Raccontare un personaggio femminile in prima persona. Incontro con Giuseppe Catozzella
Italiana è un libro da lettura e rilettura. Uscito per Mondadori, a firma di Giuseppe Catozzella, è un romanzo che, nella rilettura, si rivela qualcosa di più. Per esempio, della protagonista si percepisce ancora meglio il legame profondo che intrattiene con la natura, dell’uomo che ama si coglie chi sarà da ciò che è. Intima, ecco l’aggettivo per descrivere la seconda lettura di Italiana.
A rivelarsi maggiormente è anche l’autore, nel rincontro, questa volta attorno a un tavolo rotondo virtuale. Si scopre così che le due sfide più complesse della stesura del romanzo sono state, da un lato, il lavoro di documentazione storica che ha dovuto compiere, poiché Cicilla, ovvero Maria Olivierio, è realmente esistita. È lei la prima donna brigantessa della storia italiana. La sua vicenda, Catozzella la evince dai documenti inerenti al suo processo. Un lavoro certosino.
«Mi piace complicarmi la vita – afferma Catozzella durante l’incontro –, piuttosto che raccontare la mia storia, preferisco dedicarmi ai grandi temi».
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L’altra sfida che ha dovuto affrontare è stata la scelta di scrivere in prima persona, adottando il punto di vista di un personaggio femminile. Infatti, spiega Catozzella,
«la prima sfida l’ho vinta abbastanza facilmente, un lavoro lungo, ma facile. Ho ripercorso tutta la documentazione disponibile dei processi e mi sono ritrovato davanti un romanzo corale che illustrava com’era il nostro paese. Giunto a questo punto, ho dovuto ribaltare il lavoro, trasformare la storia in narrazione viva, unire il materiale che stava fuori da me con il materiale incandescente che avevo dentro di me cercando di stabilire un equilibrio tra i due estremi. Per il primo, posso spiegare quali procedimenti abbia usato per trasformare le informazioni; per il secondo mi trovo in difficoltà a spiegare. Per me è la magia della letteratura. Per dirla diversamente, tutti noi, autori e lettori, condividiamo lo stesso soffio. Infatti, Maria mi ha usato per raccontare un’altra verità del modo in cui siamo fatti noi oggi».
A raccontare il passato, in fondo, si racconta il presente e, allora, la domanda che è stata posta all’autore, è: come ha vissuto il parallelismo con il presente?Il presente è il motivo che ha spinto Catozzella a scrivere il romanzo. Dice:
«Per raccontare il mio paese oggi, bisognava andare al momento in cui è nato lo Stato. Quello che volevo scrivere non era un romanzo storico, ma un romanzo della storia, fatto di documenti e di personaggi reali. Per raccontare il paese oggi, serve guardare al momento in cui è nato. E in questo guardare, osserviamo che tutti noi ci portiamo dentro un tradimento che ci costituisce, ovvero quello del Nord nei confronti del Sud. Vedere come siamo nati ci permette di vedere chi siamo oggi».
Dei protagonisti, invece – qualcuno osserva che la loro giovane età è un denominatore comune dei romanzi di Giuseppe Catozzella –, l’autore spiega che lo appassiona proprio il momento evolutivo dell’esistenza umana.
«Mi piace raccontare la spinta vitale, la storia di una bambina che diventa poi donna, la fiammella che ognuno ha dentro di sé e che non la si può spegnere. Non mi attirano le storie decadenti, degli adulti».
Scrivere in prima persona, incarnando un personaggio femminile: una sfida. Come mai questa scelta?
«Il processo di creazione di un’opera partecipa del mistero di cui tutti siamo avvolti. La scelta di scrivere in prima persona, di un personaggio femminile, è avvenuta in modo naturale. Non ho avuto dubbi che fosse la cosa da fare. L’opera letteraria non è un computo razionale; la scrittura è un’attività sciamanica, nel pieno senso della parola. Io sono stato una porta. Cercavo la frequenza della voce di Maria. La storia l’ha scritta lei, io mi sono messo a disposizione della sua voce».
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Che lettore è Giuseppe Catozzella?
«Leggo di tutto. Per lavoro, leggo in modo mostruoso. Come editor, arrivo a leggere anche quindici libri alla settimana. Quali sono i libri che mi piace leggere? I libri belli, fatti bene, ambiziosi. Amo autori come Pavese, Primo Levi, Pasolini, Montale. Mi piacciono gli scrittori che adottano un modo di intendere la letteratura al di fuori della retorica, autori che hanno il coraggio di raccontare se stessi e il mondo che vivono, e lo fanno con onestà».
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Per la prima foto, copyright: Chad Kirchoff su Unsplash.
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