Scrittori da (ri)scoprire – Giuliana Morandini
Giuliana Morandini (Pavia di Udine, 1938 – Roma, 2019) ha acquisito forse maggiore notorietà come saggista che come narratrice, ma da friulana è una delle migliori esponenti della letteratura di frontiera, in questo caso come testimone dei legami profondi tra i paesi della cosiddetta Mitteleuropa.
Trasferitasi presto a Venezia, con frequenti spostamenti a Roma, Morandini si afferma prima di tutto come critica letteraria e teatrale, oltre che studiosa della letteratura tedesca.
Il suo primo libro importante esula tuttavia da questi ambiti: E allora mi hanno rinchiusa: testimonianze dal manicomio femminile (1977) è infatti un saggio sulla condizione delle pazienti psichiatriche, negli anni in cui in Italia infuriava un’aspra battaglia per far chiudere i manicomi, considerati luoghi disumani, che sarebbe sfociata infine nell’approvazione della celebre legge Basaglia (o legge 180) del 1978. Il libro ottiene un grande successo e vince alcuni premi, tra cui il Viareggio per la saggistica.
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Nel 1978 esce il primo romanzo, I cristalli di Vienna, ambientato nella capitale austriaca. Con i successivi Caffè Specchi (1983), che si svolge a Trieste, e Angelo a Berlino (1987), finalista al Premio Campiello, in cui si parla della città tedesca prima della riunificazione, costituisce una trilogia, i cui temi dominanti sono l’identità perduta dei luoghi e il destino dei vinti, spesso dal punto di vista di personaggi femminili.
Negli stessi anni Morandini pubblica anche l’importante raccolta La voce che è in lei. Antologia della narrativa femminile italiana fra ‘800 e ‘900 (1980), in cui si occupa soprattutto di scrittrici e poetesse poco conosciute, e cura l’edizione delle Lettere al padre (1983) di Maria Celeste Galilei, la figlia monaca di Galileo Galilei che gli fu vicina e lo sostenne durante il processo per eresia.
La passione per la cultura germanica, unita a quella per il teatro, la porta a occuparsi anche dell’edizione in lingua tedesca dei lavori teatrali di Pier Paolo Pasolini, mentre nel saggio Da te lontano (1989) analizza l’ambiente culturale triestino, tornando ancora una volta al mondo della letteratura di frontiera che le è sempre congeniale.
Sogno a Herrenberg (1991) è invece un romanzo storico ambientato in Germania all’epoca della Guerra dei contadini del 1525, in cui Morandini dà voce agli artisti che si schierarono con i contadini in rivolta contro i principi e Lutero, inseguendo il sogno di un paese diverso: unisce così all’interesse per la storia tedesca una grande passione personale per la pittura.
Giocando a dama con la luna (1996) si svolge alla fine dell’Ottocento e racconta le vicende personali di Carl Humann, un ingegnere e archeologo berlinese che si trasferisce a Smirne inseguendo i miti del passato: scopritore dell’altare di Pergamo, incarna il tentativo di molti tedeschi di fondere la passione per la classicità con lo spirito militaresco di conquista che dominava in Germania alla fine del diciannovesimo secolo.
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L’interesse costante per la letteratura femminile ispira a Morandini ancora un saggio importante, Sospiri e palpiti. Scrittrici italiane del Seicento, che viene pubblicato nel 2001.
Nel 2006 esce infine il suo ultimo romanzo, Notte a Samarcanda, in cui i temi del confine e dell’incontro/scontro tra etnie e culture diverse si spostano dalla Mitteleuropa dei libri precedenti al mondo dell’Asia centrale, dove l’Islam è entrato in contatto prima con l’’ex Unione Sovietica e in tempi più recenti con l’espansione cinese.
Sempre attiva e interessata alle problematiche politiche e culturali del suo tempo, Giuliana Morandini si spegne a Roma nel 2019.
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