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“Quindici cadaveri” di Mark Oldfield

Mark Oldfield, Quindici cadaveriSettembre 2013: la Newton Compton Editori di Roma pubblica, nella versione tradotta dall’inglese da Daniela di Falco, il primo volume della trilogia Vengeance of Memory, Quindici cadaveri (titolo originale The Sentinel), del criminologo Mark Oldfield, grande appassionato di storia e cultura spagnola. Il libro è stato selezionato per il Premio 2013 Ian Fleming Steel Dagger dalla Crime Writers’ Association.

Quindici Cadaveri non è un romanzo, non è un thriller e non è neanche un saggio di storia, ma può essere definito una perfetta commistione dei tre generi letterari. La trama romanzesca, che fa da sottofondo agli eventi criminosi e al clima di terrore che ne deriva, e il mistero che si cela dietro i fatti narrati ben si appoggiano sullo sfondo storico articolato su tre diversi livelli. Queste sequenze, pur partendo da punti distanziati l’uno dall’altro nell’arco temporale, convergeranno tutte sulla medesima linea focale, rappresentata simbolicamente dal reale protagonista del testo e si suppone dell’intera trilogia: il comandante Leopoldo Guzmán.

Il periodo storico portato all’attenzione del lettore da Mark Oldfield è la Guerra Civile Spagnola iniziata nel 1936, allorquando il generale Francisco Franco diventa capo del governo ribelle formato dai nazionalisti e, dopo tre anni di sanguinosi scontri, conquisterà il potere dell’intero Paese. In particolare, Oldfield si dilunga nella narrazione della Battaglia di Badajoz, descrivendo con dovizia di particolari le atrocità della guerra, dei soldati dell’esercito e di quelli mercenari, ma anche l’astuzia dei ribelli e soprattutto la comparsa sulla scena del comandante Guzmán nelle sembianze con cui il lettore lo conoscerà per gran parte del libro.

L’autore non si lascerà sfuggire occasione per ricordare al suo pubblico che un regime è tale indipendentemente dal colore e dai simboli inneggiati dai suoi sostenitori. Nero, rosso, falange, falce o martello non cambiano la sostanza: guerre, stragi, potere, supremazia, soprusi, stupri, assassinii, torture, restrizioni e costrizioni, tanta povertà e fiumi di sangue scorrono nelle vene e nel ricordo di chi non potrà mai dimenticare ciò che ha visto, sentito o compiuto.

Le spiegazioni e le motivazioni di certi argomenti o atteggiamenti non sono mai quelle che sembrano. È necessario scavare a fondo per comprendere determinati comportamenti, tenuti allo scopo precipuo di celare la verità e salvaguardare l’integrità propria e dei propri affetti. Oldfield ci restituisce un’immagine della Spagna, dell’Europa e del mondo intero diversa da quella universalmente riconosciuta, un’analisi che aiuta a comprendere certi meccanismi delle dittature e non solo.

Siamo nell’anno 2009 quando la professoressa di Storia Contemporanea Luisa Ordoñez ottiene i finanziamenti dall’Università Complutense di Madrid per istituire un gruppo di lavoro che analizzi la figura storica del comandante delle sentinelle Leopoldo Guzmán. Ana María Galindez,medico forense in servizio alla Guardia Civile, entra a far parte del team quasi per caso, conoscendo la Ordoñez durante i rilevamenti scientifici in una vecchia miniera abbandonata, dove erano stati rinvenuti quindici cadaveri. Vittime della Guerra Civile, della dura repressione che ne è seguita e che è durata molto tempo… la Galindez scoprirà a sue spese che in realtà non è mai terminata.

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Mark OldfieldAna María Galindezsi ritrova coinvolta, suo malgrado, in una fitta rete di spionaggio, criminalità organizzata e non, inganni, tradimenti, aggressioni e minacce; tutto questo perché il suo istinto le dice di indagare a fondo sulla vicenda e sulla persona del comandante Guzmán e di mantenere fede alla sua versione dei fatti svoltisi nel periodo tra il 1939 e il 1953, giungendo alle medesime conclusioni cui era giunto, 56 anni prima, il tenente Francisco Peralta, vice del comandante Guzmán: ci sono sempre dei validi motivi, soprattutto di natura economica, per cui non viene consentito alla società di cambiare radicalmente, profondamente: chi detiene il potere cerca sempre di mantenere l’ordine prestabilito e agendo in questo modo «[…] il presente rimane eterno prigioniero del passato».

Le ideologie basate sulla forza economica e militare come unici baluardi di gloria portano alla convinzione che esistano per l’umanità, esattamente come per l’esercito, rigide gerarchie corrispondenti non solo ai ceti sociali di uno Stato o Paese, ma anche a una piramidale strutturale dei vari popoli che non rivestirebbero, all’interno del sistema globale, lo stesso livello di importanza come uomini, donne, bambini, come popolazione bensì una rilevanza via via minore in relazione soprattutto alla loro condizione sociale ed economica. «L’idea di condividere un’esperienza con quegli operai grigi ed emaciati lo disgustava. Forse le loro scarpe facevano acqua ma, per quel che riguardava Guzmán, era giusto così. Erano nati per questo. Mentre per lui non c’era motivo di condividere le stesse privazioni, se poteva evitarlo. Come aveva fatto fino a quel momento».

Spesso queste teorie hanno dato origine a posizioni politiche e culturali, nei confronti di altre popolazioni, notevolmente inflazionate da preconcetti duri da scalfire e ridefinire. Si tende a considerare l’altro come il diverso, facendolo diventare una minaccia proprio per la sua diversità, ovvero per le sue differenze culturali, religiose e anche comportamentali ma questi non sono ostacoli insormontabili, basta andare a fondo della questione, indagare, conoscere e le differenze potrebbero anche diventare affinità. I cristiani, quando entrano in chiesa, tengono le scarpe e tolgono il cappello. I musulmani, quando si recano nella moschea, tengono il cappello e tolgono le scarpe. Ciò che può sembrare in prima analisi una grande differenza tra le due religioni, in realtà, nasconde una grande similarità insita proprio nel motivo del loro gesto, ovvero nel rispetto che entrambe mostrano per il luogo a loro sacro.

La professoressa Ordoñez con il suo studio voleva documentare che «Persone come Guzmán sacrificavano la propria individualità agli ideali e alla retorica della causa franchista. La responsabilità personale si riduceva a una costante adesione al rispetto e all’acquiescenza richiesti dallo Stato». La dottoressa Galindez le dimostrerà che «Il Guzmán che frequentava la chiesa, amava la musica, scriveva poesie […]», una volta abbracciata la causa politica «[…] ha cessato di esistere e un nuovo Guzmán ha continuato a scrivere il diario», ma le paleserà anche che ciò non è avvenuto per i motivi di cui era convinta, bensì per ragioni molto meno altisonanti che rimandano all’atavico istinto di sopravvivenza che porta a compiere delle scelte raramente in nome degli ideali, soprattutto se sono di qualcun altro, ma quasi sempre per preservare se stessi dalle atrocità e dai mali che poi non si ha remora di infliggere ad altri.

Quindici cadaveri di Mark Oldfield regala al lettore queste profonde analisi della mente e dei comportamenti, notevoli grazie anche alla formazione dell’autore, alla sua meticolosità nella descrizione e all’abilità di collegare ogni cosa al momento opportuno. 

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