Scrittori da (ri)scoprire – Clotilde Marghieri
Clotilde Marghieri (Napoli, 1897 – Roma, 1981) nasce in realtà come Clotilde Betocchi, in una famiglia dell’alta borghesia napoletana che le permette di frequentare le migliori scuole dell’epoca, mandandola tra l’altro per alcuni anni in un esclusivo collegio di Firenze. Un suo cugino, Carlo Betocchi, diventerà uno dei maggiori esponenti del movimento poetico dell’ermetismo.
Tornata a Napoli al termine degli studi, Clotilde sposa nel 1920 l’avvocato Gino Marghieri e, come era in uso all’epoca, da quel momento assume il cognome del marito, anche se il matrimonio non si rivela felice e nel giro di pochi anni i due inizieranno a vivere separati, nonostante la nascita di due figli.
Nel 1926 un’amica le presenta Bernard Berenson, il famoso critico d’arte americano, che si era trasferito in Toscana e in quegli anni avrebbe dedicato numerosi studi all’arte italiana. Tra i due nasce una profonda amicizia, cementata dallo scambio di moltissime lettere. È anche grazie ai consigli di Berenson che Marghieri inizia a pubblicare racconti su varie riviste e poi a collaborare con diversi quotidiani nazionali con articoli nelle pagine culturali. Negli anni Trenta lascia Napoli e si trasferisce a vivere in una villa chiamata “La Quiete”, situata ai piedi del Vesuvio vicino a Torre del Greco: anche se poi, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, decide di trasferirsi a Roma per le esigenze di studio dei figli, la villa continua a essere il rifugio al quale tornare ogni estate e diventa il filo conduttore dei molti racconti che scrive negli anni successivi, in cui descrive la sua vita da intellettuale, tutto sommato privilegiata nonostante la difficoltà di sancire la propria autonomia dal marito, al centro di una rete di incontri con molti personaggi del tempo.
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Vita in villa (1960) raccoglie ventidue di questi racconti e segna il tardivo esordio narrativo di Marghieri, in cui viene descritto un mondo che al momento della pubblicazione del libro era già scomparso, cancellato dalle trasformazioni sociali del dopoguerra e modificato profondamente anche nel territorio, dove le eleganti ville antiche erano state soffocate dall’avanzata dell’edilizia selvaggia.
L’esperienza narrativa prosegue felicemente negli anni successivi con i romanzi Le educande di Poggio Gherardo (1963), ambientato in un collegio, senza dubbio ispirato a quello fiorentino in cui la scrittrice aveva compiuto gli studi (ripubblicato nel 1972 come Le educande) e Il segno sul braccio (1970), che ottengono un discreto successo, mentre il romanzo epistolare Amati enigmi (1974), ispirato alla corrispondenza tenuta da Clotilde Marghieri con il critico letterario Luigi Baldacci, vince il Premio Viareggio: nel 2018 l’attrice Licia Maglietta lo porterà sulle scene come un appassionato monologo teatrale.
Per anni il salotto della scrittrice a Roma è frequentato da scrittori, artisti, critici con cui intrattiene spesso anche lunghi rapporti epistolari: oltre che con Berenson e Baldacci, ne esiste uno con Giuseppe Antonio Borgese, pubblicato con altre carte dello scrittore e critico siciliano.
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Clotilde Marghieri muore a Roma nel 1981. Nello stesso anno viene pubblicato Specchio doppio, un’ampia selezione del lungo scambio epistolare intercorso fra lei e Bernard Berenson tra il 1927 e il 1955. Altri scritti dell’autrice sono stati pubblicati in seguito, tra cui la commedia Caccia piccola scritta alla fine degli anni Trenta, mentre il suo corposo archivio è stato donato dai figli al Gabinetto Vieusseux di Firenze: come per tanti altri scrittori del Novecento, le sue opere sono ormai difficilmente reperibili se non in qualche biblioteca.
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