Quando vita e morte s’incontrano. “Ape Bianca” di Valentina Villani
Un racconto sospeso tra la vita la morte. Da una parte un essere umano che prende forma, che cresce nella pancia; dall’altra un’esistenza che, lentamente e inesorabilmente, se ne va, quella della nonna del nascituro, e madre della protagonista: «la vita e la morte in un unico abbraccio».
Con Ape Bianca (Adiaphora edizioni) Valentina Villani ci regala la storia di un abbandono definitivo, senza possibilità di ripensamento, vissuto con immenso dolore e, a momenti, anche con rabbia, perché si tratta di una madre che va via proprio nel momento in cui la figlia ha particolarmente bisogno di lei. E quando si materializza la fine, quando la morte si manifesta lasciando ogni giorno qualche segno della sua presenza sul volto e sul corpo dell’altra, con il suo lavorio incessante e distruttivo, tornano i ricordi dei momenti che madre e figlia hanno trascorso insieme. Così Valentina ripercorre il grande dolore vissuto negli ultimi mesi di vita di sua madre e la faticosa ricostruzione di un’integrità psicologica minata da quella perdita precoce. La madre, pittrice, in grado di dare una forma rinnovata a tutto ciò che passava sotto il suo pennello e i suoi colori; lei, la figlia fotografa, capace di fermare la vita in movimento, per darle un senso nuovo. Si materializza, nel ricordo, la complicità delle due donne, fatta di sottili sensazioni e fugaci stati d’animo. E resa possibile da una profonda intesa, da una sensibilità creativa comune, mai esplorata fino in fondo, se non nel ricordo, e riscoperta quando ormai la morte ha messo a ogni cosa la parola fine.
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Il grande amore della figlia si manifesta, a volte, con un’improvvisa ostilità ostentata e volutamente crudele, apparentemente senza senso. Per poi sciogliersi nella dolorosa e reciproca consapevolezza di una richiesta di affetto e attenzione che negli anni sono stati negati o non sufficientemente corrisposti da una madre forse troppo concentrata su di sé e sulla sua arte. Fino all’ultimo abbraccio mancato, perché, anche se te l’aspetti, se sai che è imminente, non puoi mai sapere quando la morte arriverà davvero, quando sarà quel preciso momento. Così alle due donne resterà anche il dolore di essersi negate un’ultima tenerezza, un ultimo definitivo abbraccio, un contatto mancato che non potrà mai più realizzarsi.Di colpo la protagonista diventata adulta, «madre senza una madre». Le restano solo i ricordi, delle immagini sempre più sfocate che non potranno mai trasmettere l’essenza di quella vita perduta, le espressioni, lo sguardo, la mimica dei momenti vissuti insieme. E allora, la donna intraprende un viaggio, per diluire l’angoscia e spezzare quel dolore. Tempo dopo, nella libreria materna scopre un libro sulle conchiglie, una passione della madre, e lo porta con sé, perché da quello si sente rassicurata, come se avesse ritrovato un elemento comune, familiare, intimo e ancora vivo. Poi, il confronto con il lutto torna in tutta la sua dolorosa presenza nel giorno del compleanno, nel primo Natale dopo la morte, nella ricorrenza che non si potrà mai più festeggiare insieme.
Con alcuni paragrafi del testo introdotti da poesie della madre, mentre un volume fotografico, parte integrante del racconto, attraverso le immagini,fissa le emozioni trasmesse dal testo, la storia è un viaggio nella terra del dolore e dell’abbandono. È il grido disperato di una giovane donna che perde il suo ancoraggio e, con quello, vede vacillare il senso stesso della sua esistenza. Per poi risalire faticosamente la parete ripida lungo la quale era sprofondata nelle viscere dell’abisso.
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Si intravede la complessità di un rapporto madre-figlia che ha lasciato tanti vuoti affettivi e ferite insanabili, ma anche delle complicità irripetibili e un amore fusionale che si è risolto solo con l’abbandono dettato dalla morte. Il decesso della madre coincide con la nascita del primo figlio della protagonista. E sarà l’attesa di un secondo figlio, una bambina, a restituirle, finalmente, una pienezza talmente viva e totalizzante da colmare, almeno in parte, il vuoto determinato da quella perdita.
Per la prima foto, copyright: Cristian Newman.
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