RACCONTAMI (2) – “Un amico di Kafka” di Isaac Bashevis Singer
Longanesi ripubblica i racconti di Isaac B. Singer
Mi piacerebbe alternare autori italiani e stranieri in questo spazio dedicato ai racconti, e dunque dopo Francesca Scotti è la volta di un Nobel polacco: Isaac Bashevis Singer, nato a Radzymin nel 1904 e trasferitosi negli Stati Uniti nel 1935 (si spegnerà a Miami nel 1991). Anche dopo aver ricevuto la cittadinanza americana, a ispirare la sua scrittura sarà l’origine ebraica; è stato infatti uno dei più celebri scrittori yiddish e dalla cultura dei suoi padri ha attinto molta della sua letteratura, tanto che Un amico di Kafka, la raccolta pubblicata da Longanesi nel 1974 e ora ridata alle stampe nella traduzione di Maria Vasta Dazzi, fornisce in appendice un piccolo glossario che spiega al lettore termini e tradizioni del popolo eletto.
Insieme a quello che dà il titolo all’intera silloge, vi sono altri venti racconti, organizzati e selezionati nel 1970 dallo stesso Singer; l’autore li fa precedere da una nota in cui spiega che l’attività di traduttore «insegna all’autore a giostrare più con i fatti che con l’interpretazione di essi». Non ci si lasci trarre in inganno, non è un invito al realismo: oltre alla tradizione ebraica, un altro elemento che accomuna molti di questi testi è proprio il soprannaturale, dall’insondabile essenza divina alle ostili presenze del male, sino ai poteri occulti di cui paiono dotati alcuni uomini. Lo spazzacamino, ad esempio, è la storia di un sempliciotto che in seguito a una caduta diviene veggente, suscitando prima ilarità e poi turbamento; ma dotato di facoltà eccezionali è anche il protagonista dei Poteri.
Isaac Singer è attratto dal mistero, primo su tutti quello della fede con le sue criticità: Là c’è qualcosa narra di un rabbino che diventa miscredente: «Non si parla con un aguzzino che tace e non si prega un persecutore», eppure le presunte verità dei pagani non sembrano meno infondate. Da qui la crisi, nulla può colmare il vuoto di una religione messa a dura prova dagli orrori che precedettero e costellarono la Seconda Guerra Mondiale: «Avrei voluto chiedergli perché la Torah non avesse difeso e salvato milioni di ebrei dai forni crematori di Hitler. Ma a quale scopo chiederglielo, quando già sapevo la risposta? […] Subire il martirio in nome di Dio è il più alto dei privilegi»; sono queste le considerazioni del personaggio principale di uno dei testi più affascinanti, Il figlio. Vi si racconta di un uomo che attende a New York lo sbarco del figlio, lasciato bambino – quando si è diviso dalla moglie – e ormai adulto; avverte l’imbarazzo di un legame di sangue che la distanza e il tempo hanno reso labile e intanto osserva intorno a sé gli altri ebrei ormai assimilati dalla cultura degli States. Qui come altrove lo spunto narrativo attinge dalla biografia di Singer e sono pochi i dubbi che sia sempre lui il narratore del primo racconto, Un amico di Kafka appunto, in cui ha a che fare con un attore viveur e squattrinato; costui si vanta di aver conosciuto il celebre scrittore ceco che «voleva essere un ebreo, ma non sapeva come fare. Voleva vivere, ma non sapeva neppure far questo», in fondo però la “partita con il Destino” vede anche lui sempre “sotto scacco”.
Oltre all’ebraismo, al soprannaturale, all’autobiografismo, tema ricorrente è quello dei rapporti coniugali, a cui sono dedicati Il dottor Beeber, Altele e soprattutto L’enigma: uomini e donne sembrano poter condividere la quotidianità solo divisi da un’invalicabile distanza, che talvolta diviene rottura. Tuttavia, più che valersi di toni drammatici, Singer predilige l’ironia e il grottesco, che maggiormente si confanno alla bizzarra natura umana.
E chiudiamo proprio con i due bislacchi personaggi dei racconti forse più belli, la vedova della Chiave e il professore di Piccioni. La prima vive in un isolamento forzato indotto dal timore dei beffardi vicini, che senz’altro vogliono derubarla, e degli spiriti maligni, che si prendono gioco di lei. Singer ci suggerisce come spesso si scelga per debolezza di essere vittime anche se non vi è alcun carnefice: così, quando la donna rimarrà chiusa fuori casa, si accorgerà che «era tanto impegnata a combattere con le forze più basse che non si ricordava di quelle più alte» e allo stesso modo era tanto assorta nel difendersi dai suoi simili da ignorare anche la loro laboriosa generosità. Il protagonista dei Piccioni è invece un uomo anziano che scorge negli inermi pennuti l’attitudine del popolo ebraico a subire le angherie delle forze del male e si chiede se quella filosofia della storia e quella legge che guida la condotta umana, e che ha sempre cercato nei libri di storia, non discenda proprio dal Maligno. Singer ha l’abile pregio di non dare mai risposte univoche, rivelazioni definitive, e il suo affannoso inseguirle lo rende quanto mai contemporaneo.
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