Scrittori da (ri)scoprire – Carmelo Samonà
Prima che romanziere, Carmelo Samonà (Palermo, 1926 – Roma, 1990) è stato uno dei maggiori ispanisti italiani, autore soprattutto di diversi saggi sulla letteratura spagnola e ispanoamericana.
Nasce a Palermo da una famiglia di origini nobili: Giuseppe, il padre, è un grande architetto e urbanista, artefice di importanti progetti di riqualificazione urbana, docente universitario e senatore della Repubblica per la sinistra indipendente. Dopo l’infanzia palermitana, Carmelo studia a Roma, dove si laurea e intraprende la carriera universitaria.
Nel 1961 ottiene la cattedra di letteratura spagnola all’Università la Sapienza e per diversi anni scrive esclusivamente testi destinati ai suoi allievi e saggi riguardanti epoche e autori importanti del mondo ispanico. A partire dal 1976 collabora anche al quotidiano «La Repubblica», dove pubblica articoli sulle letterature sudamericane e su quella spagnola contemporanea.
L’esordio narrativo avviene in età matura: sono due sue grandi amiche, Natalia Ginzburg ed Elsa Morante, a presentare il manoscritto del suo primo romanzo, Fratelli, a Ernesto Ferrero, responsabile della letteratura presso Einaudi, che ne rimane profondamente colpito e lo pubblica nel 1978.
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Al centro di Fratelli c’è il complesso rapporto tra il narratore e un fratello afflitto da seri problemi mentali, col quale cerca di mantenere un rapporto nonostante evidenti difficoltà comunicative. La malattia mentale impedisce l’uso abituale del linguaggio e impone di prestare attenzione a tutto ciò che in condizioni di normalità si sarebbe portati a trascurare, dagli sguardi ai silenzi. Nella realtà, Samonà stava vivendo questo tipo di esperienza non con un fratello ma con un figlio, condizione che aveva condotto Ginzburg, a sua volta alle prese con la difficile convivenza con una figlia malata, ad apprezzare il romanzo in modo particolare.
Fratelli riscuote un discreto successo, arrivando tra i finalisti al Premio Strega e vincendo diversi altri riconoscimenti.
Un secondo romanzo, Il custode (1983), descrive una vicenda dal sapore prettamente kafkiano: c’è protagonista senza nome, che si ritrova prigioniero senza un perché in una cella isolata da tutto. In apparenza è del tutto privo di un passato o di legami con una realtà differente da quella in cui ci viene mostrato, eppure è in grado di esprimere una serie di pensieri e sogni che sono comunque in grado di conquistare l’interesse del lettore: «I miei sono romanzi in cui succedono pochissime cose, ma si fanno moltissime riflessioni» dichiarava Samonà nelle interviste.
Persona schiva e appartata, lo scrittore rimane estraneo agli ambienti letterari romani, pur amando senza riserve l’atmosfera della capitale, e nonostante l’apprezzamento di molti critici continua a essere noto soprattutto come un grande ispanista, riconosciuto anche a livello internazionale, mentre le opere narrative rimangono poco considerate. Ai romanzi si aggiungono in seguito un paio di racconti, un testo teatrale e il romanzo breve Casa Landau, che viene pubblicato pochi mesi dopo la prematura scomparsa di Carmelo Samonà, avvenuta a Roma nel 1990.
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Diversi critici considerano lo scrittore siciliano meritevole di un posto più importante nella letteratura italiana del Novecento, anche se è difficile reperire le sue opere: nel 2002 Mondadori gli aveva dedicato un Oscar contenente Fratelli e tutta l’opera narrativa, e un’ultima edizione di Fratelli si deve a Sellerio nel 2008, ma entrambi i volumi sono ormai introvabili.
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