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“Sara al tramonto”, Maurizio De Giovanni ci racconta la sua nuova eroina

“Sara al tramonto”, Maurizio De Giovanni ci racconta la sua nuova eroinaCon Sara al tramonto (Rizzoli, 2018) Maurizio De Giovanni ci presenta una nuova protagonista al femminile, dopo i tanti personaggi maschili delle sue serie di romanzi che hanno riscosso tanto successo in questi anni.

Sara è una donna di mezza età, che ha lavorato per anni in una sezione particolare della polizia, a stretto contatto con i servizi segreti, anche se ora è in pensione.

Si è abituata a rendersi invisibile, a passare del tutto inosservata per poter svolgere le sue indagini senza destare sospetti, esercitando soprattutto un personale talento nel leggere il labiale, indovinando a distanza i discorsi delle persone anche senza poterli udire.

È per questo che Teresa, una sua ex collega e amica ancora in servizio le chiede di tornare a collaborare con lei per risolvere un caso particolarmente difficile, l'omicidio di un uomo potente e dal passato non troppo limpido: anche se esiste già un colpevole reo confesso, la situazione appare tutt'altro che risolta, perché permangono forti dubbi sulla sua effetiva colpevolezza. Con l'aiuto di Davide Pardo, un poliziotto in cerca di riscatto, e di Viola, la giovane compagna del figlio Sergio, scomparso tragicamente qualche mese prima, Sara torna dunque in pista, non del tutto controvoglia, alla ricerca della verità.

 

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Maurizio De Giovanni ha incontrato i blogger in un nuovo spazio appena allestito nella sede di Segrate del gruppo Mondadori – Rizzoli, ed ecco le sue risposte alle domande che gli abbiamo fatto, dopo la presentazione fatta da Michele Rossi, responsabile della narrativa Rizzoli.

“Sara al tramonto”, Maurizio De Giovanni ci racconta la sua nuova eroina

Dopo tanti personaggi maschili lei propone una donna, tra l'altro molto particolare. Come ha avuto l'idea?

La prima idea è stata del tutto casuale. Per quest'anno avevo già quattro romanzi da scrivere, oltre all'attività teatrale e come sceneggiatore, e non cercavo assolutamente una storia.

Una sera, tornando a casa dopo il teatro, mi sono accorto che sotto casa mia c'era un'auto rossa in sosta, con una persona seduta alla guida, e che fosse lì all'una di notte del sabato mi aveva sorpreso. Questa persona aveva i capelli bianchi e mi ero chiesto se fosse una persona anziana, magari bisognosa d'aiuto. Invece, passandole vicino con lo scooter, il faro aveva illuminato un volto di donna liscio, che non si accordava ai capelli bianchi. Avrà avuto al massimo una cinquantina d'anni e guardava fisso davanti a sé, con un'espressione triste, come se stesse pensando a qualcosa di malinconico. Questa donna mi ha intrigato, per cui arrivato a casa mi sono fatto una serie di domande su di lei. Il giorno dopo mi sono dato le risposte e ho avuto in mano la storia, che mi sono messo a scrivere immediatamente, anche perché riesco a scrivere una sola storia per volta.

Non è un personaggio creato a tavolino, anche perché non ne avevo bisogno, visto che ho in corso due serie di libri con personaggi fissi, Ricciardi e i Bastardi di Pizzofalcone: ma l'importanza del personaggio di Sara, il lavoro che fa, la sua situazione fisica e sentimentale, il rapporto con Viola, sono tutti fattori che me la rendono intrigante e mi lasciano la voglia di scriverne ancora.

 

Nel corso degli anni abbiamo esplorato Napoli insieme ai suoi personaggi. Qui si nota un cambiamento nel modo di raccontare la città, è una Napoli che rispecchia moltissimo gli stati d'animo della protagonista nel corso del libro.

Mi ritengo l'autore più fortunato d'Italia, perché vivo in una città che recita il ruolo che io le chiedo ogni volta in maniera assolutamente plausibile. Se voglio una Napoli chiassosa la trovo con facilità, ma se ne voglio una silenziosa la trovo altrettanto facilmente, così come la trovo sia accogliente, sia respingente. Napoli ha una grandissima area metropolitana che offre tutto e il contrario di tutto.

Nei romanzi di Ricciardi eravamo in un'altra epoca, la città era più piccola ed erano diversi i rapporti umani. La Napoli di Sara è ostile, grigia, borghese, non inclusiva: il quartiere residenziale del Vomero, dove vive il personaggio, da solo ha quarantasettemila abitanti ed è senza un'identità precisa. L'altra Napoli che racconto è quella della periferia nord, un luogo ostile per natura, dove ho collocato la sede della sezione speciale della polizia.

 

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“Sara al tramonto”, Maurizio De Giovanni ci racconta la sua nuova eroina

C'è una critica a quella società che vuole le donne truccate, con i capelli colorati, ecc.?

La caratteristica di Sara è la imperdonabilità della sincerità. È una donna sincera che odia la finzione e la smantella, per questo odia il trucco, i capelli tinti, i tacchi. Nella sua storia personale ha fatto una cosa che noi accettiamo socialmente e perdoniamo a un uomo, ma non a una donna. Se un uomo abbandona moglie e figli perché s'innamora di un'altra è accettato da tutti, moglie compresa. Sara lascia marito e figlio perché s'innamora e non può vivere un giorno in una condizione d'insincerità, ma questo è esecrabile e non viene perdonato. Anche i lettori, in fondo, accettano con difficoltà questa condizione, che pure può accadere. È meglio restare nel buio e nella bugia pensando a qualcosa d'altro, condannandosi a una galera e condannando anche chi ci sta vicino, oppure è meglio compiere una scelta, come fa Sara? Lei sceglie persino di mollare il lavoro per stare con l'uomo che ama, quando si ammala, fino all'ultimo respiro. Sembra naturale ma è anche eroico. Questa è una storia e niente più, ma perché non accettiamo in una donna quello che accettiamo in un uomo? Ci sorprende anche che Teresa, l'amica di Sara, da donna di potere seduca ragazzi giovani, mentre lo accetteremmo in un uomo.

Io non intendo lasciare messaggi, perché mi disgustano i libri che intendono trasmetterli, però sarei contento se guardaste Sara come una donna che fa la donna, senza autolesionismi.

 

Non stupisce che un personaggio come Sara, cinquantenne piena di ferite, possa piacere anche ai lettori più giovani?

Non mi sono mai minimamente posto il problema del lettore, ma penso che i giovani vedano comunque le donne più vecchie, come le loro madri, e i loro comportamenti.

Ci sono tanti modi di reagire alla solitudine, ma la donna che ho visto quella notte in auto aveva un'espressione che non avevo mai visto, esprimeva passività di fronte alla solitudine. Non era così ovvio che Sara piacesse subito ai lettori, ma secondo me è successo proprio perché affronta questo problema: la solitudine.

 

È una donna arrabbiata?

Sì, forse, ma non si è mai pentita di quello che ha fatto. Ha tanti rimpianti, ma non ha nemmeno un rimorso. Ha fatto quello che doveva fare.

 

A proposito del rapporto tra Sara e Viola, com'è stato entrare in due personaggi così diversi, anche per età?

Le ho guardate da fuori. Ho molto rispetto per i miei personaggi e non mi pongo dentro di loro, li racconto e basta, tanto che non sempre capisco i loro pensieri. Però so che le donne guardano avanti, mentre noi uomini guardiamo solo il presente: noi cerchiamo di superare le difficoltà giorno per giorno, mentre le donne guardano la prospettiva futura.

Sia Viola che Sara al momento sono distrutte, ma un appoggio tra loro diventa perfetto per affrontare il futuro insieme. Sara, in particolare, vede in Viola il futuro che non può più avere. Avrei voluto approfondire il loro rapporto, ma mi avrebbe deviato dalla storia. Anche l'amicizia-rivalità tra Sara e la collega Teresa avrebbe meritato un approfondimento, così come altri personaggi femminili, ma un libro è un libro, non avrei potuto metterci dentro troppe cose. C'è pure il legame tra Massimiliano e Sara che mi piace moltissimo, magari in una storia futura racconterò qualcosa della loro vita insieme in qualche flashback.

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È un libro di prime volte: una protagonista donna, manca la coralità di Napoli sullo sfondo, la storia privata prevale nettamente su quella poliziesca.

Questo è il mio ventesimo romanzo, qualche cambiamento fa piacere. Uno dei temi principali per me è questo: diversità e disuguaglianza sono due concetti profondamente diversi. Le diversità sono una ricchezza, vanno accettate e messe in condizione di funzionare, le diseguaglianze sono una tragedia da azzerare, da risolvere. Dovremmo avere tutti ben presente questo.

Il romanzo nero oggi per me è la sezione più viva, forte e interessante della letteratura italiana, più diversificata e plurale. Io trovo letteratura nelle pagine di tutti i miei colleghi del genere, perché noi raccontiamo le differenze in un paese profondamente diverso, giovane, ma dove non è stato fatto nulla per uniformare le differenze.

Guardate invece come sono i gialli degli autori scandinavi, che pur scrivendo da paesi diversi sono profondamente omogenei. In Italia, invece, autori che vivono in città a un'ora di treno una dall'altra scrivono in modi diversissimi tra loro. Tra l'altro, la nostra diversità esclude la rivalità, siamo tutti buoni amici tra di noi: quando ci ritroviamo sembriamo una classe di liceali in gita. Raccontare il paese come stiamo facendo con questi romanzi non è cosa da poco.

Nel resto della letteratura italiana, se devo essere onesto, io trovo oggi molta stanchezza e una spiacevolissima tendenza degli autori a raccontare se stessi, a scrivere perennemente la propria autobiografia. Da lettore, io sono invece pazzamente innamorato della strada, del raccontare le vite degli altri.

 

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Quanto il lavoro di scrittura, sceneggiatura, teatro e tv le ha dato nel momento in cui ha scritto opere di narrativa?

Puoi scrivere teatro e sceneggiature, se hai molta pratica nella narrativa. Se capisco cosa sente un personaggio posso farlo agire sulla scena, dove conta solo il comportamento. Dal romanzo alla sceneggiatura, mai al contrario.

 

In un'intervista recente lei ha detto che nel 2020 avrebbe smesso di scrivere. Sara al tramonto le ha fatto cambiare idea?

No, ho detto che avrei smesso di scrivere le serie, quella di Ricciardi e quella di Pizzofalcone, di cui ho in progetto ancora dueo tre volumi. Poi mi piacerebbe andare in pensione, come tutti, ma non so ancora come andrà con Sara, se e come diventerà una nuova serie.


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Per la prima foto, copyright: Thomas Hafeneth.

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