Scrittori da (ri)scoprire – Guido Piovene
Figlio unico di una coppia di nobili, Guido Piovene (Vicenza, 1907 – Londra, 1974) nasce a Vicenza, dove rimane a vivere fino alla prima adolescenza. L’ambiente è quello della provincia veneta benestante, cattolica e un po’ bigotta, che tornerà spesso nelle sue opere di narrativa. In seguito la famiglia si trasferisce a Milano, dove il giovane Guido frequenta gli ultimi due anni di liceo e si laurea in lettere alla Regia Università (poi Statale). In quel periodo stringe una forte amicizia con Eugenio Colorni, filosofo e politico antifascista vicino al movimento di Giustizia e Libertà che attira tanti intellettuali e scrittori, tra cui Carlo Levi e Gina Lagorio.
Fin dagli anni universitari Piovene si dedica al giornalismo letterario, collaborando a numerose riviste, al quotidiano «l’Ambrosiano» e poi al «Corriere della Sera», dove si ritrova con Dino Buzzati, Orio Vergani e Indro Montanelli. Alcuni suoi articoli di stampo antisemita, fra cui la recensione entusiastica al libro Contra Judaeos di Telesio Interlandi (all’epoca uno dei maggiori diffusori delle teorie fasciste sulla difesa della razza), determinano la rottura dell’amicizia con Colorni, che era di famiglia ebraica.
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Nel 1931 Piovene pubblica il suo primo libro di racconti, La vedova allegra, ma per i dieci anni successivi si dedica esclusivamente al giornalismo, trascorrendo anche lunghi periodi all’estero come inviato speciale. Solo nel 1941 torna alla narrativa con il romanzo epistolare Lettere di una novizia, che attraverso lo scambio di lettere di numerosi personaggi racconta la vicenda, ambigua e piena di risvolti sorprendenti, di una ragazza prossima a prendere i voti senza una reale vocazione.
Negli ultimi anni di guerra Piovene, che si trova a Roma, si avvicina sorprendentemente alla Resistenza e si riappacifica anche con l’amico Colorni, che muore in un agguato nel 1944. Pietà contro pietà (1946) e I falsi redentori (1949) sono romanzi ambientati nel periodo della guerra, ma negli anni successivi lo scrittore si dedica esclusivamente al giornalismo di viaggio, da inviato speciale per «La Stampa», pubblicando De America (1953) e soprattutto Viaggio in Italia (1957), trascrizione di una serie di trasmissioni radiofoniche scritte dopo aver percorso l’Italia in lungo e in largo, di cui racconta il tumultuoso sviluppo post bellico e i contrastati rapporti tra passato e presente. A detta di molti, Viaggio in Italia è il libro migliore di Piovene, e costituisce ancora oggi una testimonianza unica del periodo cruciale del secondo dopoguerra, dalla ricostruzione al boom economico.
La coda di paglia (1962) è un tentativo malriuscito dello scrittore di giustificare il proprio passato fascista, ma il libro suscita aspre polemiche e determina l’esclusione del romanzo successivo, Le furie (1963), storia di un ritorno a Vicenza e di una lotta con i fantasmi del passato, dalle selezioni di importanti premi letterari.
Il Premio Strega arriva però nel 1970 grazie al romanzo Le stelle fredde, un curioso e personalissimo omaggio a Dostoevskij. Nello stesso periodo Guido Piovene si ammala di una seria patologia neurologica: lasciata poco tempo dopo «La Stampa» per fondare nel 1974 «Il Giornale» insieme al grande amico Indro Montanelli, muore nello stesso anno in una clinica di Londra.
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Grande indagatore delle passioni umane, Piovene mescola le influenze della formazione cattolica all’interesse per l’illuminismo francese e racconta un mondo passato e decadente che non riesce comunque a dimenticare, ma è forse oggi più importante come saggista e importante testimone della sua epoca che come romanziere.
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