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Scrittori da (ri)scoprire – Alberto Moravia

Scrittori da (ri)scoprire – Alberto MoraviaPer alcune settimane su «Robinson», il supplemento culturale del quotidiano «La Repubblica», si è svolto un insolito torneo letterario: trentadue scrittori italiani sono stati abbinati in sedici coppie, tra cui i lettori dovevano selezionare il più importante a loro giudizio. Il vincitore di ogni selezione è poi stato accoppiato a un altro autore, come in un torneo calcistico, per arrivare a una sola coppia finale e alla scelta di un vincitore assoluto, che è stato Primo Levi, secondo i lettori l’autore più rappresentativo del Novecento italiano. Al di là dei criteri non proprio ortodossi di selezione, che spesso hanno imposto scelte difficili e discutibili tra scrittori profondamente diversi tra loro, questo torneo può offrire qualche spunto di riflessione sulla letteratura italiana contemporanea.

È curioso infatti notare come certi scrittori, spesso molto popolari solo pochi decenni fa, siano oggi quasi dimenticati sia dai lettori, sia soprattutto dalla critica letteraria: un indicatore interessante è costituito, ad esempio, dagli argomenti scelti per le tesi di laurea dagli studenti delle facoltà di lettere, da cui certi nomi un tempo molto frequenti sono completamente scomparsi.

 

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A partire da oggi vi propongo quindi un viaggio alla scoperta, o alla riscoperta, di qualcuno di questi scrittori italiani più o meno ingiustamente trascurati, se non quasi del tutto dimenticati dal mondo letterario del ventunesimo secolo.

Il primo nome che s’impone all’attenzione è sicuramente quello di Alberto Moravia, forse la vittima più illustre di un oblio che è stato molto rapido e sorprendente.

Nato a Roma nel 1907 e morto sempre a Roma nel 1990, Alberto Pincherle (Moravia era il cognome della nonna paterna, scelto per occultare le sue origini ebraiche negli anni del fascismo) si era imposto come un enfant prodige della letteratura pubblicando (a proprie spese) nel 1929, ad appena ventidue anni, il romanzo Gli indifferenti, che aveva subito colpito per la descrizione acuta di una famiglia borghese in sfacelo, e che si era rivelato il punto di partenza di una lunga e fortunata carriera letteraria. Superati senza troppe difficoltà gli anni del fascismo insieme alla prima moglie Elsa Morante, Moravia ha scritto nei decenni successivi una trentina di romanzi, tra cui i più famosi sono forse La noia e Il conformista, raccolte di racconti, saggi e reportage, frutto di una lunga attività giornalistica per quotidiani e settimanali nazionali. Da alcuni suoi romanzi sono stati anche tratti film di largo successo, a partire dal celebre La ciociara, diretto da Vittorio De Sica e interpretato da una giovane Sophia Loren.  Dopo la separazione dalla Morante, Moravia ha vissuto per molti anni con un’altra grande scrittrice, Dacia Maraini, sposandosi poi in tarda età con Carmen Llera.

Scrittori da (ri)scoprire – Alberto Moravia

Fino alla morte, Moravia è stato considerato un intellettuale di punta, molto impegnato politicamente (negli anni Ottanta è stato anche europarlamentare, eletto nelle liste del PCI) e parte attiva in tante battaglie civili, mentre i suoi libri venivano tradotti con successo in molti paesi: in Francia, ad esempio, Moravia ha sempre goduto di una grande popolarità e considerazione, anche per il fatto che i suoi romanzi sono stati considerati un’espressione della filosofia esistenzialista allora molto in voga al di là delle Alpi. Pochi autori hanno saputo raccontare come lui certi temi che, in definitiva, sono sempre attuali, come l’ipocrisia, il conformismo, la difficoltà di costruire rapporti umani davvero profondi, soprattutto il generale senso di decadenza culturale e morale che ha dominato il mondo occidentale nella seconda metà del ventesimo secolo e che permane ancora oggi.

 

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Per quali motivi allora Moravia appare oggi come un autore messo da parte? Forse una parziale spiegazione si deve alla forte connotazione politica e ideologica di molti suoi scritti, che può far ritenere superata parte della produzione saggistica, legata a un modo di vivere e affrontare la politica che, nel trentennio trascorso dalla sua morte ad oggi, è mutato in modo radicale; ma questo non può certo modificare il giudizio verso le sue opere di narrativa, che lo collocano senza dubbio fra i classici del Novecento italiano.

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