Scrittori da (ri)scoprire – Ignazio Silone
Ignazio Silone (Pescina, 1900 – Ginevra, 1978) è lo pseudonimo di Secondo Tranquilli, scrittore abruzzese tra i più trascurati dalla critica letteraria recente.
Sopravvissuto ad appena quindici anni, insieme a un fratello, al terribile terremoto che nel 1915 colpisce la Marsica e distrugge la sua famiglia, inizia presto a frequentare le leghe dei contadini e verso la fine della Prima guerra mondiale si avvicina al socialismo. Nel 1921 è accanto ad Antonio Gramsci nel momento della scissione di Livorno, quando una parte dei socialisti, in dissenso sull’atteggiamento da tenere nei confronti del fascismo montante, fonda il Partito Comunista. Lavora per qualche tempo per alcuni quotidiani, ma nel 1923, dopo la presa del potere da parte di Mussolini, decide di espatriare e vive per qualche anno tra Francia e Spagna, partecipando anche ad alcune missioni italiane a Mosca per le riunioni dell’Internazionale Socialista.
Inizia probabilmente da questi viaggi in Russia il distacco progressivo di Secondo Tranquilli dal comunismo, che porta alla nascita dello scrittore Ignazio Silone: espulso dal PCI per il suo dissenso dallo stalinismo e ricoverato in una clinica svizzera per tubercolosi, inizia a scrivere il suo romanzo d’esordio, Fontamara, pubblicato per la prima volta in tedesco nel 1933 e divenuto da subito un successo mondiale. Il romanzo è ambientato nella Marsica delle prime lotte contadine, e descrive con un realismo spietato la condizione miserabile dei braccianti (i “cafoni”) in cerca di condizioni di vita migliori, ma delusi dal fascismo che si schiera dalla parte dei grandi proprietari terrieri.
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Fino alla fine della Seconda guerra mondiale Silone svolge attività clandestine di supporto alla Resistenza europea, tanto da essere rinchiuso dagli svizzeri in un campo d’internamento. Alla fine della guerra torna in Italia, si schiera con i socialisti e viene anche eletto deputato, ma abbandona abbastanza presto la politica attiva per dedicarsi soprattutto all’attività letteraria, pubblicando romanzi come La scuola dei dittatori (1938), Una manciata di more (1952), Il segreto di Luca (1956), La volpe e le camelie (1960) e la raccolta di saggi Uscita di sicurezza (1965) che documenta il percorso del suo tormentato rapporto con il PCI. Grande successo ottiene il dramma teatrale L’avventura di un povero cristiano (1969) incentrato sul discusso personaggio di papa Celestino V, accusato di viltà da Dante per aver rinunciato al soglio pontificio, ma che agli occhi di Silone rappresenta l’essenza di una chiesa povera e pura, più fedele ai precetti evangelici.
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Silone si era definito «un socialista senza partito e un cristiano senza chiesa» ed è stata in gran parte la sua posizione di intellettuale difficilmente inquadrabile ad alienargli molte simpatie in Italia, mentre i suoi libri hanno goduto di una grande fortuna all’estero, soprattutto in Germania e in Francia: nel suo discorso di ringraziamento per il Nobel, nel 1957, Albert Camus sostenne addirittura che Silone avrebbe meritato il premio prima di lui. Un altro punto cruciale riguarda l’accusa di doppiogiochismo mossa a Silone per i rapporti con un ispettore della polizia politica, suo amico di gioventù, al quale avrebbe passato negli anni Venti notizie importanti sul Partito Comunista in cambio di un trattamento di riguardo verso il fratello Romolo, arrestato con l’accusa di aver organizzato il fallito attentato al re Vittorio Emanuele III, avvenuto il 12 aprile 1928 alla Fiera di Milano, che causò venti morti e altrettanti feriti. Romolo Tranquilli morì comunque nel 1932 per le torture subite in carcere, ma nessuno ha potuto esibire prove decisive di quest’attività spionistica di Silone, mai utilizzata del resto nemmeno dai suoi nemici all’interno del PCI nel corso dei feroci dibattiti del dopoguerra. Secondo Umberto Terracini, un altro protagonista della nascita del comunismo italiano, quello di Silone era stato addirittura un triplo gioco voluto dallo stesso PCI, per poter controllare da vicino i comportamenti della polizia fascista in cambio di qualche informazione poco importante.
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Di sicuro l’accusa di essere una spia non ha giovato alla reputazione di Silone, contribuendo a relegarlo nell’ombra proprio qui nel suo paese, nonostante il grande successo ottenuto all’estero: eppure questo scrittore è uno dei maggiori interpreti delle istanze sociali del mondo contadino oppresso, che anche nella narrativa è riuscito ben poche volte a far risuonare la sua voce con la stessa forza espressa da romanzi come Fontamara.
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