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Raccontare l’identità andando sottopelle

Raccontare l’identità andando sottopelleL’antologia è il risultato di un contest letterario a tema nato dalla collaborazione tra Tuga Edizioni e la rivista specializzata «Reader For Blind». Il volume s’intitola Vite sottopelle. Racconti sull’identità ed è una ventata di freschezza, in certi casi di piacevolissima freschezza.

Come non tutte le ciambelle vengono con il buco, così i racconti. Alcuni di essi sono un esercizio di scrittura, sì riuscito, ma circoscritto nei limiti di una capacità tecnica. Manca loro qualcosa. Ed è un qualcosa che si trova poi in altri racconti, dalla tecnica meno ricercata. Sono due tipologie che, nella loro essenza, lasciano tracce di graduata indelebilità. Detto altrimenti, colpiscono, sebbene chi più, chi meno.

C’è poi una terza categoria che ha trovato l’equilibrio tra forma e contenuto e l’equilibrio ritrovato si è tradotto in armonia. Sono storie che rimangono addosso, che si sentono e si vedono fin dentro ai dettagli, fino, appunto, sottopelle dove, in qualche modo, si dischiude l’identità o una sostanza molto simile a essa.

Va detto: non è semplice definirla. Dire di cosa sia fatta la sostanza non soggetta al cambiamento nel tempo, catturarla come si può catturare una farfalla e interrogarla fino a descrivere le sue caratteristiche, è un compito complesso, quasi impossibile. L’unica via possibile è quella di rintracciare i suoi contorni, i suoi colori, i suoi profumi, le situazioni in cui si può manifestare. Il campo in cui vola la farfalla, per intenderci.

 

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Sandro Campani, con il suo testo Credo che in quel periodo la mia vita fosse tutta lì, ha scritto uno dei racconti che sanno dosare al meglio tecnica e contenuto per ottenere una narrazione che lasci il segno. Ironico, frizzante, profondo, è questo lo stile con cui Campani racconta la sua visione di una vita sottopelle.

Wild horses di Serena Ciriello è un crescendo di emozioni. Ci si muove assieme al suo protagonista, si è sempre più pronti all’atto della ribellione. La sigaretta che sta per accendere è anche la sigaretta del lettore, quella che, da ragazzo, avrebbe fumato solo per dimostrare qualcosa ai suoi genitori e non per convinzione. Anzi, fumare, per il protagonista, è un lavoro, è uno sforzo: deve imparare. E la metafora regge: per ribellarsi, in qualche modo, bisogna imparare a farlo.

Luigi De Rosa con Cintura fotografa un pezzo di realtà che mette in discussione in modo impeccabile proprio il tema centrale della raccolta. L’identità. In questo caso, quella di genere. E con essa, il suo rovescio: la libertà. Il racconto è un pugno allo stomaco e dalla sua lettura le riflessioni nascono a cascata. Avere un ideale è come costruirsi una barcarola per navigare meglio il mare della vita. Identificarsi con un ideale è come rattoppare i possibili buchi della barcarola con cemento. Affonda. Fa affondare.

Raccontare l’identità andando sottopelle

Il caso umano del momento di Giovanni Lucchese potrebbe essere la storia di chiunque. Chiunque sia rimasto avviluppato e ingannato dal virtuale. Scritto in prima persona, dà le vertigini, risucchia come un uragano intrappolando il lettore in mezzo alla solitudine del protagonista.

È intenso, invece, il racconto di Luca Martini, Figlio di scorta. La sindrome del sopravvissuto, il dolore, la sofferenza, il vivere in un prima e in un dopo, i silenzi, Martini è bravo a descrivere le emozioni di chi ha perso qualcosa di sé e ora deve reinventarsi, capire chi è alla luce di un’assenza.

Il livello di gradimento di una lettura è sempre questione di gusti, naturalmente, ma All inclusive di Giorgia Tribuiani ha un qualcosa che va al di là del gusto. È come un soufflé al cioccolato: pochi ingredienti, altrettanti pochi passi da seguire per realizzarlo, ma di una complessità d’esecuzione non indifferente. Tribuiani sa come dosare tutto perché il soufflé giunga in tavola nel momento giusto, con il cuore morbido e i contorni ben cotti. Il ritmo è serrato, i due piani della narrazione s’intrecciano in armonia, lo stile è calzante e la storia è sorprendente. Perché nel gioco dell’identità, nel guardare dentro all’identità, si è spesso soli. Dannatamente soli.

 

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A tratti, Vite sottopelle. Racconti sull’identità è la storia di tante solitudini che si incontrano, si allontanano, si espongono. Detto altrimenti, si raccontano.


Per la prima foto, la fonte è Pixabay.

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