Scrittori da (ri)scoprire – Giulio Angioni
Conosciuto in primo luogo come antropologo, Giulio Angioni (Guasila, 1939 – Settimo San Pietro, 2017) è anche, con Sergio Atzeni e Salvatore Mannuzzu, uno dei primi esponenti della cosiddetta “Nuova letteratura sarda”, definizione che accomuna tutti quegli scrittori affermatisi, negli ultimi quarant’anni, che hanno messo la Sardegna, la sua cultura e la sua ricchezza linguistica al centro delle loro narrazioni: tra i più recenti, troviamo Marcello Fois, Michela Murgia, Milena Agus, Francesco Abate e molti altri.
Angioni nasce in una famiglia di agricoltori a Guasila, un piccolo borgo non lontano da Cagliari, dove frequenta l’università e si laurea in antropologia. Insegna in Francia e in Germania e diventa presto titolare della cattedra di Antropologia Culturale nella stessa Università di Cagliari. Pubblica numerosi saggi sul mondo dei contadini e dei pastori sardi, oltre che su vari temi riguardanti l’antropologia del lavoro, delle tecniche e dei metodi di produzione agricola.
Alla corposa produzione saggistica e alle collaborazioni con giornali, riviste e televisione, Angioni affianca presto i prodotti di una profonda vocazione letteraria. Esordisce nel 1978 con A fogu aintru/A fuoco dentro, una raccolta di racconti scritta in sardo e in italiano, in cui trasferisce in forma di narrazione gran parte dei temi che costituivano già la materia prima dei suoi lavori accademici.
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Segue una seconda raccolta di racconti, Sardonica (1983), quindi è la volta di parecchi romanzi, a partire da L’oro di Fraus (1988), che può essere considerato il capostipite dei numerosi romanzi noir di ambientazione sarda che sono stati pubblicati in seguito e che continuano ad avere uno spazio ragguardevole nelle librerie. Fraus, paese immaginario che si ispira ai luoghi dell’infanzia di Angioni, tornerà direttamente o indirettamente in gran parte delle sue opere successive: protagonista di questo primo romanzo è il sindaco del paese, che si trova a dover fare luce sul brutale omicidio di un ragazzino, scoprendo verità inconfessabili sul mondo che lo circonda.
Seguono Il sale sulla ferita (1990) e Una ignota compagnia (1992), nel quale l’ambientazione si sposta a Milano, per raccontare l’integrazione nella metropoli di un sardo che stringe amicizia con un migrante nero, suo compagno di lavoro. Entrambi i romanzi sono finalisti al Premio Viareggio.
Tra le numerose opere successive spicca Millant’anni (2002), che in sedici capitoli racconta sedici personaggi, nell’arco di tremila anni di storia dalla civiltà nuragica all’età contemporanea, per illustrare l’evoluzione nel tempo di Fraus, e ricordare al lettore le innumerevoli stratificazioni della civiltà che costituiscono il nostro passato.
Anche Le fiamme di Toledo (2006) è un romanzo storico, ambientato nel sedicesimo secolo, quando il regno di Sardegna era controllato dagli Asburgo spagnoli: il protagonista è un magistrato cagliaritano che, chiuso in una cella del carcere di Toledo dove è stato condannato al rogo dall’Inquisizione, rivede tutta la propria movimentata esistenza, rievocando fatti e personaggi realmente esistiti.
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Dopo altri romanzi che si svolgono nel mondo contemporaneo, come Gabbiani sul Carso (2010) che racconta un’oscura vicenda che si svolge tra Trieste e l’ex Jugoslavia negli anni successivi alla caduta del Muro di Berlino, Angioni torna al romanzo storico con Sulla faccia della terra (2015), in cui racconta le vicende di una bizzarra ed eterogenea comunità insediatasi in un’ex lebbrosario, situato in un’isoletta sarda, ai tempi delle guerre duecentesche tra Genovesi e Pisani per ottenere il controllo della Sardegna.
Negli stessi anni Giulio Angioni pubblica anche alcune raccolte di poesie, scritte parte in sardo e parte in italiano: muore nel 2017, dopo poche settimane di malattia, a seguito di un tumore.
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