RACCONTAMI (24) – “Racconti d’amore di follia e di morte” di Horacio Quiroga
I racconti sudamericani di Horacio Quiroga
Prima ancora che nei Racconti d’amore di follia e di morte (Editori Internazionali Riuniti), mi sono imbattuto nello splendido Decalogo del perfetto scrittore di racconti di Horacio Quiroga, che riconosce tra i suoi maestri Edgar Allan Poe e osserva: «Un racconto è un romanzo depurato di pleonasmi. Abbi questa verità per assoluta, quantunque non lo sia».
A caratterizzare la sua scrittura, insieme a qualche nota umoristica o romantica, sono le atmosfere torbide, la fascinazione per gli aspetti macabri del reale, ma più dell’influenza letteraria di Poe pesano senz’altro le sue vicende biografiche: nato in Uruguay alla fine del 1878, dopo pochi mesi perde il padre, colpito accidentalmente da un colpo del suo stesso fucile, e nel 1902 lo stesso Quiroga uccide il suo migliore amico pulendo un’arma da fuoco – episodio in seguito al quale si trasferisce in Argentina –; nel 1915 sua moglie si toglie la vita e lui stesso morirà suicida nel 1937. Non è stata una vita facile quella di uno dei fondatori del racconto latinoamericano, apprezzato anche da una scrittrice da lui molto diversa come Marcela Serrano, e questo spiega la sua attenzione/attrazione verso la morte, una delle coordinate delineate perfettamente dal titolo (insieme all’amore e alla follia) tra le quali si muove la sua scrittura – ma ce n’è in realtà anche una quarta, la natura.
La prima edizione dei Racconti d’amore di follia e di morte risale al 1917, ma la prima traduzione italiana, pubblicata sempre da Editori Internazionali Riuniti, risale soltanto al 1987; giusto per sottolineare quanto Horacio Quiroga sia ingiustamente ignorato dalla grande maggioranza dei lettori italiani e chi avrà tra le mani questo volume non potrà fare a meno di chiedersi come mai. Certo, alcuni racconti sembrano solo abbozzati o risentono ancora del gusto tardo ottocentesco, ma ce ne sono di notevoli.
Come si accennava, in molti dei personaggi è insito il germe della follia ed è proprio un atroce racconto sulla demenza il primo ad avermi colpito: La gallina sgozzata, in cui quattro fratelli che trascorrono il tempo in cortile a fissare il muro, distratti solo di tanto in tanto dalle esplosioni di colore (ad esempio del tramonto) o di rumore, intraprendono un feroce rituale.
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Di tono più specificatamente sudamericano, se non altro per le atmosfere amazzoniche, I mensù racconta la miseria dei braccianti salariati sudamericani, che spendono in gozzoviglie quanto devono ancora guadagnare; si alternano qui momenti drammatici a considerazioni ironiche ed emerge un’altra delle inaspettate capacità di Quiroga, quella di trasformare il ghigno della disperazione in sorriso divertito. Non possono, del resto, essere definiti altrimenti che spassosi gli originali brani che compongono Quadrivio laico e vedono comparire, tra gli altri, San Pietro redarguito in Paradiso (Natale), un branco di elefanti in cammino (Epifania), Gesù sul trono celeste che deve dar conto delle proprie parole (La passione), un mansueto artigiano alle prese con i dogmi calvinisti (Corpus domini).
Quanto all’amore, evocato anch’esso nel titolo, è sempre combattuto e ambiguo, soggetto a un bizzarro gioco delle parti, ma inaspettatamente a lieto fine: nella Meningite e la sua ombra (dalla sorprendente conclusione meta-letteraria), un uomo si vede costretto a trascorrere il suo tempo al capezzale di una fanciulla delirante che evoca il suo nome, pur senza conoscerlo; in Un idillio è, invece, un amico del fidanzato a dover vestire i panni dello sposo per poter celebrare un matrimonio per procura e consentire così alla coppia di incassare una ricca eredità. Come nella vita, però, spesso la maschera finisce per essere somatizzata…
Infine, occorre far cenno anche alla vena naturalistica di Quiroga che alterna il piglio favolistico (come nell’Insolazione in cui un branco di cani, in grado di comunicare in forma verbale e articolata, percepisce la presenza della Morte vicino al proprio padrone), a quello realistico alla Pardini (è il caso di Yaguaí, storia di un fox-terrier, formidabile cacciatore di topi e lucertole). Probabilmente Horacio Quiroga continuerà a essere un autore ignoto al pubblico italiano, ma ora la colpa sarà anche vostra.
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