Quel rapporto di odio e amore con il padre
Così come esiste il complesso di Edipo, esiste il complesso (o sindrome) di Elettra. Una situazione in cui le bambine s’innamorano dei propri padri. La sua figura è la prima persona per cui batte il cuore e si dice anche che nella vita si sposano gli uomini che assomigliano, nel bene e nel male, al proprio papà.
Secondo Freud, questo complesso inizia a manifestarsi intorno ai tre e sei anni, poi si cresce, le cose cambiano e l’adolescenza ci porta a scontrarci con i propri genitori, ritenuti cattivi, distanti e non disposti a comprendere e capire il punto di vista di una bambina o di un bambino che sta diventando una donna o un uomo. Eppure l’amore per un padre è qualcosa che supera ogni barriera, ogni difficoltà e ogni età. È il caso di Chiara Gamberale che recentemente sulle pagine di Corriere 7, ha parlato del proprio padre (Vito Gamberale importante dirigente pubblico e privato) definendolo “enorme” e “ingombrante”. Enorme perché è visto come amico, consulente sentimentale e dal quale ha imparato dedizione e severità nel lavoro. Ingombrante perché la sua posizione l’ha portato a dedicarsi poco alla famiglia, ma nonostante ciò una figura importante per la cresciuta della scrittrice romana.
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Alla figura del padre, Chiara Gamberale, ha dedicato gran parte della sua carriera letteraria e anche Il grembo paterno (Feltrinelli Editore) aggiunge un altro tassello a questa figura odiata, ma soprattutto amata.
Adele è una quarantenne separata dal marito Nicola e che convive con una bambina (Frida) avuta con l’inseminazione artificiale. Una notte, mentre sono abbracciate, Adele comincia a pensare alla sua infanzia vissuta in mezzo alle difficoltà finanziare della famiglia che, data la loro situazione, viene soprannominata SenzaNiente. In un continuo intrecciarsi tra passato e presente, Adele s’interroga sul rapporto con il padre con il quale ha un legame fortissimo, ma che allo stesso tempo vede come una persona distante capace solo di togliere e mai dare. Una storia fatta di violenza, dolcezza e di grandi cambiamenti, soprattutto quando il padre si afferma nella vita e conquista il benessere. Adele s’interroga sulle origini delle nostre domande e dei nostri dubbi e in un continuo crescendo arriva a riconoscere che quello vissuto, nel passato, non è altro che un passaggio dovuto e obbligatorio per diventare la persona, la donna, l’amante e la madre di oggi.
Chiara Gamberale è sicuramente una delle “penne” più interessanti del panorama culturale italiano. Una figura eclettica che si divide tra diverse attività quali speaker radiofonica, autrice di programmi televisivi, giornalista e quindi anche scrittrice.
Dopo aver esordito poco più che ventenne nel 1999 con Una vita sottile, ha da allora pubblicato quindici romanzi che hanno sempre incontrato i favori del pubblico e della critica e in quest’ultimo lavoro l’autrice riprende tutti i temi a lei cari e già affrontati e li amplifica alla massima potenza.
La figura del padre ricorda moltissimo il vero genitore della Gamberale, non solo come figura paterna, ma anche come figura professionale. L’iniziale povertà viene soppiantata da abili intuizioni imprenditoriali del padre che regalano alla famiglia benessere, una vita nuova fatta, però, anche di rospi da ingoiare, assenze genitoriali che vanno a influire sulla prole, di ferite psicologiche che segneranno a vita la crescita della giovane protagonista. Adele si vede giovane e parla di anoressia e bulimia. Si vede donna e moglie tradita dal marito e infine madre di una bambina solo sua che rappresenta l’unico e grande affetto, forse il più grande successo.
Adele, ripensando alla sua vita, riconosce alla fine che il malessere può essere trasformato in energia positiva e la Gamberale grazie al suo stile sincopato regala al lettore un'altra perla della sua produzione letteraria.
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Una lettura che piacerà sicuramente agli estimatori dell’autrice e che probabilmente non incontrerà i favori di chi non apprezza uno stile molto colloquiale e diretto che, alla fine, è proprio il punto di forza di Chiara Gamberale.
Per la prima foto, copyright: Dan Burton su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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