Scrittori da (ri)scoprire – Cesare Zavattini
Se il nome di Cesare Zavattini (Luzzara, 1902 – Roma, 1989) evoca subito il mondo del cinema, la sua vita è stata quella di un artista assolutamente poliedrico: sceneggiatore, giornalista, scrittore, pittore, fumettista.
Nasce a Luzzara, un paesino in riva al Po in provincia di Reggio Emilia, come primogenito dei cinque figli di Arturo e Ida, che gestiscono un caffè-trattoria con camere.
Compie gli studi prima a Bergamo, presso dei parenti, poi ad Alatri, in provincia di Frosinone, dove la famiglia si trasferisce durante la Prima guerra mondiale; torna in Emilia nel primo dopoguerra e frequenta la facoltà di giurisprudenza a Parma, dove inizia a lavorare come istitutore in un collegio. La passione per la scrittura lo porta a intraprendere la carriera giornalistica, scrivendo per «La Gazzetta di Parma», mentre inizia a dedicarsi anche alla pittura.
Nel 1930 si trasferisce a Milano e per cinque anni scrive sulle riviste del gruppo Rizzoli, tra cui «Cinema Illustrazione», per la quale scrive cronache da Hollywood molto fantasiose e del tutto inventate. Nel 1931 pubblica il suo primo libro, Parliamo tanto di me, una raccolta di brevi racconti che descrivono in tono umoristico e surreale un viaggio nell’aldilà.
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Seguono, sempre restando nel genere umoristico, I poveri sono matti (1937), Io sono il diavolo (1941) e Totò il buono (1943).
Negli stessi anni fonda la fortunata rivista satirica «Bertoldo» e dirige con successo il periodico «Grandi Firme», che però nel 1938 viene soppresso dal famigerato Minculpop (Ministero della Cultura Popolare) perché considerato disfattista.
Parallelamente all’attività giornalistica e letteraria, a partire dal 1935 Zavattini inizia il suo lavoro più importante, quello di sceneggiatoreper alcuni dei registi più popolari del momento, come Mario Camerini, Alessandro Blasetti, Luigi Zampa e Alberto Lattuada.
Ma la collaborazione che gli permette di esprimere al meglio le sue doti è quella con Vittorio De Sica, che si protrae per molti anni e caratterizza la grande stagione del cinema neorealista: Sciuscià (1946), Ladri di biciclette (1948), Miracolo a Milano (1950), che è un adattamento del precedente romanzo Totò il buono, Umberto D. (1952) sono i titoli principali espressi dal sodalizio, a cui dopo la stagione neorealista se ne aggiungeranno altri, come La ciociara (1960), Ieri, oggi e domani (1963), Matrimonio all’italiana (1964).
Negli stessi anni Zavattini firma molte altre sceneggiature di film di grande successo, come Bellissima (1951) di Luchino Visconti o Il cappotto (1953) di Alberto Lattuada: si può affermare con certezza che senza la presenza di Zavattini il cinema italiano di quel periodo non sarebbe stato lo stesso.
Sul piano letterario, ai romanzi umoristici seguono Ipocrita 43 (1955), una riflessione sul ruolo dell’intellettuale nel periodo del fascismo, e due testi anomali e sperimentali, Straparole (1967) e Non libro+disco (1970), oltre a una raccolta di poesie in dialetto emiliano.
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La terza carriera di Zavattini, parallela a quella letteraria e a quella cinematografica, lo porta a scrivere storie a fumetti. Inizia negli anni Trenta, durante una collaborazione per Mondadori, che lo porta a sceneggiare delle storie disegnate da Giovanni Scolari e pubblicate su Topolino nel 1936, protagonista il personaggio di Saturno, che sono considerate il primo esempio italiano di fumetto di fantascienza: prosegue poi per una decina d’anni con tavole e personaggi diversi e chiude nel 1949 con La grande avventura di Marco Za, disegnata da Pier Lorenzo De Vita, che racconta a fumetti la liberazione di Roma da parte degli Alleati. In seguito Zavattini si dedica quasi esclusivamente al cinema, scrivendo alcuni saggi importanti, realizzando con vari autori alcuni film-inchiesta e girandone anche uno da regista, La veritaaaà (1982).
Attivo fino all’ultimo come animatore culturale e protagonista di trasmissioni radiofoniche e televisive, Cesare Zavattini muore a Roma nel 1989.
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