Scrittori da (ri)scoprire – Anna Banti
Anna Banti (Firenze, 1895 – Ronchi di Massa, 1985) è lo pseudonimo con cui si è affermata come scrittrice Lucia Lopresti, una delle personalità più interessanti ed eclettiche della letteratura italiana del Novecento.
Nasce a Firenze, ma la famiglia si trasferisce presto a Bologna, al seguito del padre che è un avvocato alle dipendenze delle Ferrovie, e per questo soggetto a frequenti spostamenti. Dopo l’infanzia bolognese, Lucia Lopresti frequenta infatti le scuole superiori a Roma e qui fa l’incontro della vita, perché si ritrova come professore di storia dell’arte il giovane e brillante Roberto Longhi, destinato a diventare uno dei maggiori critici d’arte italiani.
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Professore e allieva, che hanno solo cinque anni di differenza, s’innamorano e si sposano nel 1924, dopo che lei si è laureata in Lettere e ha iniziato a interessarsi a sua volta all’arte. Negli anni successivi, però, si rende conto che preferisce dedicarsi di più alla narrativa, forse anche per non entrare in competizione col marito che è già un critico affermato, e nel 1930 pubblica il suo primo racconto scegliendo lo pseudonimo Anna Banti (che era il nome di una nobildonna sua lontana parente) perché, come racconterà poi volentieri nelle interviste, non amava il suo vero cognome e non voleva utilizzare quello del marito. Seguono molti altri racconti, recensioni e articoli su argomenti artistici, finché nel 1937 esce il primo romanzo, Itinerario di Paolina, storia – in parte autobiografica – di una ragazza dall’infanzia alla giovinezza, seguito nel 1940 dalla raccolta di racconti Il coraggio delle donne: la condizione femminile e l’introspezione psicologica sono i temi di fondo che segneranno tutta la sua produzione letteraria.
Negli anni Quaranta Anna Banti stringe amicizia con alcune scrittrici della sua generazione, come Maria Bellonci e Alba De Cespedes, con le quali ha un fitto scambio epistolare, anche se non si trova mai del tutto a suo agio nei salotti letterari, come quello della Bellonci dove nascerà il Premio Strega. Durante la guerra perde sotto i bombardamenti due manoscritti pronti per la pubblicazione, ma al termine del conflitto torna caparbiamente a scrivere, trasformando l’Artemisia perduto, che in origine era una biografia, in un complesso romanzo storico, in cui alla storia della famosa pittrice Artemisia Gentileschi si mescola la voce dell’autrice che si trova a vivere in una Firenze piena di macerie. Questo rimarrà il suo romanzo più importante e di maggior successo.
Nel 1950, Anna Banti e Roberto Longhi fondano la rivista «Paragone», che pubblica con cadenza mensile fascicoli dedicati, alternativamente, alle arti figurative e alla letteratura: diretta da Longhi fino alla sua morte, avrà poi alterne vicende con diversi editori, ed è pubblicata ancora oggi.
Nonostante il forte impegno nella rivista, per cui scrive numerosi articoli di critica letteraria, Anna Banti continua a dedicarsi alla scrittura narrativa: nel 1951 escono i racconti Le donne muoiono, mentre nel 1953 arriva Il bastardo, romanzo storico che è la riscrittura dell’altro manoscritto perduto durante la guerra. Seguono altri romanzi e raccolte di racconti, tra cui il romanzo storico Noi credevamo (1967), una lettura molto critica dell’epopea garibaldina e della fine degli ideali risorgimentali, che nel 2010 viene portato sullo schermo da Mario Martone. (Al protagonista, un gentiluomo calabrese trapiantato a Torino, l’autrice regala il suo poco amato cognome e lo chiama Domenico Lopresti).
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Nel 1970 la morte del marito sconvolge profondamente Anna Banti, che prosegue il suo impegno in «Paragone» nonostante numerose difficoltà finanziarie e organizzative e, nello stesso periodo, cura la pubblicazione dell’opera omnia di Longhi. Lavora anche a diverse traduzioni di famose scrittrici straniere, come Colette e Jane Austen.
Nel 1981 pubblica l’ultimo romanzo, Un grido lacerante, che è ancora autobiografico e costituisce un seguito ideale del suo primo libro, Itinerario di Paolina, quasi a chiudere idealmente la sua vita letteraria: Anna Banti muore, ormai novantenne, nel 1985.
È stata senza dubbio una delle figure più complesse del Novecento letterario italiano: critica letteraria e critica d’arte, traduttrice, animatrice culturale e autrice di nove romanzi e sette raccolte di racconti, merita di sicuro di essere letta o riletta anche ai giorni nostri, soprattutto da chi ama i romanzi storici.
Scrittori da (ri)scoprire – Stefano Terra
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