Ritorno all’acqua. “Capacità vitale” di Francesca Scotti
Esce per Bompiani il romanzo di Francesca Scotti, Capacità vitale, ed è un ritorno al medium più naturale dell’uomo: l’acqua. Perché «l’acqua è elemento, origine, solvente, il cervello è fatto di acqua» pensa Adele, la protagonista di questa storia che si muove come in mezzo a un cerchio lungo un percorso che parte dal sé per tornare, arricchito, sempre al sé. Nel perdere, Adele incontra un’occasione per ritrovarsi.
È una donna fatta a modo suo. È un avvocato tosto, lucido, ambizioso, i cui colpi vanno sempre a segno. È alle prese con un caso complesso, sul maltrattamento degli animali negli allevamenti. Nello specifico, i maiali, le scrofe e i cuccioli, ammassati, a causa degli spazi soffocanti, coi denti frantumati, per non aggredirsi e ferirsi gli uni con gli altri, sempre a causa degli spazi angusti. I due gemelli, gli accusati, gli assistiti di Adele, sono due tipi discutibili. Forse le accuse non sono tutte infondate. Forse c’è più di un fondo di verità.
Questo dettaglio con il quale si apre il libro, sembra una storia di sottofondo, un evento raccontato quasi per caso, mentre si rivela un punto essenziale per comprendere meglio i sentimenti di Adele, spesso velati, taciuti, spezzati.
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Troviamo Adele d’estate, a luglio, pronta per andare in vacanza. Con un gruppo di conoscenti, o quasi amici, dipende dai punti di vista, si ritrova con scadenza regolare a esplorare i fondali marini in immersioni che le ridanno quel qualcosa che l’aria le ha tolto o che continua a toglierle.
Con il silenzio dell’acqua, Adele raggiunge un senso di pace, una specie di fermo-immagine che la ricarica e le permette di proseguire nel susseguirsi dei giorni, nei processi in tribunale, nei rapporti umani striminziti.
Oltre al gruppo dei sub, Adele ha solo la nonna. Ma lei è spesso un corpo la cui memoria è quasi un allestimento scenico. La malattia l’ha resa come certi liquori che contengono ancora la frutta chiusa nella bottiglia: senza il liquido, fai fatica a inebriarti. Per questo, con la sua presenza, Adele sembra riempire quella bottiglia e la nonna ritrova un barlume di lucidità. La ricorda. In modo sfocato, impreciso, titubante, ma la nonna ritorna a essere il ponte tra adesso e allora.
È un filo conduttore, questo spezzarsi del tempo in un prima e un dopo, nella vicenda di Adele. Anche nel momento in cui la conosciamo, un evento le spezzerà la vita in due parti, in un prima e in un dopo. Ed è già la seconda volta che succede.
Adele ha un malore, una banalità, ma la guida si rifiuta di prenderla a bordo del pullmino, suggerendole un po’ di riposo. A fare immersione, ci vanno Nora e Zoe, sua figlia, Damiano, Enrico, e il nuovo arrivato nel gruppo, Matteo. Non ritorneranno tutti.
Adele diventa una sopravvissuta. Una graziata. Ma dal punto scomodo dello spettatore. Se non è morta nell’incidente, è solo perché non c’era e il fatto le crea una voragine dentro difficile da chiudere.
Sarà ancora più complicato quando Zoe verrà a bussare alla sua porta. Si è trasferita in città ora, dal padre, e la scuola fa schifo. Zoe vorrebbe sapere se Adele ha tenuto la fotocamera subacquea che le aveva prestato il giorno in cui Nora non è più ritornata in superficie. È una scusa. Ma anche un filo che cuce il prima e il dopo, è una falla nello scorrere degli eventi, uno spazio in cui ci si può intrufolare e cercare di amalgamare gli eventi fino a farli confondere cancellando così i punti di rottura.
Matteo, invece, lo ritrova al porto quando la chiamano a ritirare i suoi oggetti personali, inclusa la fotocamera subacquea. Sono due opposti, due estremi, due visioni. Lui sa di neve, e ha un profumo tutto suo che si riesce a cogliere solo se si permette al tempo di trasportarlo dall’incavo del collo fino alle narici. Lei è distante, inafferrabile, se non per poco, secondo i suoi ritmi e nei suoi limiti.
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Dal punto di vista stilistico, Capacità vitale di Francesca Scotti coinvolge il lettore con una scrittura veloce, ritmata, fatta di frasi brevi e scorrevoli, e di dettagli che ti spingono a prendere appunti mentali, a ricordarti e a ripensare.
Per la prima foto, copyright: Haley Phelps su Unsplash.
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