RACCONTAMI (22) – “Amarsi male” di Antonio Debenedetti
Amarsi male, ovvero i volti della solitudine
Quella di Antonio Debenedetti è una voce autorevole in ambito letterario: collabora da tempo con le pagine culturali del «Corriere della sera» e ha preso parte alla redazione di diversi programmi radiofonici e culturali dedicati ai libri. Come sempre, questo pone di fronte all’imbarazzo di scindere l’autorevolezza in ambito critico con il talento creativo, o la sua assenza. Ebbene, presi singolarmente i racconti dallo stile piano e raffinato raccolti in Amarsi male di Debenedetti paiono privi di particolari guizzi narrativi, ma nel suo complesso l’opera è capace di trasmettere una penetrante sensazione di solitudine, di angosciata resa all’epilogo della vita. Sullo sfondo si staglia Roma, luminosa e cinica, e resta sottesa la tradizione letteraria italiana del Novecento, a partire da Alberto Moravia che, in «Diario europeo», scrive proprio su Debenedetti: «La sua è un’osservazione più da entomologo che da ritrattista, più pronto ad infilzare con uno spillo l’insetto che talvolta convive con l’uomo, che a ritrovare tratti umani in situazioni e comportamenti da insetti».
Non vi è alcuna nota o prefazione che segnali che la raccolta era già stata pubblicata nel 1998 dalla Rizzoli con il medesimo titolo, Amarsi male, e l’aggiunta del sottotitolo undici sentimenti brevi, ma questo spiega la presenza nella recente edizione Marsilio di una sezione conclusiva dal titolo Altre storie, che comprende tre nuovi testi – tutto questo rientra, però, nelle strategie editoriali e probabilmente esula dalla percezione del lettore comune.
Ad aprire la raccolta Più veloce della paura, la storia di un omosessuale che dopo aver perso i suoi compagni di avventura teme di aver contratto l’AIDS; seguono La giovinezza è finita, in cui l’amore in una coppia trascolora in affetto e dipendenza, e Un’anima in ghiaccio, con un protagonista privo di passioni e interessi. Quest’ultimo racconto lascia però la sensazione che alcuni passaggi siano troppo bruschi, che la volontà di Debenedetti di scarnificare la storia finisca per generare un effetto di incompiutezza; lo stesso accade per uno dei testi migliori: La ragazza del fine settimana, che ruota intorno alle grette congetture di un condominio su una nuova inquilina, affascinante e misteriosa. Senz’altro degni di nota sono anche Ti aspetto con ansia, in cui una madre si rivolge al figlio che tarda a rincasare, e Cara signora Wilma, che descrive il tentativo di un anziano di cercare conforto per la perdita della moglie scrivendo una lettera alla rubrica di posta di un giornale.
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Come si può facilmente evincere, sono tutte storie di angoscioso isolamento, anche quando i protagonisti sono in due (madre e figlio o marito e moglie) e anzi spesso è proprio nella coppia che si rafforza l’impressione di esser soli (come in Amarsi male o in Segreti di un matrimonio chic). Ma può anche accadere, anzi «è avvenuto chissà quante volte che un uomo che aveva bisogno di una certa donna e la donna che aveva bisogno proprio di quell’uomo si siano sfiorati senza fermarsi» (Prima che le luci si spengano). A completare la galleria di personaggi, uno scrittore invidioso (L’invidia ha un cuore onesto), un’anziana signora straniera nella Roma fascista (Un vicino più freddo del marmo), un professore in procinto di sposarsi a “colloquio” con la madre trapassata (Strategia di una madre), una vedova (La compagna d’un intellettuale), una suora e un chiromante (Sotto le ali del cielo): altri mesti volti solitari ed emarginati.
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