Scrittori da riscoprire – Gianni Brera
Giornalista, saggista e romanziere, Gianni Brera (San Zenone Po, 1919 – Codogno, 1992) non solo ha rivoluzionato il giornalismo sportivo italiano del secondo dopoguerra, ma è stato anche l’inventore di una impressionante quantità di neologismi che fanno ormai parte da decenni della lingua italiana.
Figlio di un sarto e barbiere e di una casalinga, Giovanni Luigi Brera nasce in un paese adagiato sulle rive del Po, in provincia di Pavia, e trascorre un’infanzia ricordata come felice, nonostante la povertà, in mezzo a boschi e campi coltivati.
La famiglia ha scarsissimi mezzi ma a lui, nato a diversi anni di distanza dai quattro fratelli che l’hanno preceduto, viene riservata la possibilità di frequentare l’università dopo che si è distinto fin dal principio negli studi. È anche un promettente calciatore, che fino a sedici anni milita in varie squadre giovanili tra cui una formazione del Milan, ma poi lascia lo sport agonistico per frequentare il liceo a Pavia e iscriversi alla facoltà di Scienze Politiche, mentre scrive già per qualche giornale sportivo.
Nel 1940 si arruola nei paracadutisti e viene reclutato dall’ufficio stampa della Folgore per scrivere articoli sulle sue esperienze militari e sportive, che finiscono anche su vari giornali, tra cui il principale quotidiano fascista, Il popolo d’Italia.
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Dopo l’8 settembre 1943 Brera viene assunto dal giornale di Pavia Il popolo repubblicano, sostenitore della Repubblica di Salò, ma subito dopo decide di scappare in Svizzera e quindi di unirsi alla Resistenza. Riesce a vincere la diffidenza dei partigiani, che non giudicavano certo positivamente le sue collaborazioni ai giornali di regime, grazie all’intervento di Aldo Aniasi, futuro sindaco socialista di Milano, e partecipa alle operazioni in Val d’Ossola.
Alla fine della guerra, mentre traduce e commenta una nuova edizione delle commedie di Molière, Brera è chiamato alla Gazzetta dello Sport, dove per qualche tempo si occupa di atletica, disciplina a cui si appassionerà fino a dedicarle diversi saggi. Memorabile un’intervista a Paavo Nurmi, mitico atleta finlandese, che Brera effettua in latino, unica lingua comune a entrambi.
Viene quindi inviato a seguire i grandi eventi sportivi di quegli anni, come le Olimpiadi di Londra del 1948 e il leggendario Tour de France vinto da Fausto Coppi nel 1949: le sue corrispondenze dal Tour fanno schizzare in alto le vendite della Gazzetta, di cui viene nominato direttore ad appena trent’anni. In seguito dirigerà la redazione sportiva de Il Giorno, poi Il Guerin sportivo, per approdare infine a La Repubblica, su cui scriverà per molti anni.
Per Brera i giornalisti sportivi si dividevano tra “amanuensi”, cioè forniti di grandi competenze tecniche ma scarsamente dotati quanto a stile e linguaggio, e “dannunziani”, cioè coloro che venivano da ottimi studi e usavano un linguaggio colto, ma spesso sprovvisto di un bagaglio tecnico: lui è il primo a fondere in sé cultura e competenza, scrivendo in un italiano di alto livello e corredando spesso i suoi articoli di dotte citazioni.
Quello però che lo rende celebre anche al di fuori del mondo dello sport è la paternità di neologismi che sono entrati nel linguaggio abituale anche di chi non è particolarmente interessato al mondo del calcio: pretattica, melina, goleador, centrocampista, intramontabile, atipico. E come non ricordare i soprannomi affibbiati agli sportivi? Gianni Rivera/Abatino, Gigi Riva/Rombo di Tuono, Eugenio Monti/Rosso Volante, Ruud Gullit/Simba, Felice Gimondi/Nuvola Rossa, e molti altri…compreso il Cavaliere riferito a Silvio Berlusconi.
Alla fine degli anni Sessanta, dopo aver già pubblicato una quantità ragguardevole di saggi sull’atletica, sul calcio e sul ciclismo, tra cui la bella biografia Io, Coppi (1960) e l’importante Storia critica del calcio italiano (1975), Brera decide di dedicarsi anche alla narrativa.
Il suo primo romanzo, Il corpo della ragassa (1969) racconta la storia di una giovane donna piuttosto disinvolta, ambientata negli anni del fascismo tra Pavia e Pianariva, un paese molto simile a San Zenone Po (dieci anni dopo Pasquale Festa Campanile ne ricaverà un film, accentuando la componente erotica della vicenda). Altri due romanzi successivi, La ballata del pugile suonato (1977) e Il mio vescovo e le animalesse (1983) sono ambientati negli stessi luoghi e formano la cosiddetta “Trilogia di Pianariva”, in cui Brera ci racconta un mondo rurale già estinto nel momento della stesura dei romanzi, rievocando anche l’atmosfera cupa degli anni del fascismo e della guerra partigiana nella bassa Lombardia.
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Scrittore più che prolifico, Brera aggiunge alla sua produzione anche testi teatrali, saggi sulla storia e sulle tradizioni della Lombardia e diverse raccolte dei migliori articoli pubblicati nel corso della sua lunga e prestigiosa carriera giornalistica: muore a Codogno una sera di dicembre del 1992, quando l’auto su cui viaggiava con alcuni amici si schianta frontalmente con un veicolo che aveva invaso la corsia opposta a causa della forte nebbia.
Milano ha dedicato a Gianni Brera l’Arena Civica, mentre il suo sterminato archivio privato si trova presso la Fondazione Mondadori, sempre a Milano, e i suoi libri sono stati donati dagli eredi alla Biblioteca Comunale di San Zenone Po.
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