Ricapitolando Pordenonelegge 2014 – Un futuro luminoso per i festival letterari
Interrogato sul futuro dei festival letterari durante la conferenza stampa di Pordenonelegge, nella giornata di sabato 2014, Umberto Eco ha così risposto: «Se continuano così, non può che essere un futuro luminoso».
E, visto come sono andati quest’anno il festival veneto e quello della letteratura a Mantova, non si può che esser d’accordo con il professor Eco.
La pioggia non si è risparmiata quest’estate, e non ha fatto eccezione nemmeno questo weekend in cui è andato in scena il Pordenonelegge, ormai alla sua quindicesima e confermatissima edizione, iniziato mercoledì 17 settembre 2014 e conclusosi domenica 21. Questo però non ha impedito a decine di migliaia di persone («quasi centotrentamila» dichiara il direttore della Fondazione Michela Zin, in aumento rispetto alle edizioni precedenti) di raggiungere la città veneta per godersi incontri con personaggi di grande spessore culturale, anche internazionali.
Su Twitter l’hastag #pnlegge2014 è tra i più cliccati, anche grazie all’account iperattivo del festival (@pordenonelegge) che aggiorna i suoi follower minuto per minuto sullo svolgimento di tutti gli eventi.
Francesco Piccolo, Mauro Corona, i Carofiglio: questi sono solo alcuni dei grandi nomi del festival. Grande attenzione però è stata inevitabilmente rivolta alla giornata di sabato, in cui nell’arco di poche ore si sono visti Vito Mancuso, noto teologo famoso anche all’estero per le sue vedute “poco ecclesiastiche”, Margaret Atwood, la scrittrice di fantascienza che ha fatto innamorare di sé il mondo intero, Corrado Augias, famoso intellettuale italiano e Umberto Eco, che di presentazioni non ha bisogno, né qui né nel resto del mondo e che al festival ha ricevuto il premio “La storia in un romanzo”. Noi siamo stati alle conferenze stampa dei quattro super ospiti della giornata di sabato.
Vito Mancuso era al Pordenonelegge per presentare il suo ultimo libro, Io amo. Piccola filosofia dell’amore (Garzanti). Il teologo ha spiegato come questo suo ultimo lavoro non sia altro che un tassello – in cui dà spazio alla sua visione dell’amore in tutte le sue forme e sfumature – che va ad inserirsi nel contesto più ampio della sua opera omnia; si è districato bene tra le domande più insidiose dei giornalisti, da quelle su papa Francesco, verso cui Mancuso ha espresso fiducia senza però sbilanciarsi («Il potere assoluto di cui gode il papa gli potrebbe concedere di cambiare qualsiasi cosa nella Chiesa: vedremo come si svolgeranno le cose» ha detto) al tema dell’omosessualità, che lui preferisce definire omoaffettività. Non ha poi risparmiato critiche nei confronti della morale cattolica, che, a detta del teologo, non funziona perché poco concreta, artificiosa e innaturale.
Anche Margaret Atwood partecipava al festival in occasione del lancio del suo nuovo libro, L’altro inizio (Ponte alle Grazie), capitolo finale della Trilogia dell’AdamoPazzo: in un futuro post-apocalittico non così lontano dai giorni nostri, i superstiti umani cercano di creare un nuovo equilibrio assieme ai Cracker, una specie creata in un laboratorio. La Atwood si riconferma ambientalista di lusso, sempre pronta a criticare il lato sconsiderato della scienza umana, quello che porta squilibrio naturale, scompenso morale ma benessere economico (di pochi ovviamente). Ai giornalisti, con ironia e finezza, ha spiegato: «L’innovazione tecnologica ha sempre tre lati da considerare: quello buono, che porta benessere, salute e ricchezza (molto spesso a pochi); quello cattivo, sotto gli occhi di tutti; e per finire quello stupido, che comprende le conseguenze a cui noi umani non avevamo pensato. Questo succede semplicemente perché noi siamo quello che siamo».
Corrado Augias è invece, tra i quattro super ospiti, quello che ha portato più novità: è infatti tornato sulla scena letteraria con un romanzo, Il lato oscuro del cuore (Einaudi), dopo anni di saggi che lo hanno portato al centro della scena intellettuale italiana. Questa volta lo scrittore si è occupato di psicologia: il romanzo riporta la storia di una giovane studentessa di psicologia, che dopo anni di studio isolato viene a contatto con la vita vera. «La psicoanalisi è iniziata con uomini che mettevano a nudo la mente di una donna. La difficoltà di questo romanzo è stata proprio rientrare nella prospettiva di una donna, per di più studentessa di psicologia» ha affermato Augias, dopo continui excursus sulla nascita della psicoanalisi vista in chiave femminile. Si è anche espresso su televisione e social, affermando che entrambi questi mezzi di comunicazione non riescono a contenere le informazioni che la carta è in grado di dare. «Una televisione con tante informazioni non informa, fa solo più rumore».
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Il grande ospite della serata, Umberto Eco, durante la sua conferenza stampa presso lo splendido Hotel Moderno di Pordenone, ha toccato un’infinità di argomenti, armato della consueta arguzia e sagacia: da Twitter («La brevitas di Twitter mi sembra esagerata: si possono dire cose molto più importanti con molte meno parole») alla crisi della carta stampata («È tutto il mercato ad essere in crisi non solo quello editoriale. La crisi del giornale era già iniziata con l’avvento della televisione»), dalla pensione («Lavoro molto più ora di vent’anni fa») alla sua visione di romanzo storico («Non c’è sempre bisogno di interrogare il passato, di creare per forza personaggi che interpretino un’epoca»). Ma soprattutto Umberto Eco ha annunciato l’uscita di un suo nuovo libro, che sarà pubblicato ovviamente da Bompiani, di cui però non ha potuto rilasciare nessuna anticipazione – l’attesa vende, soprattutto se si parla dell’autore de Il nome della rosa: chi può saperlo meglio di una casa editrice?
Eco si è poi spostato al Teatro Verdi di Pordenone e ha concesso a tutti i presenti una lectio magistralis incentrata sul perché valga ancora la pena scrivere quella che adesso viene definita fiction, sul perché alcuni personaggi della narrativa mondiale siano per noi molto più veririspetto ai nomi riportati sui libri di storia. Tutto ciò ovviamente condito dalla sua erudizione enciclopedica.
Lo scrittore, al termine del suo intervento, alla richiesta di concedersi al pubblico per qualche domanda, si è lasciato a una battuta d’uscita più che sagace: «No, niente domande. C’è una regola per la quale, in occasioni come queste, quando si è in più di cinquanta parlano solo i matti». Il teatro, stracolmo per l’occasione, è scoppiato in un applauso mentre lo scrittore se ne tornava dietro le quinte con la sua aria impassibile, indifferente, quasi come avesse fatto qualcosa di assolutamente normale, come se avesse tenuto una lezione su come scrivere un curriculum.
Qui al Pordenonelegge si rischia di perdere la bussola tra l’infinita quantità di ospiti interessanti che si succedono in cinque giorni: si è obbligati a una selezione, ma il desiderio istintivo sarebbe poter assistere a ogni incontro e, in questo, il contesto non dà una mano: Pordenone è una città bellissima, gente da tutta Italia in quei giorni riempie le sue strade dipinte di giallo dagli enormi ed eleganti striscioni del festival. Il personale è professionale e i volontari sono tantissimi, pronti a dare informazioni su eventi, città e sedi. Ed è proprio questo che rende Pordenonelegge un ottimo festival: l’organizzazione; online infatti, consultando sia il sito che l’applicazione, si potevano trovare tutte le informazioni necessarie, dagli indirizzi delle varie sedi ai ristoranti nei dintorni e gli hotel, con tanto di aggiornamenti live per quanto riguarda eventuali annullamenti o cambi di programmi.
Il contenuto poi, come già accennato, non è da meno: da Einaudi con Augias e Piccoloa Garzanti con Mancuso, da Ponte alle Grazie con la Atwood ad Adelphi con Jamaica Kincaid e Masolino D’Amico, a Bompiani con il suo super rappresentante Eco, e molte altre, tutte le grandi case editricifanno capolino a questo festival. E gli argomenti sono i più vari: letteratura, narrativa, fantascienza, teologia, fumettistica, arte (tra gli ospiti anche Vittorio Sgarbi).
La serata conclusivadi domenica 21 ha visto, sempre sul palco del Teatro Verdi, Beppe Severgnini impegnato in una lezione delle sue, intitolata La vita è un viaggio.
Il festival rappresenta un grande investimento pubblico e privato per la città di Pordenone: un esempio di come si dovrebbe agire con e nella cultura italiana. La manifestazione porta migliaia di persone a visitare la città, a incrementare il proprio bagaglio culturale e pure ad aiutare l’economia cittadina, che vede bar, ristoranti e librerie riempirsi, scacciando – almeno per cinque giorni – il fantasma della crisi economica e tutte le conseguenti notizie che oramai ci vengono ripetute da anni.
Non ci resta che aver fiducia nel professor Eco quando, prendendo il Pordenonelegge come esempio, spera che i festival letterari continuino così, verso un futuro luminoso.
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