubblicati da ISBN-exCogita sotto l’ironico titolo L’antimeridiano, a sottolineare l’indifferenza el mondo letterario nei confronti di uno scrittore originale e significativo.
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