Scrittori da (ri)scoprire – Laudomia Bonanni
Laudomia Bonanni (L’Aquila, 1907 – Roma, 2002) occupa sicuramente uno dei primi posti in un’ipotetica classifica delle scrittrici e degli scrittori dimenticati, benché il suo nome compaia più volte tra finalisti e vincitori di premi importanti come il Viareggio, lo Strega e il Campiello. Nasce a L’Aquila nel 1907 in una famiglia borghese: il padre era di famiglia baronale ma per vivere si è fatto commerciante, la madre è una maestra elementare, appassionata lettrice di Massimo D’Azeglio, tanto da chiamare la figlia col nome della protagonista del suo romanzo preferito, Niccolò de’ Lapi.
Laudomia si diploma maestra come la madre e a partire dal 1924 si dedica all’insegnamento in vari borghi abruzzesi, finendo spesso in luoghi sperduti e venendo in contatto con i bambini di un mondo rurale molto povero e arretrato: pur essendo una lettrice appassionata di D’Annunzio, che in quegli anni era all’apice del successo letterario, i racconti che inizia a scrivere quasi di nascosto sono realistici e molto lontani dalla retorica dannunziana e dal trionfalismo fascista.
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Nel 1930 ottiene finalmente una cattedra a L’Aquila, che manterrà fino al pensionamento, mentre nel 1938 l’organizzazione delle donne fasciste a cui è iscritta le affida un incarico presso il Tribunale dei Minorenni, presso il quale rimane a lavorare per molti anni anche dopo la caduta del fascismo: il contatto con il disagio minorile lascerà tracce profonde in tutta la sua produzione letteraria. In questi anni scrive soprattutto racconti per l’infanzia, che pubblica su riviste e successivamente anche in volume, ma presto passa alla narrativa per adulti: è la madre a credere fermamente nel suo talento letterario e a spingerla a spedire una raccolta di quattro racconti intitolata Il fosso a un concorso per inediti organizzato nel 1948 dagli “Amici della domenica” di Maria Bellonci, che hanno appena dato vita al Premio Strega. Bonanni vince e il libro viene pubblicato, ottenendo il favore della critica e vincendo due anni dopo anche il Premio Bagutta Opera Prima.
La maestrina abruzzese si ritrova così, improvvisamente, al centro di un mondo letterario nel quale non si sentirà mai del tutto integrata, nonostante l’amicizia con Maria Bellonci che la introduce nel suo salotto. Scrive molto e i suoi racconti vengono pubblicati su diversi giornali e riviste dell’epoca. Nel 1954 esce Palma e le sue sorelle, che raccoglie quattro storie di donne molto diverse tra loro, accomunate dal fatto di vivere le loro dure esistenze in un Meridione descritto senza alcuna pietà e da un punto di vista decisamente protofemminista.
Il primo romanzo, L’imputata (1960), è una grande vicenda corale, ambientata in un palazzo aquilano, di cui si raccontano le vite dei vari inquilini nel corso di un anno. Vince il Premio Viareggio, è finalista allo Strega e negli anni successivi viene tradotto e accolto con interesse anche in Francia e Spagna.
Il successo continua con L’adultera (1964), che si svolge durante la guerra e descrive il tradimento di una donna mentre il marito è al fronte. Finalista al Premio Campiello, viene pubblicato anche in Francia.
Poco tempo dopo Laudomia Bonanni lascia l’insegnamento per andare in pensione e si trasferisce a Roma, ma per alcuni anni deve affrontare una pesante crisi depressiva, peggiorata dalla morte della madre a cui era profondamente legata. Continua però a lavorare presso il Tribunale dei Minori e dalle molteplici esperienze maturate in quest’attività nasce Vietato ai minori (1974), un collage di racconti, in parte già apparsi su alcuni giornali, che trattano gli aspetti più delicati della devianza minorile e dell’infanzia violata. Il libro è finalista allo Strega e vince il Premio Napoli.
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Seguono La città del tabacco (1977), racconti di chiara impronta femminista, Il bambino di pietra. Una nevrosi femminile (1979), la cui protagonista è alle prese con il rifiuto della maternità, e Le droghe (1982), storia del controverso rapporto tra una madre e un figlio drogato. Quest’ultimo libro non incontra il favore del pubblico, tanto che tre anni dopo l’editore Bompiani rifiuta la pubblicazione del romanzo successivo, La rappresaglia, che uscirà solo dopo la morte della scrittrice.
Colpita dalla morte dell’amica Maria Bellonci, stanca dell’ambiente romano e incapace di adeguarsi ai tanti cambiamenti della società, tra cui la necessità per un artista di promuovere più attivamente le proprie opere, Laudomia Bonanni si ritira dall’attività letteraria fino alla morte, che la coglie ormai novantacinquenne per i postumi di una frattura femorale. È sicuramente una scrittrice da riscoprire, anche se pochi dei suoi libri sono reperibili nelle librerie, a volte per fortuna ristampati da qualche casa editrice minore: a L’Aquila è nata un’associazione culturale a suo nome che si propone di mantenerne viva la memoria attraverso numerose iniziative.
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