Scrittori da riscoprire – Libero Bigiaretti
Libero Bigiaretti (Matelica, 1905 – Roma, 1993) appartiene alla folta schiera degli scrittori “fuori dal coro”: coloro che pur non esprimendo particolari tematiche di rottura, restano al di fuori dalle principali correnti letterarie e dalle mode.
Nasce a Matelica, in provincia di Macerata, ma pur mantenendo sempre un forte legame affettivo con le Marche, si trasferisce giovanissimo con la famiglia a Roma, dove esercita una quantità di mestieri senza poter seguire studi regolari a causa delle precarie condizioni economiche. Si impegna comunque la sera, da appassionato autodidatta, fino a conseguire la maturità al liceo artistico.
Esordisce come poeta, pubblicando la raccolta Ore e stagioni nel 1936, ma ben presto passa alla narrativa, anche se altre raccolte poetiche usciranno nei due decenni successivi.
Il primo romanzo, Esterina (1942), analizza in profondità la nascita, l’evoluzione e la fine di un rapporto sentimentale, e sarà solo il primo di una lunga serie di pubblicazioni, tra cui Un’amicizia difficile (1945) e Il villino (1946), fino a Carlone (1950), in cui lo scrittore ambienta le vicende nelle Marche della sua infanzia: la scrittura di Bigiaretti si differenzia profondamente sia dal dannunzianesimo, sia dalla retorica di regime che tendeva a influenzare tanti autori nel periodo tra le due guerre.
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Nell’immediato dopoguerra Bigiaretti, che scrive già su varie riviste, incontra Adriano Olivetti, che dopo alcune felici collaborazioni lo convince a trasferirsi a Ivrea per dirigere l’ufficio stampa della sua azienda. Bigiaretti, di idee marxiste, non condivide la visione utopistica del grande industriale, che giudica troppo paternalistica, tuttavia ne ammira la genialità e per alcuni anni si occupa dei rapporti tra l’Olivetti e la stampa, oltre a creare una rivista aziendale attorno a cui gravitano diversi intellettuali dell’epoca, tra cui Paolo Volponi e Geno Pampaloni: gli studi artistici gli permettono tra l’altro di collaborare attivamente anche con le sezioni di grafica e fotografia.
Con la morte improvvisa di Adriano Olivetti nel 1960, però, questa esperienza termina bruscamente e Bigiaretti lascia Ivrea per tornare a vivere a Roma, dove continua a lavorare come giornalista e traduttore.
I figli (1955) è un romanzo che continua la sua linea di analisi dei sentimenti, in questo caso dei rapporti familiari e delle difficoltà di comunicazione tra le generazioni, e vince il Premio Marzotto, mentre Il Congresso (1963) è frutto anche delle sue esperienze aziendali. Seguono diversi altri romanzi per tutti gli anni Sessanta e Settanta, tra cui La controfigura che nel 1968 si aggiudica il Premio Viareggio. Nello stesso periodo inizia una lunga collaborazione con la Rai, per la quale realizza trasmissioni culturali che vanno in onda per diversi anni.
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Dalla donna alla luna (1972) affronta il tema pregnante del rapporto tra uomo e tecnologia e della spersonalizzazione dell’individuo nei contesti industriali, senza dimenticare il ruolo e le responsabilità degli intellettuali, verso i quali lo scrittore non è mai troppo tenero. In altri romanzi, come Uccidi o muori (1958) e Abitare altrove (1989), prevale invece il tentativo di sperimentare ambiti diversi, scegliendo toni surreali, ma un elemento costante è quello della critica nei confronti dei protagonisti maschili, che spesso appaiono deboli e disposti a troppi compromessi rispetto alle figure femminili.
Oltre ai romanzi e alle raccolte poetiche, Bigiaretti è autore di numerose traduzioni e di due testi teatrali. Muore a Roma nel 1993 ed è sepolto a Vallerano, nella campagna viterbese, dove riposa anche Corrado Alvaro, di cui Bigiaretti aveva acquistato nel 1963 la casa in cui aveva vissuto per molti anni, facendone il suo rifugio personale.
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