Rav Elio Toaff, un uomo che Roma e gli ebrei non dimenticheranno mai
Elio Toaff, rabbino capo della Capitale dal 1951 al 2001, si è spento lo scorso 19 aprile, pochi giorni prima di compiere 100 anni. Il Museo ebraico di Roma ha deciso di celebrarlo allestendo una mostra, curata da Lia Toaff e Serena di Nepi, in cui sono raccolti documenti inediti e foto appartenenti agli album di famiglia. All’inaugurazione, lo scorso 30 aprile, hanno partecipato esponenti di spicco della Comunità ebraica romana, del Governo e della Capitale. La mostra è intitolata “Shalom moreno!” (“Pace Maestro!”). Il rabbino capo di Roma, Rav Riccardo di Segni, in un breve discorso, ne ha spiegato il significato: dal punto di vista ideologico, viene recuperato un titolo italiano ebraico tradizionale, ossia “il maestro”; tuttavia, esiste anche una questione filologica in questa scelta: la “U” che dovrebbe completare la parola “Moreno”, è sostituita dalla “O” per recuperare la tradizione e cultura più propriamente ebraico-romana.
Rav Toaff è ricordato non solo in qualità di rabbino capo della maggiore comunità italiana ma soprattutto come maestro di vita e grande studioso. In una Relazione dattiloscritta, datata 14 febbraio 1952, nella quale accettò l’incarico di rabbino capo della comunità più antica della diaspora, fissò gli obiettivi da perseguire:
«La missione del rabbino deve tendere a tre scopi: incrementare l’osservanza delle prescrizioni rituali, diffondere la conoscenza dell’idea dell’ebraismo attraverso l’istruzione, provvedere all’elevazione delle classi socialmente arretrate».
Nato a Livorno il 30 aprile 1915, figlio di Alfredo Sabato Toaff, rabbino capo della sua città e direttore del collegio rabbinico, nel 1939 si laureò a Pisa in Giurisprudenza. Nel 2006, in occasione della cerimonia in cui gli fu conferito il Campano d’Oro in qualità di insigne laureato presso l’Ateneo toscano, tenne un discorso molto toccante, ricordando il professor Lorenzo Mossa che nel 1938 gli assegnò una tesi sul “conflitto legislativo in Palestina fra la legislazione ottomana, inglese e quella ebraica”, in un momento in cui nessuno lo avrebbe mai fatto. Prese parte alla cerimonia anche l’ex Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, suo grande amico.
Nel 1940 diventò rabbino di Ancona e l’anno dopo conobbe la futura moglie Lia Luperini dalla quale avrà quattro figli. L’8 settembre del 1943 scelse coraggiosamente di chiudere la sinagoga di Ancona nel giorno del Kippur, temendo una possibile retata. Partecipò attivamente alla Resistenza, riuscendo a sfuggire alla fucilazioni. Al termine della guerra, fu nominato rabbino capo di Venezia nel 1946. Dal 1951 al 2001 ha guidato gli ebrei romani, essenza stessa della città eterna. La sua presenza e direzione a capo della comunità romana ha segnato un’era ed ha fatto storia: celeberrimo l’abbraccio in Sinagoga con Giovanni Paolo II nel 1986.
Tra i documenti esposti vi è il discorso pronunciato in ricordo di Stefano Gay Tachè a un anno dall’attentato al Tempio nel 1982.
«Un anno è passato da quel triste giorno che vide profilarsi il ritorno clamoroso di un antisemitismo violento e sinistro che credevamo ormai scomparso con la fine della seconda guerra mondiale. Un bimbo di due anni è stato barbaramente ucciso solo perché ebreo».
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Con queste parole Elio Toaff iniziò il suo discorso in un giorno commemorativo. Nello stesso, il “Moreno” sottolineò i tre pilastri su cui si regge il mondo secondo l’insegnamento talmudico: giustizia, verità e pace. In mancanza di questi elementi il mondo non troverà pace!
Rav Toaff affermò che il popolo ebraico ama la vita e vuole vivere. Del resto con lo stesso spirito aveva preso le redini della comunità romana dilaniata nel corpo e nell’anima, umiliata prima con le leggi razziali del 1938, e poi annientata con la deportazione nei campi di sterminio.
Nonostante le difficoltà, riuscì a ridare orgoglio e forza al suo popolo e diventò un’eminente personalità pubblica in grado di interloquire ed essere ascoltata da Ministri e Capi di Stato, così racconta il Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici. I suoi interventi furono diretti non solo a temi riguardanti le comunità ebraiche e Israele: portò avanti battaglie in difesa dei Rom e dei Sinti e diede parere favorevole alla costruzione della prima Moschea di Roma, anche se non verrà invitato all’inaugurazione.
La mostra in suo onore resterà allestita fino al 30 settembre presso il Museo ebraico di Roma. L’ingresso include anche la visita della Sinagoga Maggiore, inaugurata nel 1904 e rimasta illesa durante la guerra, nonostante i nove mesi di occupazione nazista. Fu progettata in stile assiro-babilonese da due architetti cattolici, che, probabilmente su suggerimento dei rabbini, decisero di costruire la cupola su base quadrata, differenziandola da quella rotonda, tipica dell’architettura del tempo. All’interno la contraddistingue il colore arcobaleno, simbolo di pace. Come in ogni sinagoga, non esiste l’altare ma un podio con un leggio. Il cosiddetto “Aron-ha kòdesh” (Armadio Sacro) che custodisce la Torah, i primi cinque libri del Vecchio Testamento, il cosiddetto “Pentateuco”, dalla creazione del mondo fino alla morte di Mosè. Il Tempio Maggiore è la principale sinagoga di Roma, città in cui gli ebrei furono presenti dal II secolo prima dell’era cristiana. Le catacombe ebraiche ne testimoniano la presenza durante l’Impero Romano.
Rav Toaff, uomo di pace e di riconciliazione tra i popoli, non verrà dimenticato ma continuerà a guidare la più antica comunità italiana.
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