Ridere di Dio: la satira sul divino
Il pretesto per questo articolo è l'uscita in Italia del libro del comico francese Jean-Louis Fournier: “Il curriculum di Dio”.
La trama, semplicemente, tratta della ricerca, da parte di Dio, di un lavoro, dopo la fatica della creazione della Terra. Il testo si alterna tra domande dirette del responsabile delle assunzioni e test compilati dal Signore stesso.
Si legge in breve tempo e si lascia leggere, ma personalmente mi ha lasciato un po' l'amaro in bocca. Questo per il semplice motivo che il testo, che pur si rifà alla letteratura umoristico-satirica, non riesce a cogliere appieno la profondità di questo argomento.
Fu Dario Fo a riscoprire, con grande successo, nel 1969 in un piccolo teatro di Sestri Levante a riportare ciò che in alcuni secoli era stato accantonato dalla letteratura mondiale.
“Il mistero buffo” tornava alla ribalta e ad oggi si contano innumerevoli copie di quest'opera che è valsa a Fo la notorietà internazionale.
Veniva riportata su un palcoscenico una forma ancestrale di teatro e di satira che ancora al giorno d'oggi ci può fornire spunti per una riflessione. Dario Fo, nella sua introduzione alla spettacolo ammette, senza remore, di aver attinto ad una letteratura e ad una tradizione medioevale ricca e articolata che si strutturava su basi popolari e carnevalesche: fuori dalle chiese, dopo una messa recitata in latino, le persone si riunivano nelle piazze dove incontravano giullari e cantastorie pronti a dare la loro versione dei fatti divini, intoccabili. (Qui, qui e qui alcuni degli spezzoni di “Mistero buffo” e delle “giullarate” di Fo, per una migliore comprensione)
Qualcuno lo chiama fascino del Male, inteso come proibito frutto da non poter cogliere in solitudine, ma che poteva essere ascoltato nella massa indistinta di un luogo pubblico.
Ma sin dalla nascita della satira, il più ambito fra i soggetti dagli autori, rimane il potere.
Le prime tracce riscontrabili le abbiamo nell'antica Grecia, dove la satira politica, filosofica e culturale faceva da ingrediente alle commedie di Aristofane e portava in primo piano, già allora, la questione della libertà di parola.
Ma quale potere più grande esiste se non le figure divine che hanno popolato arte, animi e menti per millenni?
Da agnostico mi permetto di fare questa considerazione: il timore reverenziale che induce la divinità nel credente è frutto stesso delle paure primitive dell'uomo. Inconsciamente si riversa nelle divinità tutta l'onnipotenza possibile nelle qualità del dio di turno.
Ma questa paura che alimenta la religione, questo serpente che si morde la coda, è senz'altro anche la molla che spinge l'uomo ad abbassare al suo livello figure troppo grandi e troppo complesse per essere accettate, talvolta, o semplicemente per renderle più umane e risibili.
La chiesa cristiana, giustamente, non ha mai accettato la tradizione satiro-grottesca-giullaresca sulla religione di Cristo, fino ad arrivare alla condanna e alla persecuzione di tale cultura popolare.
Ad oggi questa attenzione del Vaticano sembra colpire però più vigorosamente altri tipi di opere. Gli esempi più noti sono la campagna contro i libri di Dan Brown, che minano, a dire del clero, le fondamenta della religione cattolica e la crociata contro il rinnovato panteismo naturalistico portato in scena da “Avatar”.
Ritornando al libro di Fournier, mi sento in dovere di consigliare a questo punto un piccolo elenco di autori di satira religiosa:
ovviamente il sopracitato Dario Fo;
senza dubbio uno dei maggiori esponenti del nostro paese di questo genere è Giobbe Covatta che mescola sapientemente lo sfottò politico a quello religioso;
Bill Hicks, grande comico americano poco conosciuto al grande pubblico italiano;
lo scomparso George Carlin, con uno dei monologhi più famosi sull'amore divino e sulla religione.
Ovviamente questa è solo un'infinitesima parte di tutto quello che è stato scritto di satira e di certo non potrò mai sciorinare una lista completa di questi autori, ma invito chiunque non conoscesse almeno uno degli artisti elencati ad approfondire e a cercare interventi e testi, non solo perché ritengo che l'umorismo e la satira facciano bene allo spirito, perché stimolano un cambiamento e una riflessione profonda su tutto ciò che ci viene detto, ma soprattutto perché la satira è uno strumento di critica e autocritica verso tutto ciò che il mondo ci propina come verità dogmatica e infrangibile.
Estrapolare i messaggi mediatici e religiosi dal loro contesto per creare un altro tipo di mezzo comunicativo è un esercizio molto forte che dovremmo abituarci a fare.
Per concludere cito Godel, un filosofo affine al pensiero leibniziano, che ideò la teoria secondo il quale Dio è la somma perfetta di tutte le qualità, positive e negative, al massimo grado. Quindi se prendiamo in considerazione questo teorema, potremmo postulare tranquillamente che l'ironia, qualità discutibilmente a cavallo fra la positività e la negatività, non potrà che essere presente in Dio nella sua massima manifestazione possibile.
Praticamente anche Dio sa ridere di se stesso.
Altrimenti perché mai avrebbe dovuto creare i comici?
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