Scrittori da (ri)scoprire – Achille Campanile
Achille Campanile (Roma, 1899 – Lariano, 1977) è oggi considerato il più grande scrittore umoristico del Novecento italiano, anche se la sua ricca produzione artistica spazia in diversi generi.
Nasce a Roma dove il padre, di origini napoletane e cugino di Vittorio De Sica, è ben introdotto negli ambienti culturali cittadini come caporedattore del quotidiano «La Tribuna» e critico teatrale, oltre che sceneggiatore e regista di film muti.
Il giovane Achille cresce frequentando diversi intellettuali dell’epoca e mentre è ancora studente universitario inizia la carriera giornalistica, prima presso «La Tribuna» e poi passando a «L’idea nazionale», dove diventa redattore di cronaca: presentando un articolo su un triste fatto di cronaca con un titolo irriverente colpisce subito Silvio D’Amico, responsabile della terza pagina del quotidiano, che ne favorisce la carriera. In breve tempo si ritrova a collaborare con numerose testate giornalistiche e riviste letterarie: nel 1924 esce a puntate su un giornale il primo romanzo, Ma cos’è questo amore, pubblicato in volume tre anni dopo. Vi compaiono già tutte le caratteristiche della narrativa di Campanile: una trama esile, un narratore invadente, dialoghi surreali.
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Nello stesso periodo nascono le prime “Tragedie in due battute”, che Campanile continuerà a scrivere per gran parte della vita e che gli daranno grande notorietà: si tratta di minuscoli atti unici, composti da un numero minimo di battute dall’effetto folgorante, destinati più che altro alla lettura ma poi anche rappresentati con successo e raccolti in un’edizione definitiva in volume nel 1978.
Se la luna mi porta fortuna (1928) e Agosto, moglie mia non ti conosco (1930) sono i romanzi che consacrano il successo di Campanile come autore di storie surreali, in cui sperimenta linguaggi arditi, ispirandosi anche all’esperienza futurista, e ironizza su alcuni stereotipi narrativi. Subito dopo escono il romanzo In campagna è un’altra cosa (1931) e il Teatro completo (1931) che raccoglie diversi atti unici, spesso mai rappresentati oppure che creano sconcerto, se non furore, negli spettatori che si sentono presi in giro dalla messa in scena impietosa di difetti e manie della borghesia dell’epoca, classe a cui lo stesso Campanile appartiene ma che non esita a mettere alla berlina.
Anche L’amore fa fare questo e altro, commedia in tre atti portata sulle scene da Vittorio De Sica nel 1930, divide il pubblico fra entusiasti e indignati, ma tutto ciò non fa che aumentare la popolarità dello scrittore, che negli anni successivi è sempre più impegnato su diversi fronti: segue il Giro d’Italia come cronista e ne ricava un resoconto umoristico, Battista al Giro d’Italia (1932), riceve il Premio Viareggio per la raccolta di saggi Cantilena all’angolo della strada (1933) e scrive sceneggiature per il cinema, tra cui quella di un film di Totò, e per spettacoli di varietà.
Avventura di un’anima (1945) è la prima opera importante pubblicata dallo scrittore nel dopoguerra, ed è un romanzo completamente diverso dai precedenti, perché tratta in forma diaristica temi esistenziali e riflessioni sulla vita e sulla morte, influenzato dalla scomparsa precoce della madre e di un fratello.
Seguono alcuni anni di stasi creativa, durante i quali Campanile svolge comunque un’intensa attività giornalistica, scrive la sceneggiatura di diversi film e si avvicina sia alla radio, che trasmette diverse sue opere teatrali, sia alla televisione, che nasce in Italia in quel periodo, tanto da firmare anche una rubrica di critica televisiva sul settimanale L’Europeo.
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Il povero Piero (1959), romanzo imperniato sul tema della morte che ironizza sui comportamenti comuni di fronte alla scomparsa di una persona, riporta Campanile al successo presso il pubblico, favorito anche da una revisione e ristampa delle sue opere precedenti. Nel 1973 Manuale di conversazione gli procura un secondo Premio Viareggio a quarant’anni di distanza dal primo, fenomeno assai raro nel mondo letterario, mentre in Vite degli uomini illustri (1975) lo scrittore dissacra in modo feroce la mitologia costruita attorno ai grandi uomini. L’ultimo romanzo, L’eroe (1976) è un pamphlet sui trasformismi politici che gli fa vincere il Premio Forte dei Marmi per la satira politica.
Considerato ormai un maestro indiscusso dell’umorismo novecentesco, Achille Campanile muore improvvisamente nella sua casa di Lariano, nella campagna romana, nel 1977.
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